L’emigrato palermitano

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13 Luglio 2012, 11:32

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Eh già, i palermitani che vanno a lavorare fuori fanno faville.

Adesso con l’estate molti si arricampano e non è difficile incontrare il vecchio amico che ti dice: “Io a Milano faccio l’assitant marketing and project management of human resource specialist in un’azienda leader”. Mentre nel frattempo si manda orgogliosamente indietro il ciuffo phonato.

Finisce che passate una serata insieme e ti racconta quanto sia impegnato tra aperitivi con modelle e conference calls con importanti manager internazionali.

È che quando il palermitano torna in città per le vacanze ha sempre quell’aria un po’ da eroe che rientra in patria. Si presenta vestito di tutto punto ma con le scarpe da tennis, dettaglio moooolto euro-chic, poi ha quello sguardo di chi ha visto cose che noi umani non possiamo nemmeno immaginare, e quel non so che di esotico che ti fa anche un po’ rincoglionire.

Infatti anche se è andato via da appena due mesi è con l’accento di Renato Pozzetto che ti chiede come fai a rimanere qui, in questa città così provinciale dove non succede mai niente.

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Come se gli ultimi trentacinque anni di dialetto fossero scomparsi nella materia oscura non appena i suoi piedini santi hanno messo piede sul suolo lombardo.

Ma va bene, perché rimani così affascinato da lui e da quegli aneddoti di vita favolosa che ti racconta che nei giorni seguenti ti viene la tentazione folle di mollare tutto e seguirlo al Nord, per dirigere insieme a lui interi uffici ultramoderni con le poltrone in pelle umana.

Questo finché non incontri i suoi genitori al supermercato, che pareva non aspettassero altro per dirti: “Ma chi mio figlio? Eh speriamo che prima o poi si sistema, ora fa fotocopie mischino e manco lo pagano… Ancora lo campiamo noi”.

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13 Luglio 2012, 11:32

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