26 Febbraio 2024, 06:40
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PALERMO- Chi non ha mai litigato con Alexa (che è già un embrione abbastanza primordiale, rispetto ai possibili esiti) scagli il primo algoritmo. Lo stesso faccia chi non ha mai pensato che, un giorno, magari non lontano, andremo in giro con un avatar palestrato, mentre ce ne staremo in vestaglia, a casa. Facezie a parte, l’intelligenza artificiale, in tutte le sue inimmaginabili applicazioni, è argomento serissimo, visto che parliamo del futuro. Un domani ‘chiamalo che viene’, con le sembianze del presente.
In giro non se ne sa molto, a parte una ristretta cerchia di sapienti, e si va avanti per suggestioni. Ci sono gli ottimisti che intravvedono diapositive (breve omaggio alla nostalgia) ricolme di esseri umani che annaffiano i gerani sul balcone, placidamente, mentre gli algoritmi mandano avanti la sala macchine. I pessimisti scorgono un deserto di disoccupati venturi, con l’intelligenza artificiale che, prima, toglierà a tutti il posto e, poi, verrà direttamente a cercarci. Il finale, in questo caso, sarebbe l’apocalittica Matrix, con l’umanità asserragliata, per la battaglia finale, in via Libertà (essendo palermitani, l’apocalisse la immaginiamo a Palermo). Alcuni impegnati a scambiarsi mazzate con certi macchinari tentacolari e bruttissimi come il ‘ciaffico’, altri che ne approfittano per consumare l’ultima arancina nel contiguo Bar Alba. Il discorso, in effetti, si presenta fondamentale, oltre la cortina dell’ironia che serve per sdrammatizzare il quasi ignoto. Ci vanno di mezzo la libertà, le biografie, l’informazione, l’etica, la medicina, la giurisprudenza… Abbiamo sentito alcuni tra coloro che, in Sicilia, ne sanno abbastanza o molto di più, per proporre qualche idea.
La professoressa Simona Ester Rombo, fra le altre incombenze accademiche, coordina i corsi di intelligenza artificiale per l’Università di Palermo. “Molto sta cambiando – dice – ma non tutto. La tecnologia, però, non è soltanto uno strumento, ma qualcosa che modifica il nostro modo di pensare e di interagire. Il punto di svolta è questo: adesso, rispetto al passato, siamo in grado di raccogliere una enorme mole di dati”. La prof potremmo collocarla nella schiera degli ottimisti vigili: “Credo che ci saranno molte azioni ripetitive che verranno automatizzate, ma l’aspetto umano rimarrà essenziale, purché accettiamo di allargare gli orizzonti e di formare nuove competenze”.
E la comunicazione? E l’arte? “Niente sarà mai in grado di riprodurre l’originalità della componente umana, per creatività e intuizione. L’intelligenza artificiale può copiarci, imparare ed essere più performante, ma non potrà mai sostituirsi a noi, pur nella sua complessità. Avremo, oltretutto, sempre bisogno di contatti personali. Del resto, non stiamo parlando di una cosa nuova, se ne discute, almeno, dagli anni Cinquanta. La differenza sta proprio, come dicevo, nella capacità di mettere insieme quel patrimonio di dati. Le applicazioni buone sono innumerevoli, per esempio, in Medicina, con la possibilità di avere una quantità tale di informazione, per permettere diagnosi più accurate, anche per patologie rare”.
Il giornalista Giovanni Villino ha tenuto corsi per l’Ordine e scritto un libro: ‘Giornalisti con Intelligenza artificiale: guida all’uso consapevole ed etico degli algoritmi nell’informazione’. Siamo nell’intercapedine della comunicazione-informazione, una delle frontiere più delicate. “L’intelligenza artificiale può sostituire moltissime attività umane, la domanda è: quando deve farlo? Ecco la questione principale – dice Villino -. Andiamo al nostro campo: può ricavare le notizie da un serbatoio immenso, scriverle e pubblicarle, infatti sta già accadendo. Ma la tendenza va da un’altra parte, come mostrano tutti gli indicatori. I lettori veri, quelli che sostengono i giornali, non vogliano l’uniformità, sia pure variabile, di un sistema. I lettori scelgono, piuttosto, contenuti di qualità dei giornalisti capaci di scrivere storie, notizie e idee con uno stile unico. Il mercato dell’editoria andrà sempre di più in questa direzione. Nelle redazioni saranno necessari team di redattori specializzati per guidare l’intelligenza artificiale e indirizzarla nel senso voluto”.
C’è il problema monumentale delle fake news. “Immaginiamo uno scenario – insiste Villino – qualcuno che mostra un video in cui un giornalista noto racconta che è scoppiata la peste a Palermo… Poi si scoprirà che non è vero, che era un fake, ma, intanto, l’effetto del panico sarà raggiunto. Ecco perché serve vigilare. Servono regole e paletti”.
La medicina è un altro passaggio significativo. Toti Amato, presidente dell’Ordine dei medici di Palermo, sta approfondendo le competenze sul tema. “Ci sono opportunità e minacce – dice –. Lo sviluppo della tecnologia dell’intelligenza artificiale può essere importantissimo per un medico, con le informazioni che gli mette a disposizione. Ma non si deve perdere il livello umano del contatto con il paziente. E non possiamo idolatrare la casistica come soluzione. Ci vorrà sempre l’occhio del medico, in quel determinato caso, per comprendere il tipo di patologia e la cura migliore. Non basterà disporre di un vastissimo scenario di dati”.
“In ogni caso – spiega Amato – ci stiamo evolvendo in quel senso e non possiamo comportarci da sabotatori, i processi vanno governati con lungimiranza. Ecco, è proprio questo il discorso ineludibile: non dovremo fermarci al business, ma salvaguardare, con norme chiare, il valore di ciò che resta esclusivamente umano”.
L’avvocato Francesco Leone si è immerso, da tempo, nel futuro: “Il cambiamento non ci sarà, è già qui, c’è. Parliamo di giorni e di mesi e non possiamo fare finta di niente, altrimenti saremo travolti. Le novità saranno incredibili e non ha senso averne paura, perché vorrebbe dire precluderci il controllo”.
“Con l’intelligenza artificiale – dice Leone – già si scrivono alcuni atti legali e potremo essere sostituiti per una parte del lavoro. Ma ci terrà sempre a galla una scintilla esclusiva, come il rapporto umano, con le sue intuizioni e la corporalità. La sfida è etica, ecco perché è urgente un quadro normativo che delimiti le funzioni dell’Intelligenza artificiale. Purtroppo, siamo già in grave ritardo”.
Per (non) concludere: ha scritto su Livesicilia.it la professoressa Rosamaria Alibrandi: “’La scienza non pensa’, scriveva, nel 1952, Martin Heidegger, spiegando che lungi dall’essere un limite, questa è la sua forza. Oggi, al culmine del dominio tecnologico, è auspicabile che non abbia rinunciato alla verità. Neanche l’I.A. pensa, ma può eseguire ragionamenti complessi, utilizzando analogie e statistiche, con le potenzialità per diventare una forza distruttiva senza misure etiche e regolamentazioni atte a garantirne l’uso responsabile”. Il confine è tracciato e toccherà a noi custodirlo, pare di poter desumere, in sintesi. Sperando di non dovere mai combattere l’ultima battaglia, tra mazzate e arancine.
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26 Febbraio 2024, 06:40