Le mani della mafia sull’Alcantara |Equilibri e tensioni tra clan

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27 Novembre 2017, 06:02

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MESSINA. Estorsioni, appalti pubblici e traffico di droga. Questi i principali affari gestiti nei comuni della Valle dell’Alcantara dalle tre cosche mafiose operanti. Un vero e proprio patto di non belligeranza consentiva alle famiglie Santapaola, Laudani e Cappello, tramite le proprie articolazioni locali, di spartirsi i proventi degli affari illeciti. Tre le figure di riferimento, ultimi boss dell’area ionico etnea: Paolo Brunetto, di Fiumefreddo di Sicilia, Paolo Di Mauro, di Piedimonte Etneo, e Antonino Cintorino, di Calatabiano. Questo il quadro che emerge dagli atti dell’inchiesta “Fiori di pesco”, condotta dai carabinieri della Compagnia di Taormina sotto la direzione della Dda di Messina, sfociata in un’ordinanza di custodia cautelare per 12 soggetti.

Ad estendere in modo più capillare nel tempo il proprio controllo sul territorio sarebbe stato il clan Brunetto, tramite il proprio referente nelle zone di Mojo Alcantara, Malvagna, Roccella Valdemone, Motta Camastra e Francavilla di Sicilia, Vincenzo Pino, impiegato comunale a Malvagna. A rappresentare gli interessi du’ prufissuri, Paolo Di Mauro, negli stessi Comuni sarebbe stato invece Giuseppe Minissale. Meno forte la presenza del clan Cintorino, soprattutto dopo l’arresto del boss. Gli equilibri sin lì stabili stavano via via saltando. 

Iniziavano così le fibrillazioni tra i gruppi contrapposti, come nel caso in cui i vertici catanesi legati al clan Cintorino avrebbero lamentato il mancato arrivo di denaro proveniente dagli affari condotti in zona. E’ Giuseppe Minissale, in una conversazione con il nipote Carmelo Pennisi, quest’ultimo per propria ammissione affiliato al clan Cintorino, a spiegare le logiche della spartizione. (Pennisi non risulta tra gli indagati dell’inchiesta Fiori di pesco). 

Pippo Minissale: …i due Paoli non c’erano, come poi si sono riuniti: alt…perché Piedimonte e Fiumefreddo, e Calatabiano non c’è?! Io non so a chi vanno Carmelo. 

Carmelo: Certo! 

Pippo Minissale: …e non mi interessava neanche saperlo, perché possibilmente che io li portavo in un posto dici: ce li teniamo che sono tutti nostri. Bo, vuol dire che… 

Carmelo: io te li ho portati… 

Pippo Minissale: …ha le sue ragioni 

Carmelo: …ma io te li ho portati 

Pippo Minissale: …siccome io non vorrei avere…queste brighe. Bo…dopo sta entrando pure…No dice gli dobbiamo dare la parte a Cintorino (detto a bassa voce). A me…non mi interessava perché io niente stavo prendendo se stavano dividendo in due, se ne dividevano in tre, …completamente…e stanno sistemando (“bissannu”). Se tu ci permetti, siccome io non so…le procedure che vanno fuori di questo cazzo di paese. 

Il clan Brunetto in quella fase stava cercando probabilmente di estendere la propria sfera di influenza sul territorio, invitando anche affiliati di altri clan a cambiare gruppo. E’ Carmelo Pennisi a raccontare allo zio di aver ricevuto “pressioni” in tal senso, ma di essere determinato a rimanere fedele ad Antonino Cintorino. 

Carmelo: …Io non me la sentirei mai di fare quello che dice “baffo” (ndr. Lomonaco Vincenzo) perché onestamente, è una vita…che ho bazzicato in un posto, non mi permetterei mai a fare una cosa del genere, ma non per qualche cosa anche per dignità mia personale 

E poi ancora. 

Carmelo: dice: vieni da noi altri e la cosa la sistemiamo…Un’altra cosa gli ho detto io…gli ho detto: io cammino per Nino… 

Pippo Minissale: certo… 

Carmelo: …attenzione 

Pippo Minissale: …si (incomprensibile) 

Carmelo: gli ho detto : io sono cosa sua! 

In un’altra conversazione, ancora tra Giuseppe Minissale ed il nipote, emerge la contrapposizione tra i diversi gruppi criminali soprattutto nel campo delle estorsioni. Il primo lamentava l’atteggiamento “concorrenziale” e non collaborativo mostrato da alcuni esponenti del clan Brunetto, che avrebbero agito senza il necessario coordinamento. 

Minissale: e ascolta, vedi che una persona, prima che ci cerchi soldi a un altro devi sapere che quello ce li ha per davvero! No, che io, perché vedo che, vedo a mio nipote che porta il giubbotto firmato siete convinti che ha i soldi, perché quel giubbotto glielo posso pure regalare…o no? 

Carmelo: Bravo! È così, come veduta io la penso uguale alla tua, non si scappa! 

Minissale: ad ogni modo…Questi qua…che quando hanno cominciato mi hanno detto: “Lo sai, ora noi altri, botteghe, macellerie, bar”. Ascolta! Vedi che tu, botteghe, macellerie, bar…tu non sai se sono amici miei o sono amici di un altro. Prima che tu ti permetti di fare un qualcosa, prima parlane. 

Tensioni mai sfociate in vera e propria guerriglia per l’indiscussa capacità di mediazione riconosciuta ai boss di riferimento, Paolo Brunetto e Paolo Di Mauro.

 

 

 

 

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27 Novembre 2017, 06:02

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