25 Marzo 2019, 19:58
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PALERMO – Il pizzo veniva mascherato con le fatture. L’imprenditore Giuseppe Messia, titolare di un impresa di movimento terra, tra gli arrestati nel blitz della squadra mobile, fece lo scavo per la costruzione di tredici villette in via Sant’Angelo, a Palermo.
Al momento di presentare il conto al costruttore ecco spuntare una maggiorazione del 20% per un totale di 35 mila euro. Il tutto regolarmente fatturato dall’impresa di Messia, la Mlg Scavi. Lo stesso Messia versò gli assegni sul proprio conto corrente, quindi prelevò in contanti i soldi dell’estorsione e li consegnò a Sandro Diele che poi li girò a Silvio Guerrera.
È stato quest’ultimo, nel frattempo divenuto collaboratore di giustizia, a raccontare il meccanismo. Un meccanismo che il costruttore ha confermato ai poliziotti. Il destinatario finale dei soldi del racket era l’anziano boss Girolamo Biondino. La cifra pattuita era molto più alta – 70 mila euro – ma il costruttore è arrivato a sborsarne soltanto la metà. Si tratta di un costruttore con commesse importanti: dalla ristrutturazione di Palazzo Butera al rifacimento per conto di Anas della rete elettrica delle autostrade Palermo-Catania e Palermo-Mazara del Vallo. Nel 2012 iniziò a costruire le villette e a Partanna Mondello.
“Giuseppe Messia si è presentato a me autonomamente al cantiere di via Sant’Angelo, mi ha parlato dicendomi che si offriva per i lavori di sbancamento del complesso edilizio aggiungendo altresì che la sua partecipazione era necessaria per il tranquillo svolgimento dell’attività lavorativa all’interno del cantiere – ha raccontato il costruttore -. Avendo compreso il messaggio sottinteso alla richiesta rivoltami da Messia Giuseppe, mi vedevo costretto mio malgrado ad affidargli i lavori di sbancamento del cantiere. Per ciò che concerne il pagamento dell’attività prestata da Messia, posso confermare che l’importo è stato superiore a quelli che erano i costi di mercato correnti in quel periodo. Ho pagato interamente la cifra a me richiesta – ha aggiunto – anche perché mi sono reso conto che non vi erano margini di contrattazione e che probabilmente era un modo alternativo di pagamento del pizzo. In effetti dopo l’affidamento dei lavori a Messina Giuseppe non ho avuto altri generi di problemi con alcuno”. Tutti i protagonisti di questa estorsione sono finiti in carcere con un’ordinanza di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari Annalista Tesoriere.
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25 Marzo 2019, 19:58