Lettera dal '68 alla "peggio gioventù" - Live Sicilia

Lettera dal ’68 alla “peggio gioventù”

In tema di lotta e protesta studentesca riproponiamo un contributo propostoci e che ha fatto discutere i lettori di Livesicilia
Riflessioni sulla scuola
di
2 min di lettura

E’  lecito, a un reduce del ’68, dire due paroline ai nipotini del 2010? Ne ho già udite e lette alcune da miei coetanei. Da coetanei che aderiscono entusiasti a queste ennesime okkupazioni (“Meno male che siete voi a difendere la democrazia!”) o che, malinconicamente, esprimono comprensione (“Sarebbe da malati non essere estremisti alla vostra età, come lo sarebbe esserlo alla nostra”). Vorrei dirne qualcuno di dissenso, se possibile. Comincio dall’aspetto meno importante: l’opportunità di manifestare contro un governo moribondo. Che volete che se ne freghi di voi una maggioranza allo sbando e in procinto di dissolversi alla prima verifica parlamentare?
Ma lasciamo questo aspetto secondario e opinabile. Ammesso che sia il momento più propizio, pensate davvero che l’arma dell’occupazione (o l’equivalente funzionale: dall’astensione parziale all’autogestione permanente) sia efficace allo scopo che tutti  – anche gli anziani ‘non pentiti’ come me – ci proponiamo?  Sono più di quaranta anni (dal ’68, in cui ero attivamente studente al “Garibaldi”) che si ripetono proteste e occupazioni e il risultato oggettivo, visibile, tangibile è una scuola peggiore (Berlinguer, De Mauro, Moratti, Gelmini) in una società peggiore (istituzioni e mentalità comune colonizzate dal berlusconismo). Vorrà dire qualcosa? La rivoluzione  – più o meno graduale, più o meno silenziosa, più o meno violenta – la voglio non MENO, ma PIU’ di voi: per questo ritengo assurdo giocare con caricature, scimmiottamenti, che non fanno a nessun governo (tanto meno a un governo sull’orlo dello scioglimento) neppure il solletico!

Volete la rivoluzione? Iscrivetevi a un partito politico, a un sindacato, a un’associazione antimafia, a un movimento ambientalista, a un centro studi pacifista. Volete la rivoluzione? Convincete il 75% degli italiani (cioè dei vostri coetanei, dei vostri genitori, dei vostri docenti) a uscire dalla palude (del voto al centro-destra per il 45% e dell’astensionismo per il 30%) in cui si sono immersi. Volete la rivoluzione? Rispettate la legalità democratica: pagate il biglietto sull’autobus, mettete il casco, non comprate droghe dalle mafie, invitate i genitori a pagare le tasse e a mettere in regola i collaboratori domestici immigrati. Volete la rivoluzione? Seguite ogni tanto una trasmissione televisiva seria, leggete qualche libro di sociologia o di politica, andate al cinema a vedere qualche film impegnato civilmente. Volete la rivoluzione? Non chiedete raccomandazioni per niente e a nessuno, diventate talmente prestigiosi nel vostro lavoro da poter raggiungere posti di  leader per scombussolare le regole attuali del clientelismo, del favoritismo, dell’opportunismo, del carrierismo a spese dei più deboli.

Voi mi direte che fare questo – e tanto altro che si potrebbe aggiungere e che alcuni come me abbiamo cercato di fare da quando abbiamo memoria – sia troppo faticoso, troppo controcorrente: e avreste ragione. “Tutti vogliono fare la rivoluzione, pochissimi vogliono preparasi a esserne degni”. Ma chi di voi non se la sente, eviti di fare il rivoluzionario a prezzi bassi. Eviterà di deludere chi come me spera in voi e, soprattutto, di deludere voi stessi: perché questo difficilmente, passata la furia della protesta, ve lo perdonerete.


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