L’alfabeto del 2015

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25 Dicembre 2015, 06:00

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A come Avvertenza: quello che segue è l’Alfabeto del 2015, un Almanacco insomma dei fallimenti dell’Anno appena trascorso. Chi legge, dunque, si prepari al travaso di Acidi gastrici che gli provocherà questa carrellata fra gli Alibi che la politica ha riservato a se stessa: la perfida Roma che non vuole rattoppare i conti disastrati dalle scorrerie degli anni precedenti, un pilone traditore che spezzando un’Autostrada ha spinto Ettore Leotta a lasciare una giunta in tempesta, una trattativa infinita sul perimetro della maggioranza per giustificare l’Abdicazione dell’Assemblea regionale.
B come Boutade, come le Burlette da avanspettacolo che hanno distratto la Sicilia mentre il Buco nel Bilancio diventava sempre più una voragine; come le Brutte foto di un presidente in costume da bagno, come i Brividi corsi sulle nostre schiene per la maldestra risposta a un cantautore reo di aver detto quello che in fondo i siciliani tutti pensano da tempo, e cioè che questa terra, pensata Bellissima da Borsellino, in fin dei conti è nient’altro che Buttanissima.
C come Cuffaro, il protagonista delle ultime settimane, simbolo di una terra talmente orfana di Classe dirigente da doversi votare a un santo Condannato, da dover elevare al rango di eroe e salvatore un politico che la Cassazione ha Cancellato dall’elenco degli elettori per il più atroce dei tradimenti, il favoreggiamento di Cosa nostra, e che per questo ha appena finito di trascorrere Cinque anni in Carcere.
D come Discariche, che non bastano mai a una Sicilia che ricicla di tutto ma non i rifiuti: come le Dispute fra Regione e privati per far andar bene a tutti una coperta che comunque la si guardi è sempre troppo corta, come le Diffide di Roma pronta a commissariare l’Isola a ogni pie’ sospinto, come le Dismissioni degli immondezzai stracolmi, come i Dietrofront continui e come il Dibattito infinito sui termovalorizzatori che Divide la politica da un paio di Decenni.
E come Emigrazione, unica carta rimasta ai neo-laureati in una terra che nega un lavoro a un giovane su due. Come Eterno precariato, che rimane tale nonostante gli Emendamenti annunciati dall’Emiro del renzismo promettano una stabilizzazione; come le Elezioni minacciate a ogni batter di ciglia facendo finta che il problema di questa Sicilia boccheggiante sia un giochetto di minima tattica politica, e non un’Economia sull’orlo del baratro.
F come Faraone, viceré senza corona spesso sconfessato da Sua Maestà Matteo I, sedicente Facente Funzioni del presidente del Consiglio nell’Isola e in nome di quest’investitura pronto a radunare i propri Fedelissimi in un’ex Fabbrica per una Leopolda di sottomarca. Come Ferrandelli, ex nemico ed ex alleato del proconsole di cui sopra, che uscito dall’Ars ha dato vita a una Fronda di autonominati coraggiosi per Fustigare il crocettismo nella malcelata speranza di incrociare le spade col viceré Davide e farsi strada verso le urne a colpi di Facsimile che i maliziosi dicono già pronti.
G come Grillini, ovvero la vituperata antipolitica che nel frattempo ha imparato a muoversi fra le insidie del Palazzo e che aspetta in riva al fiume il cadavere dell’ancien régime. Come le Grandi opere che non arrivano, come le Gru che costruiscono trazzere in quattro e quattr’otto, come quel Giancarlo Cancelleri che gli incubi democrat descrivono come possibile uomo da battere se il Governatore fosse costretto a restituire la parola agli elettori.
H come Himera, ovvero il migliore attore non protagonista dell’anno che sta per concludersi: non l’unico viadotto instabile in una Sicilia spezzata, ma certamente il più strategico, tanto da dare il “la” a una crisi di governo per le difficoltà di collegamento che, almeno sulla carta, hanno portato un assessore a dimettersi.
I come Intercettazione, cioè il giallo dell’estate. Come gli Intellettuali di un’Isola intera chiamati a Interrogarsi sui bordi di un’Inchiesta per comprendere se un silenzio sia stato o meno registrato da una microspia, dimenticando l’ovvia considerazione che l’Inerzia di un presidente Impresentabile è già sufficiente per decretare la fine di un’esperienza politica Imbarazzante.
L come Lumaca, come il mollusco spesso evocato per descrivere l’attività di un’Ars capace di partorire poche Leggi e di farsene impugnare una porzione importante. Come le Litigiose Lentezze di una maggioranza dalle geometrie variabili, come le Lungaggini della burocrazia che ingessa la Sicilia e spesso si fa sconfessare dal Tar, come la Liquidità difficile da trovare nelle casse della Regione.
M come Migranti, che nonostante la propaganda non hanno invaso la Sicilia e che però l’Isola non è stata sempre in grado di accogliere, sconfessando così la sua tradizione di porta del Mediterraneo. Come la Mensa di Mineo lambita dalle nefandezze di Mafia capitale, come le Mille inchieste sui vari aspetti di una tragedia diventata in alcuni casi un affare per smaliziati speculatori.
