Le idee di Provenzano per il Sud| Investimenti per frenare la fuga - Live Sicilia

Le idee di Provenzano per il Sud| Investimenti per frenare la fuga

Nel rapporto della Svimez un manifesto per rilanciare il Mezzogiorno che si sta svuotando. Ecco cosa prevede.

Il nuovo ministro
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Arriva al governo come ministro del Sud dalla Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. Peppe Provenzano, 37enne sancataldese del Pd, ne è il numero due, accanto a Luca Bianchi, già assessore regionale all’Economia in quota Pd con Rosario Crocetta. Quello di Provenzano è un profilo marcatamente di sinistra nel Pd. Il giovane economista polemizzò con la gestione renziana del partito in Sicilia e, apprezzato da Nicola Zingaretti, da lui è stato cooptato nella segreteria del Nazareno con la delega al Lavoro. Ora, il Pd lo ha scelto come ministro per il Sud. Avrà a che fare con uno dei dossier più complessi e drammatici per il governo Conte bis e la strana alleanza tra quelli del #maicolpd e quelli del #senzadime, cioè appunto il Mezzogiorno. Che vive una delle stagioni più difficili e oscure dal dopoguerra, con indicatori tragici e con un nuovo fenomeno migratorio di massa. Una realtà perfettamente fotografata proprio dall’ultimo rapporto Svimez, che ha reso efficacemente la portata dell’emergenza della questione meridionale, dimenticata dai media e oscurata in questi mesi dal dibattito su temi come l’immigrazione e la sicurezza, dettati nell’agenda dall’abile propaganda leghista di Matteo Salvini.

“Il Mezzogiorno è stata la mia professione, sarà per sempre la mia vocazione. L’impegno è ora di svolgere questa alta funzione con disciplina e onore”, ha scritto Porvenzano su facebook alla notizia del suo ingresso nel governo.

Ma cosa c’è da aspettarsi dal nuovo ministro del Sud? Di certo, è noto l’approccio molto critico di Provenzano al regionalismo differenziato, il processo avviato dal Pd renziano a trazione nordista e poi diventato bandiera della Lega, che attribuirebbe a Veneto e Lombardia una ampia autonomia sotto forme che secondo i critici accrescerebbero drammaticamente il gap tra il Nord ricco e il Sud sottosviluppato. E d’altro canto, basta scorrere la nota di presentazione delle anticipazioni dell’ultimo rapporto Svimez per capirne di più delle idee del nuovo ministro sul tema: “Invece di perseguire soluzioni ‘per parti’ – si legge nel documento Svimez -, che contengono germi di contrapposizione territoriale che favoriscono gli opposti rivendicazionismi (come la riduzione dei salari al sud o l’autonomia differenziata), occorre mettere in campo, da subito, un insieme di strumenti incisivi per il rilancio degli investimenti pubblici (a partire da un’attuazione piena del principio di riequilibrio territoriale sancito con la clausola del 34% e dall’avvio di una forte perequazione infrastrutturale), in un’ottica di integrazione e reciproci vantaggi tra le aree del Paese”.

Poche righe che sono già un piccolo manifesto per una nuova stagione che finalmente possa vedere attuata la parte della riforma federalista rimasta carta straccia, che poi, guarda caso, era proprio la parte inserita a salvaguardia dei territori più deboli. Ossia la perequazione infrastrutturale e i “lep”, i “livelli essenziali di prestazione”, che garantiscano l’uguaglianza per evitare che ci siano, come ci sono oggi, italiani di serie A e serie B.

Scriveva solo poche settimane fa la Svimez di Bianchi e Provenzano: “La priorità di un nuovo “Stato strategico e innovatore”, dev’essere orientata all’incremento della dotazione di infrastrutture economiche, ambientali e sociali, all’investimento nel capitale umano e nelle politiche di innovazione per le imprese”. Quegli investimenti pubblici che, mette in evidenza la Svimez, ormai da anni sono più abbondanti in termini di somme pro capite al Nord rispetto al Sud, una follia, con il pubblico che veste i panni di un odioso Robin Hood al contrario. “L’urgenza è di fronteggiare le emergenze occupazioni e sociali”, scriveva la Svimez. Emergenze che sono quelle della disoccupazione, soprattutto giovanile, e dell’emigrazione, soprattutto giovanile e soprattutto di laureati. Che se ne vanno altrove, in massa. Proprio come ha fatto Peppe Provenzano. Un processo che sta svuotando il Sud, di giovani e di speranza, trasformandolo lentamente in un ospizio povero, incolto e non qualificato.

Su questi temi, perequazione infrastrutturale e investimenti, il governo regionale della Sicilia ha incalzato quello nazionale, avviando un confronto che la caduta dell’esecutivo grilloleghista ha interrotto. Ora che Conte si è trasformato da premier di un esecutivo di destra populista a leader di un governo progressista, con un cambio d’abito così veloce che manco Arturo Brachetti, Peppe Provenzano dovrà sperimentare la differenza che corre tra la teoria del lavoro dell’economista e la pratica del lavoro del politico. Dal Sud dimenticato non possiamo che augurare al ministro-emigrante che il passaggio dalle buone idee alle buone pratiche sia rapido ed efficace.


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