Cronaca

L’estorsione, la pecora e il processo infinito da rifare

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24 Maggio 2021, 10:26

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PALERMO – Il processo riparte per la seconda volta da capo. Sotto accusa ci sono tre immigrati, due gambiani e un senegalese, imputati per una tentata estorsione. Minacciarono gli operatori di un centro di accoglienza per ottenere una pecora e qualche sigaretta.

Il Tribunale presieduto da Fabrizio La Cascia ha accolto l’eccezione dell’avvocato Enrico Bennici. Nel corso dell’udienza preliminare il suo assistito era stato dichiarato assente senza effettuare le opportune ricerche per accertarne la irreperibilità. Dunque è stato violato il diritto di difesa. Da qui la decisione del Tribunale di annullare il decreto che dispone il giudizio e si dovrà ripartire dall’udienza preliminare.

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Nel 2016 il processo era ripartito da zero perché lo stesso legale aveva contestato la mancata traduzione in inglese dell’avviso di fissazione dell’udienza. Intoppo dopo intoppo la vicenda giudiziaria va avanti dal 2014 quando a Borgetto, nel Palermitano, all’interno del centro di prima accoglienza “Vogliamo volare”. Alì Fati, Lamin Drammeh, e Bodiang Baucar avrebbero usato parole dure per convincere uno dei gestori della struttura a cedere alle loro pressioni. “Dacci una pecora e le sigarette, oppure ti uccidiamo”: avrebbero detto.

Scattò una denuncia e si è arrivati al processo. La pecora sarebbe servita per la festa del sacrificio, Eid Al-Adha, con cui i musulmani ricordano l’uccisione di un montone da parte di Abramo in sostituzione del figlio Isacco. Per Fati e Baucar (difeso dall’avvocato Sergio Di Gerlando) il processo riparte da capo mentre per il terzo imputato il tribunale, su richiesta dello stesso pubblico ministero, ha deciso di stralciare la posizione. Il pm, infatti, non è riuscito a notificargli la nomina del nuovo difensore di ufficio. Dunque, secondo il Tribunale c’è l’esigenza di accertare dove si trova l’imputato, se è ancora in Italia e cosa fa. Indagini che non si preannunciano brevi.

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24 Maggio 2021, 10:26

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