09 Ottobre 2008, 08:18
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Due fratelli, u parrinu e u mafiusu, il prete ed il mafioso, che si (ri)incontrano nella casa dove sono cresciuti ed insieme hanno imparato a conoscere la vita. Due vite diverse che adesso si scontrano all’interno di una gabbia metafora, però, di quel focolare domestico regolato da sentimenti e tradizioni centenarie ovviamente incomprensibili agli estranei di quella realtà semplicemente subita da coloro che, invece, sono posti ai margini e spesso costretti, per necessità, ad accettare i compromessi necessari per badare alla propria sussistenza.
Un mondo fatto di violenze e soprusi che nessuno racconta perché, come si dice in gergo, “non fa notizia”, ma assente pure dall’agenda delle politiche sociali. Questo il tema di “Mutu”, lo spettacolo di Aldo Rapé che andrà in scena il 9, 10 ed 11 ottobre, alle 21, presso l’associazione Quarta parete (via Vincenzo di Marco, 3)
La storia ha dentro una realtà indefinita scaturita da un matrimonio violento ispirato al Dio cristiano e a quella “Chiesa Devota” i cui ministri si lasciano liberamente baciare le mani dai boss mafiosi.
Dopo i consensi di pubblico e crititca ottenuti con “Ad un passo dal cielo, w la mafia” Aldo Rapè, questa volta sulla scena insieme a Nicola Vero, a muso duro e senza sconti per nessuno, racconta un mondo i cui drammi interiori e familiari non vengono mai esternati o pubblicizzati, con un testo ed una messa in scena, curata dal regista Lauro Versari, volutamente pensati per luoghi diversi dai tradizionali spazi teatrali, soprattutto appartamenti, ricercati proprio per raccontare meglio quel misterioso silenzio che si cela aldilà delle mura domestiche che sarà proprio il pubblico a comporre perché disposto intorno all’azione scenica. Un racconto di una realtà che volutamente si contorna di quella simbologia religiosa e che si addormenta pregando il Cristo morto sulla croce. Una mondo per il quale la parola mafia appare un’ingerenza ecessiva e fuori luogo per essere raccontata.
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09 Ottobre 2008, 08:18