04 Gennaio 2023, 10:55
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CALTANISSETTA – “Domani mattina vieni al mio garage che ti devo parlare”. Inizia con questo messaggio, inviato nel cuore della notte del 9 settembre scorso, il viaggio nell’orrore per un ragazzino di 13 anni. Poche ore dopo l’invio del messaggio WhatsApp sarà rapito, immobilizzato ad una sedia con del nastro adesivo, picchiato, minacciato e umiliato da due quindicenni che sono stati arrestati su ordine del giudice per le indagini preliminari del tribunale per i minorenni di Caltanissetta. “Volevano farmela pagare”, dirà agli investigatori perché si era ribellato alle violenze e al bullismo dei due ragazzini.
Dopo il primo invito il tredicenne resta diffidente, allora i due ragazzini – si conoscono perché hanno frequentato la stessa scuola – cercano di convincerlo. Gli dicono che devono mostrargli una sigaretta elettronica. Gli danno appuntamento in un garage di proprietà della famiglia di uno dei due quindicenni.
“E bravo il coglione”, gli urlano quando il tredicenne arriva nel garage. È una trappola, non può scappare. Lo bloccano, lo legano alla sedia, gli tappano la bocca con lo scotch per non farlo urlare. Schiaffi e calci. Gli sputano addosso, brandiscono due martelli e un coltello, minacciando di ammazzarlo. Un’ora e mezza dopo lo liberano, ma deve stare in silenzio per evitare conseguenze più gravi.
Il tredicenne torna a casa, è visibilmente scosso. Ha i vestiti bagnati del mix di acqua e olio che gli hanno versato addosso nel garage dicendogli di essere pronti a dargli fuoco. Parla con la mamma. Quest’ultima contatta uno degli aggressori, che nega di avere visto quella mattina il figlio. I genitori della piccola vittima vanno in caserma.
Iniziano le indagini dei carabinieri del reparto operativo di Caltanissetta guidati dal colonnello Alessio Artioli e coordinate dal procuratore per i minorenni Rocco Cosentino. Nel frattempo sul telefonino del tredicenne arrivano i messaggi di uno dei ragazzini che lo hanno aggredito. Ribadisce le minacce: “… diglielo a tua madre che io stamattina neanche ti ho visto… digli a tua mamma che evita tutto questo casino”.
In un vocale c’è anche il movente dell’aggressione: “… vai dicendo a tua mamma nomi e cognomi
sbagliati”. Gli dice che sarà lui ad andare in questura per denunciarlo, facendo ascoltare ai poliziotti i messaggi del tredicenne che metteva in giro false notizie sul suo conto: “… tua mamma non la vedi più e la puoi salutare”. E ancora: “Perché altrimenti io dico tutto a mia mamma, compreso a mio cugino e noi, io mia mamma, mia zia e mio cugino, vi rompiamo il culo”.
I carabinieri cercano riscontri al racconto della vittima. Trovano i vestiti ancora sporchi di olio. È vero, la famiglia di uno dei ragazzini possiede il garage. Si scopre che altri cinque minorenni sono stati minacciati e picchiati dai due quindicenni che si divertono terrorizzando i coetanei. Sono molto di più che bulli. “Spregiudicati e pericolosi”, così vengono definiti.
Ad un ragazzino hanno spaccato il naso con una ginocchiata. Un’escalation di violenza ingiustificata e ingiustificabile. Ce n’è abbastanza per far emettere al giudice per le indagini preliminari Bianca Maria Bonafede un’ordinanza di custodia cautelare in un istituto penitenziario minorile. I due quindicenni vanno allontanati da un contesto sociale dove i disvalori li hanno portati a ideare e mettere in pratica un piano gravissimo. Giovanissimi, ma capaci di essere i protagonisti di una vicenda terribile.
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04 Gennaio 2023, 10:55