03 Ottobre 2012, 07:30
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PALERMO- Pippo Gianni, con quel suo baffo birbante, anni fa scatenò un putiferio per quel commento poco oxfordiano sulle quota rosa di cui all’epoca discuteva il Parlamento. Non lo riportiamo qui, perché è ormai storia e perché il politico siracusano ebbe in seguito a scusarsi per quella frase in vernacolo. Eppure, a leggere le cronache politiche di questi giorni, viene subito da ripensare a quel giudizio, in qualche modo profetico. Perché in effetti, in questi giorni, le fantomatiche quote rosa alla siciliana (in particolare quelle che prevedono l’alternanza uomo-donna nel listino del presidente) stanno “scassando”, eccome, anche se il complemento oggetto non è quello della massima incriminata, ma sono i partiti. Nei quali si litiga, e parecchio, per le scelte legate ai listini.
L’aria si è fatta molto pesante soprattutto nel Pdl, per l’esclusione all’ultimo momento della leader del movimento giovanile Carolina Varchi. Lei non l’ha presa bene, e così i giovani berluscones dalle Alpi a Lampedusa, che per giorni hanno intasato Twitter con messaggi di solidarietà e proteste rivolte ai vertici del partito. “Qualcuno deve spiegarmi perché la Minetti può essere candidata al Consiglio regionale della Lombardia e io, che ho studiato, mi sono laureata, che ho un lavoro mio e che faccio politica da sempre, che mi pago i biglietti dei treni per andare a fare iniziative, devo restare fuori dalle liste siciliane”, lamenta la Varchi in un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera. Simona Vicari, commissario del Pdl a Palermo, le ribatte che se voleva poteva comunque candidarsi nelle liste provinciali, senza il “paracadute del listino del presidente”, “un pessimo esempio per le giovani generazioni, che non dovrebbero avere paura di misurarsi”, aggiunge la senatrice. In effetti, nell’intervista che la stessa Varchi rilasciò a chi scrive tre mesi fa sul mensile I love Sicilia, la stessa auspicò di candidarsi “ma con le preferenze”. Oggi qualcosa è cambiato, forse, eppure resta il fatto che il listino era stato prima proposto alla Varchi dal partito, che poi la ha lasciata fuori, preferendole due misconosciute candidate, la giovane Cettina Spataro, il cui è inserimento è stato salutato dal dominus del Pdl trapanese Tonino D’Alì come “un riconoscimento per il Pdl” della provincia, e la docente Tiziana D’Anna, da Bronte, vicina al senatore Pino Firrarello.
Sì, perché alla fine, la legge dovrebbe tutelare le donne, ma sono pur sempre gli uomini a piazzarle. E fanno e disfanno a loro piacimento. Nel Pd, per esempio, c’è rimasta malissimo Monica Alagna, membro della direzione provinciale di Trapani vicina all’area Mattarella, in ballo fino all’ultimo per un posto nel listino che invece alla fine è toccata ad Antonella Milazzo, dirigente locale indicata dalla corrente Innovazioni. Apriti cielo. La Alagna ha vergato un comunicato infuocato in cui con toni apocalittici se la prende con “l’onnipotente senatore Papania, che da anni tiene in ostaggio con logiche staliniste il partito di Trapani”. Le ha risposto una lettera firmata da un elenco di dirigenti locali del partito lunga come la lista della spesa in cui sostanzialmente la si invitava a star buonina, per evitare di “trasformare la campagna elettorale in una sterile guerra tra bande”.
Insomma, questa è l’aria che tira. E non è certo la prima volta che le signore piazzate nella riserva indiana delle liste bloccate scatenano polemiche. Senza scomodare la Minetti che imporrebbe di travalicare i confini regionali, si può pensare ai mal di pancia che suscitò la candidatura nelle liste bloccate di Gabriella Giammanco, giovane giornalista del Tg4 di Fede, nominata a sorpresa alle ultime Politiche dal Pdl di Berlusconi, che le inviò un affettuoso (e innocente) bigliettino intercettato dai fotografi alla prima seduta della Camera. In quella stessa tornata elettorale nel Pd si scatenò un terremoto: la sera prima della chiusura delle liste, nella “brutta copia” del Pd c’erano i nomi dei prescelti, con una riga in cui si leggeva “Donna Cardinale”. Ossia, in quella casella, Totò Cardinale avrebbe dovuto piazzare una signora, espressione della sua corrente. La notte portò consiglio al gioviale ex ministro, che pensò che una donna in gamba l’aveva in casa, regalando alla figlia Daniela, allora ventiseienne, un posto in Parlamento: cuore di papà. Oggi, quattro anni dopo, per le quote rosa si torna a litigare. Ma non val la pena di stupirsi tanto: alle prossime elezioni ricapiterà ancora. Con buona pace di Pippo Gianni.
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03 Ottobre 2012, 07:30