Caso Grasso, caso Cappellani | Due pesi e due misure

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10 Gennaio 2015, 13:09

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Ultimissime dalla Buttanissima (Sicilia). Due notizie parallele: la signora Valeria Grasso, titolare di sale da ginnastica a Palermo, nota per l’impegno anti-pizzo, ha avuto divelta l’insegna di una sua palestra. Ottavio Cappellani, scrittore, è stato picchiato la notte di Capodanno a Noto.

Celebrato autore di “Sicilian Tragedi (tradotto per il mercato internazionale e segnalato da David Leavitt sul New York Times tra i migliori romanzi), Cappellani ha avuto ucciso il proprio adorato cavallo, gli è stato bruciato un carrubo e gli hanno sradicato – con tanto di trattore entrato nella proprietà, nelle campagne di Noto – la coppia di ulivi secolari davanti casa, giusto per sfregio, giusto per convincerlo ad andarsene via da tutta quella terra dove lui, alla morte del padre, è voluto tornare per farla vieppiù bellissima (e dove loro, i malacarne, padroni del pascolo abusivo, la vogliono deprezzata e bruttissima).

L’episodio della Grasso, in una città coi nervi a fior di pelle qual è Palermo, è stata immediatamente raccontata come intimidazione mafiosa. Già sotto scorta, s’è ritrovata con doppia scorta. La vicenda di Cappellani, invece – dove ogni episodio sembra mutuato dalle pagine de Il Padrino di Mario Puzo – con l’eccezione di LiveSicilia che ha ospitato una lettera dello scrittore, passa ancora sotto silenzio. La notizia se ne scivola via come da una spalla stanca se perfino le forze dell’ordine, nel disbrigo del fattaccio, hanno detto a Cappellani “ha tre mesi di tempo per sporgere denuncia”.

Ove si dimostra – si potrebbe dire – che Cappellani non risulta iscritto all’albo d’oro dell’araldica dell’anti-mafia di carriera. Lo sanno anche le pietre, e anche i bambinetti delle scuole di Sicilia visitate da Matteo Renzi, che spesso, nella moltiplicazione delle minacce e delle intimidazioni, più dei pani e dei pesci si fa mercato dell’allarme e della conseguente retorica. Nonostante l’esperienza insegni che dietro la casualità si apposti, in agguato, una ghiotta opportunità, nel clamore dell’aita si sorvola sempre su un fatto. E ciò è che certi politici – capaci di tutto, perfino di piegare l’urgenza della lotta alla mafia alla propria micragnosa carriera – superano i momenti difficili grazie a intelligentissimi mafiosi abili e disponibili a trasformarsi per loro in servi di scena in cotanta commedia.

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Valeria Grasso, con la sua sincera storia di lotta al pizzo, ebbe a suo tempo un risarcimento morale da Rosario Crocetta. Nominata al vertice dell’Orchestra Sinfonica Siciliana – malgrado il dissenso autorevole di artisti e titolati in materia quali Franco Battiato e Gioacchino Lanza Tomasi – è stata tacitamente defenestrata dall’Ente senza che il suo curriculum civile potesse supplire alla manifesta incompetenza in tema di pentagramma. Non può neppure immaginarsi che la signora ricorra a mezzucci per ritornare in campo ma è certo che un automatismo – uno spontaneo gemmare di solidarietà pelose – prescinda perfino dall’opportunità di indagare sulle minacce e beccare i criminali, perché nel veicolare la notizia è già immediato il ricavo di un utile tutto politico. Viene diffusa la notizia e subito insorge il cerchio magico: “Non cederemo, indietro non si torna, non abbiamo paura”. Tutto questo nel frattempo che Ottavio Cappellani – un cavallo ucciso, un carrubeto incendiato, due olivi secolari sradicati e non una targa divelta ma tante botte a Capodanno – vive nell’incubo. E con il silenzio addosso.

Ecco, non è il caso della signora ma Rosario Crocetta – governatore di Sicilia, conclamato eroe dell’antimafia – ha tutta una casistica di minacce dove tra il vero e il verosimile ormai prende il sopravvento il fac-simile. Al Parlamento europeo, dove fu anche deputato, Crocetta fece richiesta di entrare in aula accompagnato dalla scorta. “Suvvia, onorevole, abbiamo garantito la sicurezza di Sua Santità”, gli fu detto, “anche del presidente degli Stati Uniti e perfino, a suo tempo, di Arafat”. Nella fenomenologia delle minacce di mafia ad uso dei carrieristi dell’antimafia – comprensiva di lettere con bossoli, bossoli senza lettera, telefonate anonime, anonimi senza telefonate, teste di capretti e capretti senza testa – lui fa tesi, antitesi e sintesi. L’ultima minaccia gli è stata recapitata a dicembre. Alle 06,16 del dicembre appena trascorso – nell’orario proprio dei lattai, dei panificatori e dei minacciatori – un killer, senza tema di farsi rintracciare, ha chiamato direttamente il 113 ma per questa volta, consapevole del fuori scena, Crocetta non ha potuto che lodarne l’inventiva: “Sono i miei auguri di Natale”. A Cappellani, nessuno lo dice, hanno però fatto quelli di Capodanno.

 

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10 Gennaio 2015, 13:09

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