“Denunce segno di maturità sociale |Ora pene più dure ai boss recidivi”

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06 Giugno 2014, 20:11

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PALERMO – “Dopo la retata, la domanda che mi pongo è semplice: il mafioso recidivo deve avere pene uguali a quelle previste per la prima condanna? Non è il momento di inasprire le pene? La politica dovrebbe riflettere su questo. E approvare trasversalmente una legge, se necessario con una corsia d’emergenza. Perché in privato molti politici ci dicono di essere d’accordo su questo tema”. Il vicepresidente di Confindustria Sicilia Giuseppe Catanzaro ha aspettato di leggere i giornali, prima di commentare il mega-blitz di Bagheria con 31 arresti. Ha aspettato di conoscere i dettagli. Che sono confortanti, per molti versi: “La maggioranza degli imprenditori taglieggiati ha denunciato – spiega – Per me, che per un giorno voglio parlare con la pancia, questo dato ne fa ricavare un altro: abbiamo investigatori di grandissima qualità”.
Ecco, partiamo da qui. La retata dei carabinieri è una delle più grosse degli ultimi tempi.
“È un blitz di portata molto rilevante. Ma per me, che cerco di privilegiare il senso pratico, il dato è principalmente un altro: il primo contatto le vittime del racket ce l’hanno con gli investigatori. Se a collaborare è la maggioranza, significa che gli investigatori sono molto bravi. Poi c’è un’altra valutazione, più di contesto. La retata gravita su Bagheria”.
Una realtà difficile, mafiologicamente parlando.
“Sì, ma se il numero di imprenditori e commercianti che denunciano è così elevato, soprattutto in un contesto tutto sommato piccolo, è un segno di maturità sociale. Da questa maturità spero tragga vantaggio chi oggi subisce: reagire e cambiare si può”.
Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo vuoto, però, c’è anche un altro dato: le estorsioni sono ancora diffusissime.
“È vero. E questo riflette un territorio dominato da questi signori. Beh, signori si fa per dire”.
Un territorio stritolato dalla mafia. Torniamo al concetto di prima: realtà difficile.
“E questo rende il territorio aspro, fa saltare le regole normali in economia. L’impresa che è costretta a rifornirsi da un solo fornitore è libera? Può ricorrere all’innovazione, alla ricerca?”.
Questo è interessante. Non solo alterazione della concorrenza.
“No: saltano tutte le regole dell’economia. Così la mafia e i mafiosi danneggiano non solo la vittima, ma anche il contesto. Leggo dalla stampa che uno degli arrestati cercava di imporre il movimento terra. Questo, a cascata, altera tutto: il dipendente del fornitore, per farle un esempio, per chi vota? Sarà libero o sarà condizionato anch’egli?”.
Uno degli imprenditori che hanno denunciato, Giuseppe Sciortino, alla fine si è suicidato. Questa è forse la parte più angosciante della storia che stiamo raccontando.
“Dobbiamo prendere atto che ci stiamo confrontando con una parte… guardi, me lo lasci dire: una parte schifosa e violenta della feccia umana. Dobbiamo ‘utilizzare’ questo momento di dolore per creare valore sociale attorno alla nobile faccia di Bagheria. Dobbiamo concorrere a rendere normale la nostra terra”.
L’altro tema forte, oltre alle denunce, è il ritorno dei vecchi boss. Non c’è il rischio di far passare il messaggio di uno Stato impotente?
“Beh, lo Stato è ben cosciente di queste scarcerazioni. Quando questi personaggi tornano a piede libero le informative della Dia lanciano l’allarme: ‘Occhio, sono a piede libero’. Ma noi dobbiamo distinguere la nostra funzione rispetto a quella dello Stato. Comprendiamo bene che quando vengono scarcerati i mafiosi tornano a fare quello che facevano prima”.
Appunto.
“Per questo sarebbe interessante che la politica offrisse risposte concrete. Il mafioso recidivo deve avere lo stesso regime di detenzione o ne deve avere un altro? La pena deve cambiare? Il mafioso che ritorna a fare il mafioso deve essere penalizzato ulteriormente”.
Ecco: questo è il punto. Il tema, ormai, è diventato ricorrente. La politica è un po’ distratta, o no?
“Conosco molti degli attori del tessuto politico. Anche di particolare livello funzionale. Portarla in polemica non è utile a nessuno. Basterebbe che quello che ci dicono in privato i politici, ad esempio sul regime della detenzione, fosse tramutato in proposte di legge, se necessario da approvare con corsie emergenziali. Mi spiego meglio: la parte attenta della politica – che grazie a Dio c’è ed è trasversale ai partiti – per una volta, dovrebbe svestire la casacca politica, darsi una mano e pensare al dramma che vivono gli imprenditori vittime di reato. E, al tempo stesso, pensare ai familiari di quegli investigatori che vivono, si fa per dire, al fianco di persone costrette anche a sacrificare i propri affetti pur di fare il proprio dovere nel migliore dei modi”.
Parliamo di politica nazionale, intuisco. Ma sul territorio, negli enti locali, l’attenzione è ugualmente alta?
“Sui singoli territori caratterizzati dalla presenza mafiosa, e non solo in Sicilia, occorrerebbe da parte dei diversi attori pubblici alzare l’asticella dell’attenzione, migliorando i presidi di normalità. Come? Ad esempio, perché i Comuni non pagano i propri fornitori, seguendo l’ordine cronologico delle fatture? Perché càpita che non vengano rispettati i termini nella concessione dei permessi e delle autorizzazioni? Spesso, il rispetto di regole anche semplici se vogliamo, potrebbe evitare quelle alterazioni di cui poi la mafia si nutre e all’interno delle quali si sviluppa”.
Un’ultima domanda. Poco fa parlava di corsie d’emergenza. Siamo di nuovo in emergenza?
“No, non siamo in un’emergenza. Lo Stato sul tema della lotta alla mafia è andato avanti, eccome. Il tema per quanto ci riguarda è la libertà d’impresa, che deve essere considerata un bene comune e non può essere tutelata solo da forze dell’ordine e magistratura”.

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06 Giugno 2014, 20:11

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