29 Giugno 2015, 20:08
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PALERMO – Tutti sapevano, ma nessuno, fino a oggi, ha mosso quel primario. Che oggi è accusato di aver gestito un intero reparto dell’Ospedale Cervello-Villa Sofia come fosse casa sua. Tutti sapevano, ma Matteo Tutino è rimasto sempre, saldamente al suo posto. Nonostante mutassero commissari e direttori generali dell’azienda, nonostante cambiassero i dirigenti generali dell’assessorato alla Salute. Nessuno ci separerà mai, diceva del resto il chirurgo plastico al manager Sampieri che confermava: “C’è in gioco troppo”
Lucia Borsellino si dice pronta a dare una mano alla Procura di Palermo. E il pm Lo Voi conferma: “L’assessore collabora con noi dall’inizio”. Il presidente della Regione, invece, tace. Ma una cosa è certa. Nessuno potrà affermare che “non sapeva”. Perché i dubbi sulla gestione dell’azienda Cervello-Villa Sofia sono stati sollevati da tempo. Con dovizia di particolari. Con riferimenti chiari. E invece, la politica che riafferma quotidianamente la necessità di “moralizzare” la politica stessa, di fare un po’ di “igiene”, per usare un termine caro al presidente e calzante considerato il tema, arriva in ritardo, rispetto alla magistratura. O in qualche caso non arriva nemmeno, scegliendo una via del silenzio che volge un po’ verso l’imbarazzo.
Perché che i rapporti “politico-amministrativi” tra Rosario Crocetta, Matteo Tutino e Giacomo Sampieri fossero strettissimi era cosa nota anche ai muri. E mai, a dire il vero, sottaciuta, nascosta dai diretti interessati. Anzi, proprio dalle intercettazioni raccolte dagli inquirenti, quella amicizia tra il primario finito nei guai e il presidente della Regione diventava ingrediente fondamentale in una storia di intrighi e presunti illeciti, di piccole faide burocratico-sanitarie e di favori personali compiuti utilizzando la cosa pubblica. Le proprietà dei siciliani tutti.
Lucia Borsellino si dice pronta a collaborare pienamente. Anzi, lo farebbe fin dall’inizio dell’indagine. Mesi nei quali, però, Tutino continuava a gestire il reparto di chirurgia plastica ricostruttiva del Cervello-Villa Sofia. Mentre da Sala d’Ercole, a differenza di quanto accaduto in altre circostanze, non giunge nemmeno una protesta, un comunicato stampa. Se si eccettua quello del Movimento cinque stelle, che il “caso Tutino” lo aveva già raccontato in una interrogazione regolarmente depositata. E regolarmente ignorata. “Su questa vicenda – dicono oggi i deputati grillini – avevamo presentato un’interrogazione già nell’ottobre del 2013. Perché le risposte devono arrivare sempre dalla magistratura anziché dalle istituzioni?”.
Così come è stata, evidentemente, sottovalutata un’altra denuncia. I cui contorni, i cui dettagli appaiono persino inquietanti, di fronte ai fatti emersi oggi. Il sindacato Cimo è tra i più combattivi. Ed è stato, a dirla tutta, un facile, facilissimo profeta. Più di quattro mesi fa, a metà febbraio, i rappresentanti dei medici ospedalieri presentarono sul tavolo della Commissione salute all’Ars un dossier molto articolato sulla gestione dell’ospedale Cervello-Villa Sofia. Uno dei paragrafi è quello riguardante il “caso Tutino”, così lo chiamano i sindacalisti. E quelle righe altro non sono se non un “bignami”, un riassunto dell’ordinanza che ha portato all’arresto del primario e all’indagine a carico di Sampieri. “E’ il caso eclatante – raccontava già il Cimo a febbraio – della Chirurgia Plastica Ricostruttiva e Maxillo-Facciale, guidata da quel dottor Tutino voluto strenuamente dal commissario Sampieri a dispetto di ricorsi, diffide e di incontrovertibili pareri del Miur che dice a chiare lettere che il dottor Tutino “non ha i titoli per fare il Primario”, che fa registrare un calo assai vistoso con un tasso occupazionale che passa dall’80% del 2012 al 49% del 2013 e che precipita al 28% nel 2014. Per di più con una vistosa diminuzione dell’indice di complessità delle prestazioni erogate, laddove vengono privilegiati, oggi come nel passato, illegittimi interventi di chirurgia estetica non ricompresi nei Lea già più volte attenzionati dai NAS e tuttora al vaglio della Magistratura”.
E in effetti, la magistratura su Villa Sofia aveva acceso i riflettori da un bel po’. Da quasi un anno e mezzo. Indagini che portarono alla sostituzione dell’allora commissario Giacomo Sampieri. Lo stesso manager che poco prima veniva rassicurato da Tutino: “E’ che, e anche ho capito dal Presidente, cioè nessuno ti muoverà perché separarci significa… sarebbe come una… una separazione”. E Sampieri rispondeva: “C’è in gioco troppo! E lo sappiamo. E lo sappiamo, e lo sappiamo”. Cosa ci fosse in gioco, ancora non è chiaro. Di certo c’è che, di fronte alle richieste dei deputati della Commissione Salute che chiedevano la “testa” di Sampieri, cioè la revoca del suo incarico, che avrebbe impedito al manager nuovi incarichi dirigenziali nell’immediato futuro, il governo “intercedeva” chiedendo al commissario “un passo indietro”.
Per Tutino, “il presidente” non avrebbe mai permesso che nessuno li separasse. E il silenzio di Crocetta, così oggi appare più imbarazzo che altro. Un imbarazzo imbarazzante per chi è stato abituato, in questi primi due anni e mezzo di legislatura, a scoppiettanti conferenze stampa di “denuncia”. Anche sulla Sanità. Soprattutto sulla Sanità, dai “pannoloni” di Cirignotta, alle assicurazioni fino alla vicenda dei migranti all’ospedale di Augusta. Oggi, da Palazzo d’Orleans arriva solo il silenzio. Troppo “vicino” quel primario, rimasto al suo posto nonostante attorno sembrava da tempo imminente il ciclone.
E del resto, anche in un’altra occasione la magistratura era intervenuta “censurando” i rapporti tra il governatore e il suo fedelissimo primario di chirurgia plastica. E’ il caso delle denunce presentate da Tutino nei confronti del suo predecessore Dario Sajeva. Denunce, lo precisa anche il Gip Lorenzo Matassa, che erano state fatte pervenire all’ufficio giudiziario proprio dall'”onorevole Rosario Crocetta”. Denunce, che, solo per accennare ad alcuni dei passaggi con cui è stata archiviata l’indagine contro il predecessore di Tutino avrebbero riguardato “vicende più o meno strampalate, la cui rilevanza penale è sembrata dubbia sin dal principio. L’inchiesta – prosegue Matassa – ha evidenziato l’infondatezza del coacervo accusatorio reiterato nei mesi dal denunciante”. Denunce, a volte “strampalate”, come segnala il giudice.
E invece, su ciò che era stato raccontato in Commissione Salute o in una interrogazione parlamentare o anche nelle carte degli inquirenti, tutti hanno taciuto. Nessuna denuncia. Nessuna conferenza stampa. Il primario è rimasto lì, al suo posto, mentre giorno dopo giorno era chiaro che incombesse un ciclone. Ma la moralizzazione della Sicilia si è sorprendentemente arrestata di fronte ai cancelli di Villa Sofia.
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29 Giugno 2015, 20:08