10 Maggio 2019, 05:58
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PALERMO – Dopo la denuncia dell’imprenditore che non si piegò alle richieste di denaro, gli uffici del Provveditorato alle opere pubbliche erano stati passati al setaccio. Nei locali di piazza Verdi, nel dicembre del 2017, la squadra mobile aveva anche trovato la documentazione che riguardava alcuni lavori realizzati a Palermo, tra cui quelli al padiglione 18 dell’Università di viale delle Scienze e in un dipartimento di via Archirafi.
Sono tra i cantieri finiti nell’inchiesta “Cuci e Scuci”, che ha svelato il sistema di mazzette nella macchina degli appalti e ha fatto finire ai domiciliari quattro funzionari pubblici. Sotto accusa ci sono anche otto imprenditori che hanno eseguito i lavori da un capo all’altro della Sicilia: non potranno avere commesse dalla pubblica amministrazione per un anno.
Come nel caso di Franco Vaiana, titolare della “Pioppo Costruzioni e Ristrutturazioni”, che figura più volte tra le carte dell’inchiesta della Procura della Repubblica. Il suo nome appare insieme a quello di Antonio Casella, geometra e geologo raggiunto insieme a tre colleghi dall’ordinanza di custodia cautelare: “Le conversazioni tra i due e le successive indagini della squadra mobile – si legge sull’ordinanza – confermano l’esistenza di un rapporto di collaborazione tra Casella e l’impresa di Vaiana, di tipo privato, e un generale interesse del primo alle sorti economiche di essa, che nell’ultimo periodo aveva perduto gli introiti sino a quel momento garantiti dai lavori effettuati all’Università e al Policlinico”.
In particolare, Casella avrebbe curato l’elaborazione di alcuni atti relativi ai lavori che la “Pioppo” stava realizzando nelle aule “Ascoli”, “Igiene”, “Fisiologia” e “Presidenza”. Documenti che sarebbero stati prodotti ad hoc dopo vari sopralluoghi in cui Casella era stato notato in compagnia del figlio di Vaiana. Ma il loro rapporto non si sarebbe basato soltanto su lavori appaltati dal Provveditorato: Vaiana ne avrebbe effettuato anche privatamente e sempre seguiti da Casella, nelle aule di un dipartimento di via Archirafi.
Il passaggio dei soldi è stato registrato dalle microspie. Il 9 ottobre di due anni fa, Vaiana si era recato nell’ufficio di Casella per consegnare la busta: era entrato, aveva chiuso la porta alle sue spalle, poi aveva preso il denaro da una tasca dei pantaloni. Una volta nelle mani del funzionario, la busta era stata conservata in un borsello custodito nel cassetto. La conversazione era poi proseguita sul fronte dei lavori al dipartimento universitario di via Archirafi, dove il geometra aveva assicurato sarebbe poi passato nel pomeriggio per un ulteriore sopralluogo per fare andare avanti la pratica: “Ora gliela sistemo io”, aveva detto all’imprenditore.
Le intercettazioni, però, hanno fatto venire a galla una certa “insoddisfazione” da parte di Casella nei confronti di Vaiana. Confidandosi con il collega Francesco Barberi, anche lui finito ai domiciliari, il funzionario rivelava di aver avviato la “collaborazione” con un altro imprenditore, per la ristrutturazione di una chiesa, probabilmente con l’obiettivo di far finire più soldi nelle proprie tasche. “Sperando che poi alla fine ci sia un ritorno in queste cose – aveva commentato – se no non conviene, non ne vale proprio la pena neanche quello, dico, se poi devo fare come a Vaiana, che ogni tanto mi dà 500 euro, non ne vale proprio la pena…”
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10 Maggio 2019, 05:58