08 Giugno 2022, 13:27
6 min di lettura
PALERMO – “In Sicilia si respira un’aria pesante durante le campagne elettorali, le lancette non devono tornare indietro nel tempo di quarant’anni: dobbiamo tenere alta la guardia”. Le parole del segretario nazionale del PD, Enrico Letta, atteso oggi pomeriggio a Palermo a sostegno del candidato del fronte progressista Franco Miceli, sono nette. Dalla campagna elettorale palermitana al progetto per le regionali passando per il tema della lotta alla mafia, il segretario lancia il guanto di sfida al centrodestra.
Segretario, rompiamo il ghiaccio. Secondo lei in questi anni si è sacrificata l’identità dei partiti sull’altare della governabilità?
Gli ultimi anni di emergenza hanno obbligato tutte le forze politiche a uno sforzo di responsabilità, ma la maggioranza che sostiene il Governo Draghi è irripetibile, frutto di un periodo storico straordinario e drammatico. Il Covid, l’attuazione del piano europeo per la ricostruzione, ora la guerra. Il Partito Democratico è e rimane alternativo alle destre.
Da giorni impazza una polemica su salario minimo, produttività e potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti; il Ministro Brunetta ha affermato che una misura del genere è al di fuori della storia delle nostre relazioni industriali, allo stesso tempo un pezzo della maggioranza che sostiene il governo Draghi ha messo nel mirino il reddito di cittadinanza: il PD come si pone di fronte a queste misure?
Si usa il reddito di cittadinanza come scusa per non affrontare la vera emergenza: i salari. Sul lavoro, soprattutto per i più giovani, la situazione ê drammatica. Come fa un ragazzo a progettare un futuro, a uscire di casa, a provare a metter su famiglia se un lavoro non ce l’ha o se quando lo trova è sottopagato e precario? L’Italia tra l’altro è l’unico paese europeo in cui, negli ultimi 30 anni, i salari sono diminuiti invece di crescere. Da qui dobbiamo ripartire. Il salario minimo è una delle misure che sosteniamo per restituire dignità al lavoro. Di questo ha bisogno il Paese, non certo di una guerra contro i poveri.
Passiamo alla Sicilia che si ritrova in fondo alle classifiche per numero di occupati e neet ma prima per dispersione scolastica. Per risollevare le sorti dell’isola basteranno “anima e cacciavite”?
Musumeci ci lascia una Sicilia in fondo alle classifiche per tantissimi dati, non solo per quelli che lei cita: ultima per numero di NEET, per occupazione femminile, per numero di persone vaccinate. Una Sicilia incapace anche di accedere alle opportunità oggi disponibili, basti pensare alla confusione che circonda i progetti finanziabili con il PNRR. Dobbiamo ribaltare il metodo di governo di questi anni. Musumeci si è comportato da uomo solo al comando, ignorando le parti sociali, i sindacati e le categorie produttive. La nostra proposta per la Sicilia parte invece dal coinvolgimento delle persone e dei territori. Partecipazione è la parola chiave.
In Sicilia la doppia preferenza di genere è ancora un miraggio. Il PD quali iniziative sta portando avanti per sanare questo imbarazzante gap?
Il Partito Democratico ha già presentato un’interrogazione alla Ministra delle Pari Opportunità Elena Bonetti, per chiedere che il Governo intervenga per sanare una situazione inaccettabile. Continueremo a impegnarci, finché alle donne siciliane non saranno riconosciuti gli stessi diritti oggi garantiti nelle altre regioni d’Italia. L’immobilismo di Musumeci è scandaloso.
Parliamo del PD siciliano. I tempi delle liti intestine che scandivano le giornate del partito sembrano acqua passata. Che idea si è fatta del lavoro del segretario Anthony Barbagallo? Il preconizzato nuovo corso si è realizzato?
Stiamo lavorando bene, con spirito di unità e di apertura. Questo approccio ci ha permesso di costruire in tutta la Sicilia coalizioni ampie e plurali, aperte alle migliori energie del territorio. Siamo soddisfatti della partecipazione e del coinvolgimento che siamo riusciti ad attivare. E’ esattamente ciò di cui il PD e la Sicilia hanno bisogno.