N come Nicole, la Neonata colpevole di essere stata partorita sull’Isola sbagliata e per questo morta prima di poterlo capire. Come la Negligenza che forse fra qualche anno le indagini addebiteranno a qualcuno, come la Noncuranza che negli anni passati ha reso la sanità siciliana, con qualche eccezione, un esempio da manuale dei Nefasti effetti delle scorribande della Non-politica.
O come Orlando, ovvero, con Enzo Bianco, l’usato sicuro della politica siciliana, tanto criticato e biasimato per un tram partito a rilento o per una pedonalizzazione difficile da digerire ma sempre temuto e riconosciuto come Osservatore saggio sia dagli alleati che dagli avversari. Tanto temuto da subire un Ostracismo neanche tanto velato per una carica tutto sommato solo Onorifica come la guida della Città metropolitana; tanto Osteggiato perché nonostante le smentite tutti sanno che, in fondo, un pensierino a Palazzo d’Orléans non ha mai smesso di farlo.
P come Politica, la grande assente dell’anno che ci lasciamo alle spalle. Come i Partiti-taxi, come le Piccole beghe interne che hanno bloccato il Parlamento, come il Potere che si sposta dalle sue sedi naturali verso i Palazzi di giustizia. Come il Pudore che non alberga in un dibattito Pubblico trasformato in macchietta, tanto Parodistico da farci apprendere – all’apice della Polemica su Tutino – delle Patafisiche gesta del dottor Faustroll.
Q come Quirinale, cioè come il colle che per la prima volta ospita un siciliano. Come la Quiete imprevista e forse però prevedibile seguita a quest’elezione, che all’inizio dell’anno avevamo caricato di aspettative eccessive. Come, per lasciare la Capitale, il Quarto governo presieduto da Rosario Crocetta e in attesa del Quinto sempre dietro l’angolo, come la Quantità di assessori nominati che non ha precedenti nelle Quindici legislature alle nostre spalle.
R, quindi, come Rimpasto, ovvero la condizione permanente della Sicilia di Crocetta. Come Rincalzi e Ravvedimenti per una giunta tornata ad essere politica, come Rinvii e Rattoppi che serviranno a giustificare l’incompiutezza di una Rivoluzione dai Roboanti annunci e dalle inesistenti Riforme. Come Rumore, molto per nulla o quasi.
S come Scandali, la vera essenza dei dodici mesi appena trascorsi. In principio fu lo Scorciavacche con gli altri viadotti, poi è stato il turno di Saguto e dei Sequestri di beni, e in mezzo la Sanità di Nicole e i Soldi delle presunte mazzette finite al centro delle inchieste che hanno travolto Dario Lo Bosco e la Tecnis. Infine il Silenzio, presunto e anzi Smentito, di Crocetta di fronte a una battuta, se fosse stata vera Sguaiata fino all’inverosimile, su Lucia Borsellino che sarebbe dovuta “Saltare”.
T come Trasporti, quelli per i quali l’Anas si è impegnata a riversare una pioggia di miliardi in Sicilia pur continuando a Tacere sull’elenco dei cantieri in programma. Come la Trazzera, soluzione provvisoria in attesa che le istituzioni si dessero una mossa, o come i Treni che – udite udite – hanno finalmente collegato le due principali città dell’Isola in Tempi inferiori a quelli necessari a un calesse, ma che con quasi Tre ore per un Tragitto di poco più di duecento chilometri rimangono sempre da Terzo mondo.
U come Unesco, che ha impresso il sigillo del patrimonio dell’Umanità sul centro storico di Palermo, con un riconoscimento del quale non sono ancora chiari i benefici ma che almeno ci consola con quell’Universale sollievo che è la bellezza. Una bellezza riconosciuta a livello internazionale, ma fra le polemiche locali, per una regione che non riesce a essere Unita neanche nel celebrare se stessa.
V come Voltagabbana, come la Velocità con cui si cambia partito a volte diventando capogruppo del settimo cui si è approdati. Come i Volti già Visti, Micciché fra tutti, tornati a galla per rilanciare un partito in rotta e pronti a imbarcare Vecchie Volpi come Francantonio Genovese. Come i pacchetti di Voti in transito da uno schieramento a un altro, in cerca di una Vittoria elettorale che, nel Vuoto di idee, farebbe dimenticare i trascorsi di chiunque.
Z come lo Zero alla voce “soldi da spendere”. Come la Zattera di salvataggio, la ciambella di soccorso per la Sicilia che i politici isolani, novelli naufraghi della Medusa, sperano sempre arrivi da fuori. Come una regione Zoppa, impossibilitata a salvarsi senza una stampella romana. Sperando che lo Zero sia anche il punto da cui ripartire. Che il fondo sia qui, e non qualche metro più in basso. Che nel 2016, insomma, la Sicilia inizi a rimboccarsi le maniche per non essere più la Zavorra d’Italia.

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25 Dicembre 2015, 06:00

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