30 Maggio 2020, 09:56
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Un silenzio tombale, anzi, “sovranista” è sceso sulle ultime novità economiche e finanziarie provenienti dall’Unione Europea. Salvini e gemelli sono rimasti palesemente spiazzati dalla rottura del solito schema usato per attaccare ogni santo giorno le istituzioni europee. Uno schema, scientificamente manovrato da forze politiche dell’estrema destra europea, alimentato, lo dobbiamo ammettere, da errori ed egoismi dei singoli Stati membri e secondo il quale alla fine, soprattutto nei momenti difficili, sul tavolo delle discussioni a Bruxelles o a Strasburgo valevano in modo brutale vincoli, limiti e austerità lasciando nei guai Paesi come il nostro con uno spaventoso debito pubblico, carenza di materie prime e di fonti energetiche autonome.
Altro che unità politica e dei popoli, sembrava piuttosto lo strapotere dei mercati e di chi ricco lo era già, magari meritatamente (vedi la Germania con un virtuoso rapporto debito/PIL di appena il 61%). Nonostante ciò in molti abbiamo creduto all’ineluttabilità del cammino, seppure faticoso e a volte contraddittorio, verso una coesione sempre più forte e convinta dentro la UE. Impossibile del resto, tranne se in malafede per squallidi interessi elettorali, invocare un ritorno alla separazione netta tra nazioni, innalzando muri di qualunque tipo, quando ormai uno starnuto in Cina infetta il Brasile e il fallimento di una banca americana travolge risparmiatori del Vecchio Continente o dell’Asia. Il Covid-19 ha provocato morte e sofferenze ma ci ha pure costretto a reimpostare le vite personali, i sistemi politici ed economici, i rapporti tra le nazioni.
Poi, si sa, appartiene alla natura umana, possiamo decidere di dimenticare o di ignorare le lezioni di un virus sconosciuto e aggressivo che improvvisamente ha stravolto le nostre esistenze e ricadere negli errori del passato, soprattutto nella mancata cura dell’ambiente. È accaduta una cosa forse inaspettata, l’Europa, con qualche riserva da parte dei piccoli Paesi del Nord che però non potranno opporsi a lungo, ha finalmente compreso che bisogna andare oltre l’asfittica visione dei parametri di Maastricht. Occorrono progetti coraggiosi che ci tirino fuori non solo da una emergenza sanitaria, in fondo una scelta obbligata perché emergenza pandemica, ma anche da una stagnazione dell’economia europea, a tratti scivolata in area recessione, che dura ormai da troppi anni e per nulla neutralizzata dalle politiche finanziarie restrittive fin qui adottate. Senza contare gli effetti nefasti di certa globalizzazione che ha duramente inciso sui livelli occupazionali e sul riconoscimento dei diritti fondamentali dei lavoratori.
Certo, le riforme sono improcrastinabili, non si può pretendere di continuare a spendere più di quanto si incassa ad oltranza lasciando il mondo così com’è. Sistema fiscale, giudiziario, innovazione, digitalizzazione, investimenti, pubblica amministrazione, sono tutti settori strategici che a seconda di come sono organizzati (o disorganizzati) influiscono in maniera decisiva sul PIL e, quindi, sul rapporto tra debito e ricchezza prodotta. Ecco cosa ci chiede l’Europa, e meno male, riforme, a fronte di un sostegno finanziario di immense proporzioni.
Nasce il Recovery Fund, 750 miliardi di euro emettendo titoli garantiti da tutti i Paesi di durata trentennale. Per l’Italia sono previsti 170 miliardi di cui quasi la metà a fondo perduto e il resto sotto forma di prestito a lungo termine. L’aiuto scatterebbe dal 2021, nel frattempo sarebbe saggio utilizzare gli strumenti del Sure (ammortizzatori sociali), la Bei (Banca europea investimenti) e il Mes per le spese dirette e indirette da Covid-19.
Io ritengo, al netto dei ripensamenti in positivo della Germania e dell’azione della Francia nella medesima direzione, che il merito di tali risultati sia da attribuire all’attività paziente, competente e costante del nostro premier Giuseppe Conte, spalleggiato da un ottimo Paolo Gentiloni (commissario europeo per l’Economia). Ritengo inoltre che la presidente della Commissione, Ursula von Der Leyen, di suo sia consapevole della necessità di cambiare passo e mostra di crederci davvero in una Europa solidale. Speriamo pertanto nell’inizio di un nuovo corso.
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30 Maggio 2020, 09:56