07 Novembre 2017, 17:12
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PALERMO – Altro che corruzione, fu solo “un gesto di eleganza e di stima nei confronti dell’onorevole Francesco Cascio che si è sempre comportato nella legalità”.
È una marcia indietro in piena regola quella dell’imprenditore Giuseppe Lapis. Da grande accusatore a difensore dell’ex deputato e assessore regionale condannato in primo grado a due anni e otto mesi per corruzione. E i giudici hanno mostrato più di una perplessità sulla sua nuova versione. Lo hanno incalzato, dando l’impressione di non credergli.
Al processo d’appello Lapis era stato chiamato a confermare quanto da lui messo a verbale nei mesi scorsi. Ed è arrivato il colpo di scena. Le parole usate davanti ai pubblici ministeri? “Mi sarò espresso male”, ha detto l’imprenditore. In precedenza, si leggeva nel verbale, aveva dichiarato che Cascio “poteva esserci molto utile e avremmo dovuto tenercelo buono”. Ecco perché l’accusa, che aveva convinto il Tribunale, aveva parlato di “patto corruttivo” con l’ex assessore.
Lapis aveva ricostruito che, in cambio di alcune “regalie”, lui e il figlio, imputati di bancarotta, avrebbero ottenuto dal politico, quando guidava l’assessorato regionale al Turismo, “facilitazioni per l’ottenimento di contributi pubblici”. Si tratterebbe dei sei milioni di fondi europei utilizzati per costruire il “Golf Club Le Madonie” a Collesano, in provincia di Palermo.
Un’esperienza fallimentare sfociata nell’inchiesta per bancarotta e per cui i Lapis hanno chiesto di patteggiare . Il padre, dopo avere ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini firmato dai pubblici ministeri Calogero Ferrara e Gaspare Sedale, decise di confessare. E anche il figlio raccontò la sua verità sui rapporti con Cascio. Il verbale, su richiesta del sostituto procuratore generale Emanuele Ravaglioli, era entrato nel processo d’appello.
Secondo l’accusa, negli anni dal 2001 al 2004, quando faceva parte della giunta Cuffaro ed era pure vice presidente della Regione, Cascio avrebbe aiutato i Lapis facendo approvare una delibera a loro favorevole e garantendogli una corsia privilegiata per snellire le procedure burocratiche e ottenere i finanziamenti: “Era una delibera che favoriva tutti – ha detto Lapis – e non solo noi”.
In cambio i Lapis avrebbero rinunciato all’acconto di 5 mila euro che avevano già versato per comprare un terreno poco distante dal campo da golf. “Cascio non ne sapeva nulla”, ha dichiarato ora Lapis che cedette il preliminare all’onorevole, il quale sul terreno avrebbe poi costruito una villetta. Progettazione, opere di sbancamento, materiali, manutenzione e vigilanza sarebbero state a carico della Ecotecna dei Lapis senza che Cascio avesse sborsato un solo centesimo. Un gruppo di professionisti e maestranze sarebbe stato messo a disposizione dell’allora assessore regionale. Un “favore” da trenta mila euro ricostruito dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Palermo.
Lapis aveva pure raccontato delle telefonate con cui Cascio avrebbe sollecitato i suoi collaboratori “per sfoltire le lungaggini burocratiche”. Nella sua nuova verità ha sostenuto di avere restituito in contanti soldi all’azienda che l’aveva incaricata dei lavori affinché li defalcasse dal conto del politico. Fu un gesto di “eleganza e stima” verso l’onorevole da cui mai ha ottenuto favori. Lo incontrava sempre e solo in veste istituzionale, quando era presidente del patto territoriale. Sono per primi i giudici di appello a restare sorpresi. La credibilità di Lapis è sembrata vacillare.
Ecco la nota con cui Cascio, difeso dagli avvocati Nino Caleca ed Enrico Sanseverino, aveva respinto le accuse: “Con grande stupore stamattina ho appreso di questa novità processuale. Credevo che proprio oggi il mio processo si dovesse concludere ed invece mi sono trovato difronte ad accuse infamanti che fin da ora affermo essere assolutamente infondate e false.Se necessario, contro queste accuse continuerò a difendermi all’interno del processo. È chiaro che intendo far trionfare la mia totale innocenza. Non ho mai lontanamente puntato sulla prescrizione, di cui pure mi hanno parlato i miei legali, perché talmente convinto della mia innocenza che ho addirittura chiesto il rito abbreviato, non ipotizzando fin dall’inizio quella soluzione. Questo processo, con le tappe che lo hanno caratterizzato e che mi hanno più di una volta meravigliato, turbato e stupito, ha sconvolto la mia vita impedendomi di svolgere con piena serenità il mio mandato parlamentare. Oggi più che mai intendo tutelare il mio onore e la mia onorabilità. Pertanto, ritengo di non dovere neanche pensare ad un’ipotesi di candidatura in queste elezioni regionali, perché reputo più importante, intanto, ristabilire la verità. Per fare questo devo essere un uomo ancora più libero e, pertanto, ho già rassegnato al presidente del mio partito il ministro Alfano le dimissioni da coordinatore regionale di alternativa popolare”.
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07 Novembre 2017, 17:12