Inchiesta sui bilanci di Buzzanca| La paura della politica messinese - Live Sicilia

Inchiesta sui bilanci di Buzzanca| La paura della politica messinese

Palazzo Zanca, sede del Comune di Messina

L’avviso di conclusione delle indagini dal parte del procuratore aggiunto Ada Merrino e il sostituto Antonio Carchietti riguarda solo uno dei fascicoli giudiziari che turbano i sonni di chi fa o ha fatto politica a Messina. Come spiega il numero di "S" attualmente in edicola il ciclone giudiziario che potrebbe lasciare sul campo nuove “vittime” è solo all'inizio.

palazzo zanca
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MESSINA – L’avviso di conclusione delle indagini è solo il primo passo. Ma il ciclone giudiziario che potrebbe lasciare sul campo nuove “vittime” della politica messinese, come il numero di “S” attualmente in edicola spiega nel dettaglio, è appena iniziato. L’inchiesta che ha portato il procuratore aggiunto Ada Merrino e il sostituto Antonio Carchietti a notificare 73 avvisi all’indirizzo di altrettanti consiglieri comunali, amministratori, funzionari e revisori del Comune di Messina è solo uno dei fascicoli giudiziari che turbano i sonni di chi fa o ha fatto politica a Messina: accanto all’inchiesta della Procura, che riguarda i bilanci dal 2009 al 2011, si muove infatti un’altra inchiesta della Corte dei conti che sta cercando di fare chiarezza sui debiti fuori bilancio maturati fra il 2010 e il 2012.

Il reato che la Procura di Messina ipotizza nei confronti dei 73 indagati è di falso in atto pubblico. Il falso – secondo l’ipotesi d’accusa – sarebbe stato commesso nella redazione e nell’approvazione dei bilanci del Comune sotto la guida di Giuseppe Buzzanca, finiti sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Messina. Sul registro degli indagati, così, oltre all’ex sindaco, sono finiti Francesco Aiello, Paola Bianchi, Vincenzo Schiera, Giuseppe Scalici, Antonio Amato, Placido Bruno, Salvatore Magazzù, Francesco Mondello, Diane Litrico, Carmelo Famà, Santi Alligo, Giancarlo Panzera, Giuseppe Terranova, Marcello Greco, Pietro Iannello, Paolo Saglimbeni, Roberto Nicolosi, Calogero Ferlisi, Attilio Camaioni, Carmelo Altomonte, Giovanni Caminiti, Domenico Manna, Romolo Dell’Acqua, Antonella Cutroneo, Antonino Cama, Natale Maurizio Castronovo, Dario Zaccone, Giuseppe Previti, Antonio Restuccia, Mario Rizzo, Salvatore Serra, Roberto Sparso, Antonio Spicuzza, Sebastiano Tamà, Salvatore Ticonosco, Giuseppe Trischitta, Giacomo Leotta, Giovanni Bruno, Ferdinando Coglitore, Giuseppe Rao, Giuseppe Isgrò, Giuseppe Corvaja, Pinella Aliberti, Giuseppe Puglisi, Carmelo Capone, Gianfranco Scoglio, Dario Caroniti, Elvira Amata, Carmelo Santalco, Orazio Miloro, Giovanni De Leo, Giuseppe Mauro, Roberto Aricò, Giuseppe Capurro, Antonino Carreri, Giuseppe Chiarella, Bruno Cilento, Giovanni Cocivera, Carmelo Conti, Giovanna Crifò, Antonio Fazio, Giuseppe Magazù, Giuseppe Melazzo, Vincenzo Messina, Giorgio Muscolino, Domenico Donato, Domenico Maesano, Filippo Ribaudo, Giuseppe Ansaldo, Angelo Burrascano, Gaetano Caliò e Ivano Cantello.

Gli atti amministrativi sui quali sta indagando la Procura, come spiega “S” in edicola, sono i bilanci degli anni 2009, 2010 e 2011. Tra gli indagati, infatti, spiccano i nomi dell’ex sindaco e di quasi tutti i suoi assessori (esclusi solo Giovanni Ardizzone e Fortunato Romano). Un ruolo-chiave nell’inchiesta lo sta avendo il consulente nominato dalla Procura a fine 2012 e che per mesi ha spulciato tutti i conti di Palazzo Zanca. Il perito Vito Tatò, dirigente dei Servizi ispettivi di Finanza pubblica del ministero dell’Economia e delle Finanze, sta analizzando tutti i documenti acquisiti al Comune di Messina e dall’esito della sua perizia dipenderà la sorte delle persone indagate.

A dare l’impulso alla doppia inchiesta è stato l’ex commissario straordinario di Palazzo Zanca, Luigi Croce, che all’indomani del suo insediamento, dopo le vibranti polemiche sui conti del Comune, inviò tutta la documentazione alla Corte dei Conti e per conoscenza alla Procura della Repubblica di Messina. Una decisione che fu preceduta da un’infuocata conferenza stampa, nel novembre del 2012, durante la quale si ipotizzò che la massa debitoria del Comune di Messina fosse di circa 350 milioni di euro. Un buco nei conti che non avrebbe consentito all’amministrazione comunale di andare avanti, se non dichiarando il default. L’ex procuratore capo di Messina riuscì comunque a scongiurare l’ipotesi del fallimento perché ci fu il soccorso della politica regionale con l’impegno di Crocetta di “impinguare” le casse comunali di Messina. Anche il governo nazionale varò la norma “salva-Comuni”. Le cifre della massa debitoria furono contestate dall’allora amministrazione Buzzanca e definite addirittura fantasiose. Una posizione che la difesa dell’ex sindaco mantiene tuttora: per Buzzanca, infatti, non c’è stato alcun falso, e la valutazione del buco è sovradimensionata.

L’altro capitolo, però, riguarda il dettaglio delle spese: la Corte dei Conti ha focalizzato la propria attenzione sui debiti fuori bilancio che sarebbero la causa della situazione di sofferenza finanziaria del Comune di Messina. Ma ci sarebbero anche i debiti latenti, ovvero quelli potenziali: si tratta delle cause pendenti, il cui ammontare secondo la Corte dei Conti sarebbe di circa 350 milioni di euro. Su questo aspetto, comunque, i magistrati contabili usano molta cautela e riferiscono che le cifre sono state comunicate dall’organo di revisione del Comune di Messina e confermate dall’attuale amministrazione comunale. Alla quale, però, è stato notificato un deferimento, perché gli uffici comunali, durante l’amministrazione Accorinti, non avrebbe prodotto in fase di istruttoria i documenti contabili necessari per fare chiarezza. Sullo sfondo, un’imposizione: l’obbligo per il Comune di sospendere i programmi di spesa non indispensabili. Per un’amministrazione che ormai da anni è sempre a un passo dal fallimento.


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