Le fantasie del consigliere comunale amico di Matteo Messina Denaro

Le fantasie del consigliere comunale amico immaginario di Messina Denaro

Confermata l'assoluzione di Calogero Giambalvo. L'uomo che "andò a caccia" con il latitante

PALERMO – “Fesserie, tutte fesserie”, ammise Calogero Giambalvo davanti al giudice di primo grado. Alla fine gli hanno creduto e lo hanno assolto anche in appello. “Le fesserie” gli erano costate, nel novembre del 2014, l’arresto assieme ai componenti di una delle più recenti reti di fedelissimi di Matteo Messina Denaro.

La sentenza di assoluzione è stata confermata dalla quarta sezione della Corte di appello di Palermo che ha accolto la tesi difensiva degli avvocati Roberto Tricoli, Massimiliano Miceli e Vincenzo Salvo.

L’ex consigliere comunale di Castelvetrano arrivò a sostenere di avere incontrato e abbracciato Matteo Messina Denaro. E mentre lo diceva piangeva dalla commozione.

“Ha incontrato Messina Denaro?”

Ecco il dialogo fra l’imputato e il pubblico ministero che in primo grado era Maurizio Agnello, allora in servizio a Palermo e oggi procuratore aggiunto a Trapani . “Ha mai incontrato Matteo Messina Denaro?”, gli chiese il pm. Risposta: “Mai l’ho incontrato”. Quindi millantava? “Sì”.

Il giudice Nicola Aiello andò al cuore della questione senza giri di parole: “Scusi ma lei quando parla allora parla così tanto per dire. Secondo lei, a meno che non è pazzo, uno non si mette a dire che conosce Messina Denaro?”. Risposta: “Ha ragione, ha ragione. Io cercavo di vantarmene, ha ragione, perché quel periodo era un periodo brutto”.

“Quindi era un motivo di orgoglio conoscere Messina Denaro?”, “Non è un orgoglio, guardi che io ho fatto anche uno statuto contro la mafia”; “A maggior ragione, mi scusi ma se io faccio una attività antimafia, se lei dice io faccio uno statuto contro la mafia, non dico che conosco Messina Denaro”. “Me ne vantavo, mai visto”.

Il latitante a caccia in campagna

Fantasie senza limite ambientate a Castelvetrano, in contrada Zangara, fra il 2009 e il 2010. È il luogo dove l’ex consigliere comunale di Articolo 4 disse di avere abbracciato Messina Denaro e di avere pianto commosso. Giambalvo ne parlava con Francesco Martino, pure lui consigliere comunale, ma eletto nell’Udc.

Prima gli raccontava di avere avuto l’“onore” di conoscere Francesco Messina Denaro, il padre di Matteo: “Allora prima che lui morisse, un tre mesi prima di morire, io ci sono andato alla casa per scaricare tronconi, aveva che non lo vedevo una cinquina di mesi… c’era un profumo di caffè. Entra Lillo prenditi il caffè, zu Cicciu assabenerica… ci siamo abbracciati e baciati, io ogni volta che lo vedevo mi mettevo a piangere… allora tutto assieme mi sento dire così, senti qua, viene una delle sue figlie e mi dice: Lillo vattene, escitene con questo trattore da qua dentro, stanno venendo a fare perquisizione, corri, scappa, vattene Lillo, vattene di corsa, salgo sopra il trattore… loro di colpo chiudono il portone, minchia s’arricugghieru 1.000 sbirri… ti giuro, io ho fatto tutta la via, da Castelvetrano a Zangara a piangere, mi sono detto lo hanno arrestato… non lo hanno trovato…”.

Ciccio Messina Denaro fu ritrovato cadavere, stroncato da un infarto, nel 1998, nelle campagne di Castelvetrano. Era latitante da otto anni. Così lo ricordava Giambalvo: “…Portava il fazzoletto attaccato… gli faceva due scocche qua, sempre il fazzoletto portava lo zu Cicciu… cappello, coppola e fazzoletto al collo, sempre questo, sempre così lui…. Ti pare dove era all’Africa? Qua dentro il paese era. Restando tra di noi, io lo vedevo tutte le settimane”. Anche sulla sua conoscenza con don Ciccio giudice e pubblico ministero gli hanno chiesto spiegazioni. La risposta è stata uguale: “Mai incontrato”.

“Ho preso una lepre”

Il racconto di Giambalvo si spostava dal mancato blitz datato nel tempo ad anni più recenti. E stavolta il protagonista, come in una trama cinematografica, diventava Matteo Messina Denaro, l’uomo a cui tutti danno la caccia: “Ma perché con Matteo? Lo sai cosa mi è successo a me? Ora ti dico pure la data, tre anni fa, ero a Zangara a caccia, tre anni, quattro anni precisi, quattro anni, ero a Zangara a caccia, loro raccoglievano olive… raccoglievano olive… prendi… a che non lo vedevo da una vita però ha?”. Martino era sorpreso: “Minchia a quello? Minchia”.

E Giambalvo scendeva nei particolari: “…Senti, ho preso una lepre che era quattro chili e sei, e l’avevo… nella giacca che mi usciva metà di qua e metà di qua, prendi, mentre camminavo filara, filara… lui nel mentre era andato da mio zio Enzo (Vincenzo La Cascia, campiere dei Messina Denaro e sorvegliato speciale ndr)… mio zio gli ha detto, se vuoi andare a sparare vai a sparare, mio nipote sopra l’ho sentito sparare può darsi che qualche coniglio lo ha preso dice, acchianaci”.

Faccia a faccia col capomafia

E si arrivava al faccia a faccia: “…Lui sale a piede da solo, come un folle, sale verso di me, io non lo avevo riconosciuto a primo acchitto, era invecchiato, mi sono detto, ma questo perché minchia mi cammina appresso… poi ho fatto che mi sono ignuniato nelle filara… e mi sono buttato sotto le zucche… lui salendo a me andava cercando, lui perché non mi ha visto più poi ma quando è arrivato di qua a là … mi ci sono alzato, abbiamo fatto mezz’ora di pianto tutti e due… Lillo come sei cresciuto? Lillo… e io mezz’ora di pianto, e mi voleva fottere la lepre con questa piangiuta, ma io gli ho detto, gli ho detto: stiamo facendo mezz’ora di pianto e ti stai fottendo la lepre gli ho detto”.

Rideva di gusto Giambalvo mentre raccontava dell’incontro con l’uomo più ricercato d’Italia. Stava recitando la sua parte fino in fondo. Risate comprese.

“La lepre. Il discorso della caccia, non è vero?”, gli chiese il pubblico ministero. “Se lei mi trova una volta in flagranza di queste cose mi duna 30 anni sono fesserie, tutte fesserie”. E così Giambalvo è stato assolto.


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