07 Novembre 2008, 14:40
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Una carriera da figurina di calcio, da simbolo più che da calciatore, da personaggio di un libro – ed effettivamente alla sua storia è stato dedicato un volume (“Il portiere di riserva”), stampato dalla casa editrice del presidente del Torino, Urbano Cairo.
Il terzo portiere granata è l’altro Fontana, un altro Alberto detto Jimmy, che alle anagrafe si chiama Alberto Maria, per la precisione. Ma tante volte questa sottigliezza non è bastata a non “confondere le acque” fra i due. È successo che per disguidi di natura puramente burocratica, siano arrivate buste della Lega Calcio o da alcuni club (una volta anche dalla Juventus) indirizzate ad Alberto Fontana, ma arrivate a casa di Alberto Maria Fontana, o viceversa. Il primo è il “nonno eterno” del Palermo, l’altro una mezza comparsa dei campi di gioco (con una brevissima parentesi in rosanero, nella stagione 2001/02, l’ultima dell’era Sensi, in B), con una vita da eterno secondo, se non terzo. Li separano sette anni di età e distanze abissali fra esperienza e militanza in grandi club. Ma nella storia recente del glorioso club granata l’altro Fontana ha svolto un ruolo importante, riconosciutogli da tutta la tifoseria, quello a cui sente appartenere da sempre anche Fontana, tifoso granata da bambino anche se cresciuto nella Primavera della Juve, con cui ha vinto anche un torneo di Viareggio nel 1994 insieme a Del Piero.
La sua storia, invece, è quella di un eterno secondo, se non terzo. La sua unica vera stagione da titolare risale al 1996/97, con il Voghera, in C-2. Poi tante panchine e tribune nelle serie superiori. Ma nella storia recente del club piemontese Fontana, ragazzo della periferia torinese col poster di Zenga in camera, è un simbolo di continuità con il passato, l’orgoglio della rinascita granata, un ruolo interpretato scrupolosamente, con intelligenza e umiltà. Prima dell’acquisto del club da parte di Cairo – dopo il fallimento di Cimminelli – Alberto Maria Fontana è stato il primo a firmare, e in bianco, per il “Torino Football Club”, creato dai “lodisti” Marengo e Rodda, garantendo un’ideale continuità con la società precedente. Al di là del ruolo marginale a livello tecnico, l’altro Fontana si è via via guadagnato uno spazio importante, gettando semi per un futuro da dirigente, ritagliando per sé il ruolo di “ambasciatore” del Torino, raccordo fra la società e il popolo granata. Icona del Toro, antipersonaggio, eclettico nelle passioni, con velleità di stilista e imprenditore, visto che ha creato una sua griffe e l’ha chiamata “Abbigliamento proletario”, ha aperto una scuola per giovani portieri e pensa all’apertura di un bar.
L’anno scorso, con l’infortunio di Sereni nel finale di campionato, ha vissuto anche i suoi momenti di gloria, promosso da vice a titolare ha giocato otto partite. Quest’anno è rientrato nei ranghi, tornando terzo portiere dopo l’arrivo di Calderoni come secondo. Invece stavolta assisterà all’incontro dalla panchina e non dalla tribuna. Chissà se ricorderà la sua esperienza da meteora in Sicilia, chiuso da Sicignano, in campo solo una volta contro il Cosenza. Vedrà Torino-Palermo e gli scapperà da ridere. Possono correre quanto vogliono quei ventidue, penserà, ma l’idolo della Maratona resto io, l’hanno dedicato a me lo striscione “Fontana, santo subito” e la domenica un coro per me c’è sempre…
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07 Novembre 2008, 14:40