Le intercettazioni | della discordia

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16 Luglio 2012, 14:17

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Solo che io, io per adesso, posso parlare col presidente però perché se l’è presa a cuore, se l’era presa a cuore la questione”. È questa l’intercettazione madre tra il consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino (nella foto). É il 5 marzo scorso e Mancino vuole evitare a tutti i costi un confronto in aula con l’ex guardasigilli Claudio Martelli, così come aveva chiesto il pm Nino Di Matteo durante il processo Mori-Obinu. Lo stesso procedimento dove pochi giorni prima Mancino aveva deposto finendo indagato per falsa testimonianza. “L’unico che può dire qualche cosa è Messineo, l’altro è Grasso” ricorda l’ex esponente della Dc a D’Ambrosio. Che lo tranquillizza subito: “Va bene, io adesso sento il presidente”. Il riferimento diretto é al Capo dello Stato Giorgio Napolitano che, secondo le parole di D’Ambrosio, ha preso a cuore la questione di Mancino, preoccupatissimo di finire inquisito nell’inchiesta sulla trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Talmente preoccupato che continua a chiamare D’Ambrosio chiedendo di fare intervenire Napolitano.

“Stiamo ragionando, ma il presidente è orientato a fare qualcosa” dice D’Ambrosio il 3 aprile. E qualcosa dal Quirinale si muove poco dopo, quando dal Colle viene inviata una lettera al Pg della Cassazione, per chiedere un sostanziale “coordinamento” tra le indagini di Firenze e Caltanissetta (dove Mancino non è indagato) e quelle di Palermo. “Non è una cosa solo di Marra (il segretario generale del Quirinale) l’ha detto lui (Napolitano n.d.r.): io voglio che la lettera venga inviata, anche con la mia condivisione” spiega D’Ambrosio sottolineando che “il presidente l’ha letta prima di mandarla”. Poi consiglia a Mancino di parlare direttamente con Napolitano: “lei può dire parlando informalmente con il Presidente, perchè no?”.

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È a quel punto che probabilmente Mancino alza il telefono per parlare direttamente con Napolitano. Solo che quelle conversazioni rimangono incise nelle bobine della Dia, che intercetta l’ex ministro da qualche mese. Le telefonate con Napolitano peró sarebbero irrilevanti, visto che non verrano mai trascritte o acquisite in alcun fascicolo. Per il Presidente della Repubblica quelle intercettazioni mai trascritte sarebbero comunque lesive delle prerogative attribuitegli dalla Costituzione. Cosa si siano detti lui e Mancino al telefono rimarrà un mistero, visto che oggi il Quirinale ha sollevato un conflitto d’attribuzione contro la procura di Palermo davanti la Corte Costituzionale. Napolitano quindi sostiene che il Capo dello Stato non può essere intercettato neanche in maniera indiretta, e cioè mentre parla con una terza persona sottoposta ad indagini come Mancino.

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16 Luglio 2012, 14:17

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