PALERMO – C’è il carnevale di Acireale, il presepe vivente di Custonaci, ma ci sono anche l’albero Falcone, il primo maggio a Portella della Ginestra, la Targa Florio e il cioccolato modicano. Pubblicati in Gazzetta ufficiale, nell’elenco dei beni immateriali della Sicilia – contenuto nel registro delle eredità immateriali, stilato a partire dal novembre del 2005 – si possono trovare pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, celebrazioni e tecniche che fanno parte del patrimonio culturale dell’Isola. Almeno secondo l’assessorato ai Beni culturali, che l’ha redatto.
Grazie a questo registro, la Regione “identificherà e registrerà le proprie eredità culturali, contribuendo così alla loro salvaguardia, promozione e fruizione”. E con un occhio particolare a quelle “a rischio di scomparsa o alterazione”. Elementi della tradizione siciliana quindi, alcuni molto noti, altri meno. Ad esempio, tra i beni immateriali c’è anche la “vastedda” e la “pagnotta” della Valle del Dittaino, il “pani pulitu” della cena di San Giuseppe di Santa Croce Camerina, la nocciolata di Gualtieri Sicaminò. La tradizione culinaria siciliana è di certo una delle più importanti in Italia, e infatti nel registro è stata inserita “in toto”: “la cucina tradizionale siciliana” è uno dei “saperi” registrati, e riguarda l’intero territorio regionale. A questa, però, si aggiungono anche (solo per fare qualche esempio) il maiorchino peloritano e la festa del maiorchino a Novara di Sicilia, la provola dei Nebrodi e il torrone di Caltanissetta. Ma c’è anche la pesca del tonno a Favignana.
Gran parte dell’elenco, poi, è fatto da celebrazioni e feste tradizionali religiose. Più e meno conosciute: oltre al presepe vivente di Cutonaci e la festa di Santa Rosalia fuori le mura a Palermo, infatti, ci sono anche il canto religioso “La Santa Cruci” di Caltanissetta, il presepe semovente di Giacomo Randazzo a Cinisi,“Lu Signuri dilli fasci” di Pietraperzia, le canzoncine in onore di Maria Santissima a Scicli, la vampata di San Giuseppe a Palermo. E poi la ceramica: i maestri ceramisti Giuseppe e Paolo Caravella di Burgio, la ceramica e presepe artistico di Caltagirone, il maestro ceramista Antonio Piscitello di Santo Stefano di Camastra, solo per citarne alcuni.
Anche le storie, come quella popolare della baronessa di Carini. Poi la mostra mercato del cavallo sanfratellano, il pranzo delle verginelle a Motta Sant’Anastasia, il “panararu” Mariano Armanno e il “vardiddaru” Angelo Centanni di Alia,, “i misi ill’annu” di Rodì Milici, le “performance musicali” di Laura Mollica a Palermo, Franco Liberto “in arte Ciccio”, artista delle calzature a Cefalù, la “pantomima: u pisci a mari” di Aci Castello. Nell’elenco ci sono anche i dammusi di Pantelleria, e anche un politico: è Giuseppe Alessi, primo presidente della Regione siciliana. Qui la Gurs con l’elenco completo.
La definizione di provola come bene immateriale, affiancata all’albero Falcone mi lascia molto perplesso sulla capacità di classificazione di chi ha redatto l’elenco.
Bella, anzi troppo bella. Messa giù così la Sicilia è il famigerato Eden tanto agognato e ricercato dagli uomini. Lustri e lustri di ricerche e alla fine era sotto il naso di tutti. La solita autocelebrazione pagata profumatamente dai contribuenti. Sono tentato dal farlo anche io un elenco di beni materiali e immateriali che lasceremo in eredità.
Articolo corretto e ben composto che, prendendo spunto dalla pubblicazione in GURS dell’elenco completo dei beni immateriali siciliani, rende merito al lavoro della Commissione REI, che negli otto anni di suo fervido e costante lavoro, ha permesso alla Sicilia di dotarsi di questo prezioso Registro, spesso poco conosciuto e non apprezzato come si dovrebbe!
E basta con questa storia assurda dell’albero Falcone. Toglietegli tutta quella bardatura di carta e fatelo respirare, che diventi nuovamente un albero inteso come verde. Già ne abbiamo sempre di meno nella nostra città e se pure li facciamo diventare simboli senza alcun senso……. Ritengo che Giovanni Falcone vada ricordato dai palermitani isolando con fatti concreti, e non a parole o con messaggi scritti, quei comportamenti mafiosi ormai troppo diffusi e chi imperano nella nostra città, e poi penso che a Lui non sarebbe affatto piaciuto ricoprire quel povero albero così come lo è adesso.
Peccato che ci rimane solo l’albero di Falcone
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