09 Luglio 2019, 20:23
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PALERMO – Nel 2018 erano 142, quest’anno sono 124 e potrebbero ancora diminuire. Il numero delle misure di protezione in Sicilia potrebbe subire una ulteriore riduzione in seguito alla razionalizzazione delle scorte prevista dalla nuova direttiva firmata dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Quarantanove i dispositivi che saranno eliminati a livello nazionale in un anno, con tagli alle auto blindate e 203 agenti che saranno destinati ad altri servizi.
Tra le misure di tutela personale che potrebbero essere definitivamente revocate nell’Isola, quella al noto chef palermitano Natale Giunta, che nel 2012 denunciò e fece arrestare i suoi estorsori. All’epoca, la tutela era stata garantita a livello nazionale, poi fu limitata al territorio regionale. Nel maggio 2018 è però stata revocata dalla Prefettura di Palermo e dall’’Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale. A distanza di quasi un anno, le misure di protezione dovevano essere ripristinate, così come deciso dal Tar del Lazio, ma dopo tre mesi è arrivato un nuovo “no” dal Ministero dell’Interno: Giunta non è più stato ritenuto in pericolo.
“Dall’istruttoria svolta in sede locale ed a livello centrale – ha comunicato il 10 giugno l’Ucis allo chef – non sono emersi specifici indicatori di rischio riconducibili alle ipotesi di pericolo o minaccia, né ulteriori elementi informativi che inducano a ritenere necessario il mantenimento dei dispositivi”. Insomma, il Tribunale Amministrativo del Lazio aveva dato ragione a Giunta a marzo, ma la decisione è stata nuovamente messa in discussione. La sentenza del Tar era arrivata dopo il ricorso presentato dallo chef e dal suo avvocato, Maria Geraci, lo scorso luglio: le misure di protezione di cui Giunta beneficiava dal gennaio 2012 erano state sospese a maggio, ma da allora, minacce e intimidazioni non sono mai finite.
Lo chef noto per la sua partecipazione alla trasmissione televisiva “La Prova del cuoco”, ha infatti continuato a denunciare alle forze dell’ordine episodi molto preoccupanti e in seguito alle ultime vicende ha chiesto di essere ascoltato in Commissione nazionale antimafia, audizione prevista nel tardo pomeriggio di oggi. “E’ una strada insidiosa – commenta Giunta – in cui tanti aspetti non sono ancora chiari. I giudici del Tar mi avevano dato ragione, c’era una sentenza esecutiva. Ma tre giorni prima il prefetto di Palermo ha avviato il procedimento per togliermi la scorta. In pratica c’è chi se ne infischia di ciò che dice una sentenza che ribadisce l’attuale pericolo per la mia incolumità, ma non mi spiego il perché. Io e il mio avvocato abbiamo tra l’altro avuto molte difficoltà ad accedere agli atti in prefettura, ne siamo entrati in possesso soltanto da pochi giorni. Mi stupisce molto il fatto che non ci sia cenno di alcuni gravi episodi che ho denunciato, come quello che riguarda la busta con un proiettile che mi è stata recapitata. Non vengo considerato in pericolo, ma io ho paura. La mia vita personale e professionale – sottolinea – è stata stravolta da continui eventi e minacce che mi hanno lasciato profonde ferite, ma io sono un cittadino onesto e non omertoso che non si piega alla mafia ma denuncia. Salvini dice di esser impegnato per garantire la sicurezza per chi è davvero a rischio? Bene, io lo sono. Il resto è soltanto propaganda politica. Ogni caso deve essere valutato singolarmente”.
Intanto, a dare parere positivo alla nuova direttiva del ministro dell’Interno, c’è Pasquale Guaglianone, Segretario Generale Provinciale di Palermo LeS, Libertà e Sicurezza Polizia di Stato, che mette però in guardia da alcuni rischi propone però qualche modifica: “Accogliamo con favore la decisione di Matteo Salvini di razionalizzare i dispositivi di scorta attualmente in vigore sul territorio nazionale. Però ci sono delle considerazioni da fare. In un’epoca profondamente mutata rispetto a qualche decennio fa, quando lo Stato ha dovuto necessariamente proteggere molte personalità giudicate ad alto rischio, ben si colloca una revisione dei criteri d’assegnazione delle scorte nell’ottica di ottimizzare le risorse economiche ed umane attualmente messe a disposizione delle personalità protette. A questa esigenza si aggiunge però – sottolinea – una riflessione circa il vero significato del termine “ottimizzazione” che certamente merita un discorso più ampio e profondo, se non altro ad evitare che il tutto si traduca in “tagli” indiscriminati in un’ottica di mera necessità numerica dettata dal principio di recuperare uomini da impiegare in attività diverse. Ad oggi i livelli di protezione sono 4: per il primo ed il secondo livello è prevista la presenza di un adeguato numero di operatori (vere e proprie scorte); il terzo livello prevede un solo uomo delle forze dell’ordine a cui, per esempio, attualmente viene affidata la protezione di molti magistrati; il quarto livello è composto da due uomini addirittura senza auto blindata! In un contesto di verifica globale, appare evidente come questi ultimi due livelli di protezione (terzo e quarto), non siano in grado di offrire una protezione efficace: riteniamo perciò sia giunta l’ora delle decisioni, in un senso o nell’altro. Garantire, in altri termini, l’effettiva protezione agli attuali destinatari delle misure di sicurezza – conclude – o stabilire piuttosto che, gli stessi, non necessitino di alcuna protezione”.
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09 Luglio 2019, 20:23