04 Dicembre 2021, 20:40
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Il potere. L’opera di Leonardo Sciascia gravita tutta lì: intorno a quell’unico e impalpabile oggetto che da sempre anima e corrode le viscere umane. La sua “ossessione profonda”, una musa ispiratrice costante. Per una ricerca a tratti monotematica. Senza essere però mai monotona o scontata. Che sia potere politico, criminale, economico oppure ecclesiastico, il protagonista è uno solo. Una forza capace di farsi allo stesso tempo assassina o autodemolitrice. Schietta e mendace.
Lo scrittore di Racalmuto ha intercettato le dinamiche del dominio e le ha tradotte in opere di carta. In noir anomali perché privi di finali risolutivi o happy ending rassicuranti. Chi conosce – ad esempio – l’esito di “Una storia semplice” (l’ultimo romanzo, peraltro) sa perfettamente quanto sarebbe doloroso imboccare l’opzione di una chiusa eticamente corretta o compatibile con i cliché del probo cittadino. No, una strada non praticabile: non in terra di Trinacria, perché c’è sempre qualcosa di più forte e invalicabile.
Sara Gentile, con L’Isola del Potere (Bonanno Editore, 2021), ci accompagna tra le pagine di Sciascia sezionando un titolo dietro l’altro, una trama dietro l’altra. Studiosa del linguaggio politico, in un’impegno pendolare tra il dipartimento di Scienze politiche a Catania e il Cevipof di Parigi, Gentile individua il fil rouge che incatena il tentativo sciasciano di leggere l’Isola attraverso la lente d’ingrandimento di un’Illuminismo che, vittima delle latitudini, si fa opaco, asfittico e pessimista.
Una circolarità ermeneutica che non lascia spazio a illusioni, senza rinunciare tuttavia a una missione civile. In fondo, la letteratura consente anche questo: di andare oltre al dato estetico per impattare sulle scogliere della sociologia e della filosofia morale. Gentile ci conduce con mano ferma all’interno di questo campo d’indagine, ci fa scoprire Sciascia per quello che è: uno scrittore inesauribile.
Eccola: “Sciascia torna costantemente sull’idea che la Sicilia, terra amara, generosa, sospesa in un sogno di perfezione impossibile da lui scandagliata palmo a palmo, esprime una società non giusta, non libera, non razionale. Ma la Sicilia – spiega Sarà Gentile – è metafora dell’Italia tutta, un laboratorio nel quale ‘la linea della palma e del caffè ristretto che sale di 500 metri l’anno’ fa in fretta a coprire il paese tutto”.
E ancora: “Nessuno dei problemi, delle brutture, dell’iniquità che Sciascia ha denunciato in un percorso di impegno civile mai smesso, ha trovato una soluzione, nessuno degli interrogativi da lui posti fra lucida ragione e tensione morale ha avuto risposta, come se il vorticoso susseguirsi di cose, eventi, progressi della tecnologia, delle scoperte scientifiche, avesse per paradosso prodotto, al di là delle apparenze, un desolato immobilismo, un tempo morto che non produce movimento e mutamento”.
Todo modo è l’emblema del potere che compiace se stesso. Ecco il romanzo sciasciano che forse più di altri mette sul banco degli imputati assieme Chiesa e Democrazia cristiana. L’occasione degli esercizi spirituali secondo la formula ignaziana assume, per la classe dirigente politico-industriale riunita in un eremo privo di bellezza, una sorta d’esercizio d’ascesi al contrario. Una trivella verso il basso. Il genio di Sciascia, nel disegnare la maschera di Don Gaetano, prete ipocrita che sa pascere il gregge e intrecciare interessi particolari, ci spiega come il potere religioso può corrompe la funzione mediatrice tra Dio e Uomo, diventando consapevole strumento di mediazione tra Potere e potenti. Una trasformazione priva di vitalità.
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04 Dicembre 2021, 20:40