31 Maggio 2017, 13:34
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Palermo e le sue elezioni vanno in tv. In quelle nazionali, nella fattispecie La7. Ma da Floris invece che della città si finisce per sentir parlare d’altro. Anzi, per l’esattezza si assiste a un mini-torneo di “mascariamento”, uno spettacolo alquanto desolante.
Il tema, manco a dirlo, è quello della legalità. E manco a dirlo, il ruolo del mazziere in tv è toccato a uno specialista navigato della materia come Leoluca Orlando. Che ha acceso la miccia attaccando Ferrandelli: “La mia amministrazione e la mia giunta non sono mai state toccate da indagini ha ribadito il sindaco -. Vorrei ricordare che c’è qualcuno che si candida essendo indagato per voto di scambio mafioso ed essendo sostenuto da un condannato per mafia”.
Da lì in poi è stata un’escalation. Il grillino Ugo Forello non se l’è fatto dire due volte e s’è lanciato anche lui: “Bisogna impedire che il sistema mafioso possa continuare a fare affari in questa città. Niente lezioni da chi è indagato e fa accordi politici con un condannato in via definitiva come Cuffaro”.
Dal canto suo, Ferrandelli s’è fatto trascinare mani e piedi nella bagarre, iscrivendosi alla partita a chi mascariava di più. Prima con la stoccata al professionismo dell’antimafia, galassia d’origine dei suoi due competitor, prendendosela con quelli “che sulla legalità hanno costruito carriere e spesso anche dei profitti sulla gestione dei beni confiscati e delle associazioni antiracket”. Poi lo schizzetto ai 5 Stelle sulla vicenda firme false: “Io ho praticato la legalità togliendo i bambini dalla strada senza staccare parcelle in associazioni utilizzando l’antimafia – ha detto Ferrandelli -. Ho una mia correttezza, ho sempre chiarito i miei comportamenti e ho collaborato alle indagini. Non mi sono mai avvalso della facoltà di non rispondere, come hanno fatto i compagni di partito di Forello. Forse il suo proclama sarebbe corretto se non fosse candidato in un partito di indagati”. Parole a cui è seguita la puntuale promessa di querela di Forello.
Già. E Palermo? E le periferie abbandonate, dove gli autobus si vedono con la frequenza di un’aurora boreale? E l’inestirpabile sporcizia per le strade? E l’elefantiaco stipendificio della macchina comunale con i suoi annessi e connessi, sempre utili a piazzare fedelissimi su comode poltrone? E il ritardo di una città su quasi tutti gli indicatori economici che si traduce in un costante piazzamento agli ultimi posti nelle classifiche sulla qualità della vita? E il fallimento disastroso sulla raccolta differenziata ferma a percentuali da secolo scorso?
Tutto passa in secondo piano di fronte alle baruffe sulla legalità, agli spettri della palude evocata dal sindaco uscente alle opinabili disquisizioni sul non rispondere ai pm in una fase processuale in cui la facoltà di non rispondere è un sacrosanto diritto sancito a garanzia dell’indagato.
Lo spettacolino televisivo di ieri sera è solo un altro segno della degenerazione del dibattito pubblico. Figlio di molti anni di aberrazioni, di moralizzatori di professione, di ipocrisia istituzionalizzata, di paginate di giornali raccontate dal buco della serratura. Il giacobino sospetto anticamera della verità ha partorito i suoi figli, i coretti “onestà onestà” che diventano più importanti del giudizio sulla qualità del governo. E trasformano le tribune politiche nel gran premio del mascariamento. Risparmiando l’incomodo a chi deve risponderne, di raccontare cos’è oggi questa città e cosa può diventare nei prossimi dieci anni.
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31 Maggio 2017, 13:34