08 Maggio 2014, 06:00
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PALERMO– La corda sta lì. Ancora penzolante dall’alto muro di cinta. Strisce di federe e lenzuola annodate con cura. Per Valentin Frrokaj la corda è il simbolo di una fuga tanto rocambolesca quanto vincente. Almeno per ora. Per chi, invece, nel carcere ci lavora è il segno di una sconfitta. Di una fortezza violata. Pochi minuti. Giusto il tempo che la guardia penitenziaria rispondesse a un bisogno fisiologico. E dell’ergastolano non c’era più traccia. Ce n’è abbastanza per scrivere la sceneggiatura di un film. Peccato, però, che finzione non è. È una storia vera, la storia di un pericoloso uomo in fuga. Un albanese di 36 anni che si è meritato il fine pena mai per avere affondato, nel 2007, la lama di un coltello sul corpo di un connazionale. Non gli perdonò una banale lite degenerata in una bar di Brescia. E quando lo incontrò all’indomani gli piantò il coltello in pancia. Elton Llhao morì dopo pochi giorni di agonia.
A febbraio del 2013 Frokkaj era rinchiuso nel carcere di Parma. Un carcere di massima sicurezza che ospita pure il gotha della mafia palermitana. Eppure, segò le sbarre della cella e si calò anche allora con delle lenzuola. La sua fuga finì sette mesi dopo in un paesino dell’hinterland milanese. Da qui il trasferimento a Palermo, avvenuto in agosto. In questi mesi deve avere avuto un chiodo fisso. Riuscire a scappare. Ed aveva fatto in modo di sembrare un detenuto modello ed era passato da regime di massima ad uno di media sicurezza. La sua condanna prevedeva l’isolamento diurno. Che vuol dire stare da solo anche durante le due ore di passeggio che gli spettano due volte al giorno. E solo era anche ieri quando ha messo in atto il piano di fuga. Su cui ci sono tante, troppe zone d’ombra.
Gli investigatori non usano giri di parole. Si chiedono “come diavolo sia riuscito a scappare”. Mentre decine di poliziotti, carabinieri e finanzieri – tutti i reparti sono mobilitati – gli danno la caccia, si fa la prima ricostruzione della fuga. Frrokaj sta passeggiando in cortile. C’è un agente che vigila su di lui (sarà presto sentito dal pubblico ministero Caterina Malagoli intervenuta sul posto). Anche se di recente l’albanese ha mostrato di rispettare le regole, resta una testa calda. La zona di passeggio si trova sotto la sua cella. Ed è da qui che, probabilmente, ha lanciato la corda con cui è scappato, legandola alle sbarre. Frrokaj aspetta il momento buono. Forse ha studiato le abitudini dei vigilanti. Sa che può capitare che si allontanino per i bisogni fisiologici. Così avviene. Quando la guardia fa ritorno – quanti minuti dopo? – lancia l’allarme.
Cosa è successo durante la sua assenza? L’ergastolano si è arrampicato sul tetto della zona di passeggio. Ci sono tre metri e mezzo di altezza. Ed è saltato giù. A questo punto ha superato un cancello. È un gioco da ragazzi per un uomo altro un metro e 80, atletico e possente. Dinnanzi a lui c’era l’ostacolo più duro. Il muro di cinta, alto più di sette metri. L’albanese ha legato la corda ad un faro dell’illuminazione e si è calato. Gli restava di lasciarsi alle spalla l’ultima cancellata. Lo ha fatto. L’asfalto di viale Regione Siciliana è stata la prima cosa che hanno calpestato i suoi piedi di fuggiasco. E si è dileguato. Verso quale direzione?
E qui entrano in ballo solo ipotesi. Alla sua sinistra c’era e c’è un lunghissimo tratto della circonvallazione di Palermo. Difficile che abbia scelto questa via di fuga. Può avere scelto però di imboccare subito la strada che, percorrendo parallela allo scorrimento veloce per Sciacca, attraversa Villagrazia, Borgo Molara e Aquino. Alla sua destra, un centinaio di metri più in là, c’è una stradina, la via Ponte Corleone Tolentino, che costeggia il fiume Oreto, in un tratto rigoglioso e pieno di anfratti dove nascondersi. Lungo la stradina dissestata ci sono ruderi e costruzioni di fortuna. E pure case abitate. Anche queste sono state battute dai cacciatori. La gente che ci vive confessa di avere “paura” e ha sbarrato gli ingressi. Oppure Frrokaj è scappato attraversando la strada, scegliendo di mimetizzarsi nel dedalo di vie del rione Medaglie d’oro. Una zona popolare di Palermo, piena di gente, a pochi passi dall’Università. Dove poteva magari contare su delle protezioni? Si vedrà. La caccia è aperta e prosegue.
Mentre scriviamo l’albanese ha un alleato in più. L’oscurità. I cani continuano a fiutare. Si spera che siano stuzzicati dall’odore del sangue che Frokkaj ha lasciato sulla corda della libertà. Le indagini partono dal vuoto nella vigilanza. Da quel bisogno fisiologico. Maurizio Veneziano, il provveditore delle carceri siciliane, ha fatto in fretta e furia rientro da Favignana. Ha avviato un’indagine interna, ma nulla può e vuole aggiungere “per rispetto della magistratura che indaga”. Chi invece lancia l’allarme è Mimmo Nicotra segretario generale aggiunto del sindacato della polizia penitenziaria Osapp:”A fronte di 1.200 detenuti al Pagliarelli circa mancano 150 uomini della polizia penitenziaria. Il posto di sentinella era scoperto”. Troppo pochi gli agenti per dare il cambio ad uno di loro che ha bisogno di allontanarsi. Seppure per un bisogno fisiologico. E intanto la corda sta lì. Segno di una fuga rocambolesca. Di una fortezza violata. Di un uomo, un ergastolano, che gira libero per le strade della città. Non era mai accaduto.
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08 Maggio 2014, 06:00