Le grandi manovre di Crocetta |e il malcontento dei partiti

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23 Novembre 2012, 06:30

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PALERMO – Chi c’era racconta che dalle prime file del Teatro Zappalà, dove l’altroieri Rosario Crocetta e Pierluigi Bersani sono saliti sul palco, si sono sentiti pochissimi applausi quando il governatore ha preso la parola. Quei posti erano occupati dai big del Pd siciliano. “C’è una certa insofferenza e tanta frustrazione”, riferisce un parlamentare dei democratici off the record. Mugugni che trovano eco anche dalle parti dell’Udc, dove la linea imposta da Crocetta ai partiti, ossia niente deputati o ex in giunta, lascia perplessi. “Qua è diventato un problema chi ha consenso, e va avanti chi rappresenta solo se stesso”, sintetizza con amarezza un parlamentare. È questa l’aria che tira. E l’elenco degli scontenti si allunga a vista d’occhio. Le prime mosse di Rosario Crocetta stanno sortendo questo genere di effetti nei partiti, e non solo. Anche nel sindacato affiora qualche mal di pancia. Prendete la Cisl di Maurizio Bernava. Grandi aperture di credito al neogovernatore il martedì, parole di fuoco il govedì: in mezzo c’è stata l’ufficializzazione del niet da parte del presidente all’ingresso in giunta di Luigi Cocilovo, leader cislino che in campagna elettorale veniva dato tra gli assessori certi di un ipotetico governo Crocetta.

Il presidente continua a fare da sé. Parla non troppo bene dei partiti e nel frattempo mette in cantiere un partito tutto suo, gettando in qualche modo altra benzina sul fuoco. Un piglio decisionista, quello di Crocetta, che ieri si è materializzato nell’annunciata rotazione dei dirigenti. Una piccola rivoluzione, compiuta in solitaria. Anche questo ha destato più di una perplessità nel Palazzo, visto che le nomine e le revoche dei dirigenti sono state fin qui decise dalle giunte e non dal solo presidente. E una giunta Crocetta ancora non esiste visto che in carica non c’è neanche la metà degli assessori. Ma tant’è, Crocetta è partito e con lui la mezza rivoluzione. Un repulisti che ha fatto fuori nomi pesantissimi della burocrazia legati al precedente governo. A partire da un totem come Pietro Tolomeo, dirigente di lunghissimo corso, proseguendo con Biagio Bossone, il quotatissimo manager della Banca Mondiale voluto da Gaetano Armao alla ragioneria generale. E poi Ludovico Albert, l’esterno piemontese con cui si completa la de-Pdizzazione (ci sia consentito il neologismo) dell’assessorato gestito con Lombardo da Mario Centorrino. Revoca anche per Francesco Nicosia, che fu “imposto” suo malgrado a Marco Venturi quando ormai l’assessore targato Confindustria e Lombardo erano arrivati ai materassi. Escono di scena anche un pupillo dell’ex governatore come il giovane Gianluca Galati e il navigato Gesualdo Campo. Game over pure per Marco Salerno, in quel dipartimento Turismo che in questi anni è stato feudo incontrastato dei finiani di Fli, ieri poco entusiasti della mossa del governatore. Al loro posto vengono premiati dirigenti anche al di fuori da logiche di partito, da Dario Cartabellotta e Vincenzo Falgares, un tempo vicini a Totò Cuffaro, a Mariano Pisciotta e Anna Rosa Corsello, quest’ultima certo non lontana nella passata legislatura da Raffaele Lombardo.

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Insomma, anche con queste scelte, Crocetta aumenta la distanza tra sé e la coalizione del suo precedessore, alla faccia delle profezie sui patti delle crocchè. Una strategia che rischia di fare terra bruciata attorno alla non-maggioranza del governatore all’Ars. A meno che, la linea del presidente, che ammicca ogni giorno di più ai toni e ai temi dell’antipolitica, non rafforzi il dialogo con la corposa pattuglia grillina a Sala d’Ercole.

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23 Novembre 2012, 06:30

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