27 Gennaio 2017, 12:55
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PALERMO – Era il 1986. Alfredo Giordano, ex direttore di sala del Teatro Massimo, si avvicinava a Cosa nostra. Il primo e importante incarico fu la copertura di un latitante. Ai pubblici ministeri di Palermo dichiara: “Ammetto di avere curato la latitanza di Carmelo Zanca su richiesta di un mio socio, tale Urone Gaetano, deceduto. La situazione durò circa sei mesi, poi mi spaventai e cessai da tale attività”.
Zanca fu arrestato nel 1995 sul litorale di Torvaianica. Si faceva chiamare “signor Lupo” e aveva preso il posto di Pippo Calò, boss di Porta Nuova, per gestire affari a Roma. Il verbale prosegue con un altro pezzo da novanta della vecchia mafia: “Altro latitante che ho conosciuto è Ignazio Pullarà, nella marmeria di Di Marco Gaetano, nel 1989, dove il latitante si recava spesso. Recuperai in suo favore, richiesto da Di Marco Gaetano, dieci milioni di lire che Pullarà avanzava dal mago Sucato”.
Giovanni Sucato negli anni Novanta si guadagnò l’appellativo di “mago dei soldi”, promettendo di raddoppiare in breve tempo i capitali che gli venivano consegnati. All’iniziò fu davvero così, dalle sue mani transitarono 10 miliardi di lire, poi la truffa venne a galla. E c’erano cascati anche personaggi che contavano. Sucato morì nel 1996. Lo trovarono carbonizzato all’interno della sua auto, sulla superstrada Agrigento-Palermo, nei pressi del bivio di Bolognetta. Le circostanze della morte sono ancora oggi misteriose. Di certo, però, Sucato non ebbe alcun incidente con la sua macchina, trovata accostata al guard rail.
Infine Giordano ammette di avere “conosciuto anche Giovanni Brusca” in un negozio, “ma lo vidi solo quella volta”.
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27 Gennaio 2017, 12:55