06 Dicembre 2012, 20:55
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PALERMO – “Sono rinato, sono rinato”, continua a ripetere Andrea Di Matteo. Ha appena lasciato il carcere dei Pagliarelli. Vi ha trascorso quasi due anni con l’accusa di essere un favoreggiatore del boss di Altofonte, Mimmo Raccuglia. E’ stato assolto dalla Corte d’appello di Palermo, dopo che in primo grado gli erano stati inflitti nove anni. Condannato, invece, a tre anni Giuseppe Salvatore Raccuglia.
Entrambi furono arrestati nel dicembre del 2010. Contro di loro c’erano una serie di prove ritenute solide. A cominciare dalle riprese di una telecamera piazzata in un condominio nella zona di viale Michelangelo. Si vedeva un uomo, poi identificato in Giuseppe Raccuglia, mentre faceva salire in macchina la moglie dell’allora latitante. Dietro di loro, uno scooter con in sella, almeno così sostennero gli investigatori, Andrea Di Matteo che era stato immortalato anche da una telecamera nella piazza di Altofonte. In quell’occasione Di Matteo era in macchina e seguiva a distanza l’autobus su cui viaggiava la compagna del capomafia. Infine, arrivarono pure le intercettazioni. Di Matteo era socio di Salvatore Tafuri, anche lui arrestato e condannato con l’accusa di favoreggiamento. Assieme gestivano un impianto di calcestruzzo dove le cimici registrarono la voce Di Matteo. Parlava di soldi da “portare a quello”.
L’avvocato Tommaso De Lisi, con l’aiuto di alcuni periti, ha smontato tutte le accuse. L’uomo ripreso dalle videocamere nella piazza di Altofonte non era lo stesso del condominio di viale Michelangelo. La comparazione della immagini ha dimostrato che c’era una differenza di altezza. Ed ancora: il “quello” a cui portare i soldi in realtà era “Totò”, e cioè Salvatore Tafuri, socio di Di Matteo.
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06 Dicembre 2012, 20:55