10 Novembre 2017, 11:54
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PALERMO – “Le nostre scuole non sono aziende, la cultura non si vende”. Basterebbe questo slogan, gridato stamattina tra le vie del centro di Palermo, per comprendere il senso della terza manifestazione degli studenti dall’inizio dell’anno scolastico. Hanno partecipato allo sciopero generale indetto dall’Unione sindacale di base (Usb), Cobas e Unicobas “contro le politiche economiche e sociali del Governo italiano e dell’Unione europea”. Clicca qui per guardare le foto del corteo a Palermo.
Insieme a loro sono scesi in piazza gli insegnanti e i lavoratori precari della scuola, ma anche i rappresentanti di tutte le categorie pubbliche e private, dalla sanità ai trasporti. Per un giorno la scuola si è fermata. E ancora una volta gli studenti delle scuole superiori e delle Università hanno rivendicato la riduzione del costo dei libri di testo e agevolazioni per i trasporti, strutture scolastiche più moderne e sicure ma, su tutto, un progetto “serio” di alternanza scuola lavoro. Si sono dati appuntamento stamattina alle 9 a piazza Croci e attraverso via Libertà e Corso Ruggero Settimo, sono arrivati in via Cavour davanti la sede della Prefettura. Qui una delegazione di studenti, insieme ai rappresentanti dei lavoratori pubblici e privati, sarà ascoltata dal Prefetto di Palermo.
“Siamo scesi in piazza per rivendicare il diritto allo studio che viene calpestato ogni anno”, spiega Matteo Sammartano, 17 anni, studente dell’istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III di Palermo. Annalisa Laudicella, invece, di anni ne ha 19 e fa parte dell’assemblea studenti universitari e medi in lotta. Lei punta il dito contro l’alternanza scuola lavoro, la contestata norma introdotta dal decreto 107, passato alle cronache come la “Buona scuola”. Una norma che avrebbe dovuto preparare gli studenti al mondo del lavoro e che invece è vissuta come “un’occasione di sfruttamento per le aziende”. Prevede che gli studenti dei licei trascorrano 200 ore in tre anni all’interno delle aziende, una quota che sale a 400 per gli istituti tecnici. “Che formazione si può avere – protesta Annalisa – se si fanno le fotocopie o i camerieri al Mac Donald’s? Vogliono portarci alla precarietà. Noi vogliamo riprenderci quel futuro che stanno tentando di rubarci”.
Una posizione ribadita anche da Luigi Del Prete di Usb, che cita l’esempio delle Vie dei Tesori, la manifestazione culturale in cui molti studenti hanno fatto da guida all’interno di musei ed edifici storici di Palermo. “Hanno tolto il posto ai tanti lavoratori precari delle associazioni e delle cooperative di settore, in cambio di una falsa formazione. L’alternanza dovrebbe essere uno strumento di affiancamento ai lavoratori e non di sostituzione”.
Giorgia Listi, fa parte dei Cobas, ed è alla testa del corteo. Con il microfono in mano, accusa le politiche governative che, secondo lei, da anni riducono i finanziamenti e vorrebbero trasformare la scuola in un’azienda: “L’unico diritto che gli studenti rivendicano – grida al microfono – è quello garantito dalla Costituzione: accedere a una scuola pubblica, laica e gratuita”.
Ma non sono solo gli studenti a protestare. Giovanni Mancino insegna al liceo artistico Catalano. Oggi è sceso in piazza insieme agli studenti perché la ‘Buona scuola’ “ha finito con l’influire anche sul lavoro quotidiano dei docenti”. Spiega: “La scuola dovrebbe essere il luogo del dialogo e dell’integrazione, in cui si costruiscono le coscienze critiche. Adesso invece la parola magica è diventata ‘competenza’. Noi siamo diventati dei verificatori delle competenze degli studenti. E il nostro lavoro è diventato alienante”.
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10 Novembre 2017, 11:54