25 Marzo 2019, 12:06
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PALERMO – In trentasei rischiano una condanna pesante. A cominciare da Mariangela Di Trapani che avrebbe guidato il mandamento di Resuttana. Sono gli imputati, tutti coinvolti nel 2017 nel blitz “Talea” dei carabinieri, per i quali i pubblici ministeri Annamaria Picozzi, Amelia Luise e Roberto Tartaglia hanno avanzato le richieste di pena al giudice per l’udienza preliminare. Le richieste, dunque, prevedono già lo sconto di un terzo della pena previsto per chi chiede di essere giudicato con il rito abbreviato.
Di Trapani, prima del nuovo arresto, aveva già trascorso sette anni in carcere. Libera dal 2015 per fine pena. È figlia e sorella dei boss Cicco e Nicolò Di Trapani, nonché moglie di Salvino Madonia, ergastolano per una serie di omicidi fra cui quello dell’imprenditore Libero Grassi, simbolo di una lotta al racket pagata con la vita. Ed è proprio perché smistava gli ordini del marito capomafia detenuto al carcere duro che la donna era stata arrestata nel 2008.
Salvatore Lo Cricchio era il “consigliere e supervisore” del mandamento di Resuttana. Un punto di riferimento in virtù dei suoi 72 anni e della sua parentela con Di Trapani, di cui è lo zio, che sarebbe tornata al vertice dopo la parentesi della reggenza di Giovanni Niosi. La donna condivideva il potere con un triumvirato composta da Pietro Salsiera, Sergio Napolitano (a cui viene ricondotta la titolarità del Bar Hilton di via Libertà) e Sergio Macaluso, poi divenuto collaboratore di giustizia così come il suo braccio destro, Domenico Mammi.
Francesco Paolo Liga, figlio di Tatuneddu (il boss ergastolano che bruciava le vittime nel forno della sua villa in fondo De Castro), era il reggente del mandamento di San Lorenzo. A Massimo Vattiato era toccato il compito di gestire la famiglia dello Zen. Il “suo” uomo della droga era Lorenzo Crivello, mentre a Vincenzo Maranzano spettava il controllo delle estorsioni sempre allo Zen.
Tra gli uomini d’onore figuravano Filippo Bonanno (titolare di un panificio molto noto in viale Strasburgo), Renato Farina, Fabio Schiera, Giuseppe Sgroi, Corrado Spataro. Pietro Salamone e Francesco Di Noto, che farebbero parte della famiglia di Tommaso Natale e Marinella. Infine, i picciotti del racket e dei danneggiamenti: Gianluca Manitta, Antonino La Barbera, Stefano Casella, Antonino Tumminia
Chi sono i trentasei puntati e le rispettive richieste di condanna: Salvatore Ariolo (9 anni), Filippo Bonanno (8 anni e 10 mesi), Giuseppe Biondino (13 anni e 4 mesi), Ignazio Calderone (6 anni e 2 mesi), Stefano Casella (6 anni e 2 mesi), Antonino Catanzaro (2 e 8 mesi), Lorenzo Crivello (8 anni e 10 mesi), Giulio D’Acquisto (6 anni e 2 mesi), Francesco Di Noto (6 anni e 2 mesi), Maria Angela Di Trapani (13 anni e 4 mesi), Renato Farina (8 anni e 10 mesi), Calogero Gambino (2 anni), Gianluca Galluzzo (2 anni), Ahmed Glaoui (9 anni), Antonino La Barbera (6 anni), Francesco Paolo Liga (13 anni e 4 mesi), Salvatore Lo Cricchio (13 anni e 4 mesi), Francesco Lo Iacono (2 anni e 8 mesi), Sergio Macaluso (5 anni e 4 mesi con l’attenuante prevista per i collaboratori di giustizia), Bartolomeo Mancuso (3 anni e 6 mesi), Domenico Mammi (4 anni e 5 mesi, con l’attenuante prevista per i collaboratori), Giovanni Manitta (4 anni e 8 mesi), Vincenzo Maranzano (8 anni e 10 mesi), Sergio Napolitano (16 anni), Giovanni Niosi (16 anni), Concetta Niosi (un anno e 4 mesi), Rita Niosi (un anno e 4 mesi), Michele Pillitteri (4 anni e 8 mesi), Pietro Salamone (6 anni e 8 mesi), Pietro Salsiera (13 anni e 4 mesi), Fabio Schiera (8 anni e 10 mesi), Giuseppe Sgroi (8 anni e 10 mesi), Corrado Spataro (12 anni), Giuseppe Tarantino (2 anni), Antonino Tumminia (5 anni), Massimiliano Vattiato (13 anni e 4 mesi).
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25 Marzo 2019, 12:06