La metafora della Sicilia come laboratorio politico è spesso abusata. Eppure, le primarie di coalizione potrebbero rappresentare una novità rilevante nel panorama politico italiano. Andrete avanti sul percorso imboccato?
Il tavolo politico che abbiamo istituito sta costruendo un percorso positivo. Le primarie sono un importante strumento di coinvolgimento e di apertura. Sono fiducioso sul fatto che presto troveremo un punto di incontro. L’importante è offrire alla Sicilia un progetto per il suo futuro. Tre pilastri: lavoro e giustizia sociale, sostenibilità ambientale, diritti civili.
Proviamo a tracciare l’identikit del candidato alla presidenza che il PD ha in mente.
Serietà, competenza, visione. È importante che sia un nome condiviso, capace di rappresentare la nostra base e la pluralità della nostra coalizione. Ma il vero valore aggiunto sarà la squadra che gli costruiremo intorno. Non è il momento dei protagonismi, ma del lavoro collettivo. Dopo Musumeci, la Sicilia ha bisogno di un Presidente di Regione più attento al “noi” che all’ “io”.
Passiamo al campo avversario. La maggioranza di Musumeci, anche grazie al contributo dell’opposizione all’Ars, si è spaccata, Secondo lei il centrodestra siciliano riuscirà a ricompattarsi per le regionali?
Non dobbiamo farci ingannare: la destra ha dimostrato più volte di sapersi ricompattare davanti agli appuntamenti elettorali, anche al di là di divisioni profonde. Gli interessi autoreferenziali hanno sempre avuto la meglio, sono decenni che a destra vediamo le stesse facce. L’importante è quello che faremo noi: dobbiamo mettere in campo una coalizione larga e coesa, fondata su valori e progetti condivisi.
Palermo. Si è molto discusso dell’opportunità del ruolo politico giocato da Cuffaro e Dell’Utri. Il PD come la pensa? Come si tiene insieme il pensiero garantista con la questione dell’opportunità politica?
Qui il garantismo non c’entra nulla. Parliamo di due persone condannate in via definitiva, con sentenze di Cassazione. Pagine nere della storia recente. Non possono esserci ambiguità. Noi vogliamo una Sicilia diversa, coraggiosa, aperta al futuro. Una Sicilia che fa della lotta alla Mafia una priorità. Invece, i silenzi e i segnali politici che arrivano dalla destra sono inquietanti: la sedia lasciata vuota da Lagalla il 23 maggio è un colpo al cuore e alla storia di Palermo.
Questa mattina un candidato al consiglio comunale di Palermo è stato arrestato perché avrebbe stipulato un patto elettorale con un boss. Un fatto che getta ombre inquietanti sulla campagna elettorale. E’ d’accordo?
Non voglio entrare nella vicenda specifica su cui saranno gli organi preposti a far luce. Su un piano più generale, abbiamo lanciato l’allarme: mai più ambiguità, ci vogliono posizioni di condanna limpide e trasparenza massima. Più volte, del resto, abbiamo lamentato che in Sicilia si respira un’aria pesante durante le campagne elettorali. Il Pd regionale, recentemente, ha scritto ai prefetti dell’isola chiedendo di intraprendere ogni opportuna azione per evitare che ci fosse controllo del voto con il telefono nel segreto dell’urna. Insomma, dobbiamo tenere alta la guardia, le lancette del tempo non devono tornare indietro di 40 anni. Non ci possono essere cali di tensione e disattenzioni nella lotta alla mafia. Ci batteremo con ogni mezzo.
Che peso avranno i risultati di Palermo sugli equilibri interni alla coalizione? Ci fa una previsione sul risultato di Miceli e su quello della lista del PD?
A Palermo corriamo per vincere. Franco Miceli rappresenta una società civile che si mette al servizio della politica e attorno a lui abbiamo costruito una squadra coesa e autorevole, forte di donne e uomini dalle grandi competenze e qualità umane. Sono fiducioso che otterremo un buon risultato, importante anche in vista delle elezioni regionali.
Pubblicato il
08 Giugno 2022, 13:27