Le conseguenze del pizzo:| “Devo pagare, vi licenzio”

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22 Dicembre 2011, 07:39

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Cosa si prova a essere sotto il giogo del racket? Come si fa a venirne fuori quando sotto ricatto finiscono i tuoi stessi dipendenti? E come ci si deve comportare se a incassare il pizzo si presenta un tuo ex dipendente? Il mensile “S” – in edicola da domani, ma acquistabile online già oggi – pubblica la storia drammatica di un imprenditore edile soggiogato dal clan mafioso di Brancaccio. Oltre alla quota in denaro, infatti, Cosa nostra imponeva manodopera e fornitori. Una pressione insostenibile, quella esercitata dagli affiliati, che costringe l’imprenditore a licenziare i suoi operai per far fronte alle continue richieste della mafia.

Il retroscena emerge dall’ultima inchiesta della squadra mobile di Palermo sulla famiglia di Brancaccio. Appurato il pagamento della tangente mafiosa, infatti, gli investigatori hanno piazzato le cimici all’interno dell’azienda e ascoltato le conversazioni dell’imprenditore e dei suoi principali collaboratori. Comincia così un viaggio attraverso le vicissitudini sofferte dall’imprenditore, messo in ginocchio dalle cosche, che non si sente più padrone della sua vita. E più l’imprenditore acquisiva lavori, più la morsa del racket si faceva stretta. Uno spaccato che rende perfettamente l’idea del controllo del territorio da parte dei clan che sanno chi costruisce e a quanto vende, facendo “i conti in tasca” all’impresa. Ma anche un’immagine immediata delle conseguenze del pizzo sull’economia reale.

A convincere l’imprenditore a cedere al ricatto, poi, ci sono le vessazioni a carico dei dipendenti. Minacciati con le armi in mano, alcuni di loro sono stati anche seguiti fuori dall’orario di lavoro. E anche in questo caso, i clan hanno dimostrato di avere informazioni di prima mano. Anche per questa ragione l’imprenditore ha dovuto cedere. “Mi sono calato nuovamente i pantaloni, quando ho visto Alessandro che piangeva” confida l’imprenditore ai suoi collaboratori. Infine, come se il peggio non avesse mai fine, l’imprenditore accoglie nel suo ufficio un suo ex dipendente. Non c’era una vertenza in corso: l’operaio era passato fra le fila di Cosa nostra. Ma per l’imprenditore nulla era perso: così ha cercato di convincerlo a tornare a lavorare, piuttosto che continuare a frequentare quegli ambienti. Un colloquio ripreso in diretta che alla fine mostra come l’imprenditore abbia pagato anche lui, per non fargli passare i guai. Ma anche per l’ex operaio sono scattate le manette. Una storia di Palermo. Un esempio di come vivono ogni giorno gli imprenditori edili, di quanto incida sulla società il pizzo. Una vicenda che dovrebbe spingere tutti a impegnarsi perché non riaccada.

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22 Dicembre 2011, 07:39

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