28 Gennaio 2018, 13:43
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PALERMO – C’era chi pensava che il Pd non sarebbe sopravvissuto al voto del 4 marzo. C’era chi parlava di esplosione o di implosione. E invece il Partito democratico è a pezzi già oggi, a poche ore dalla definizione delle liste elettorali per le prossime Politiche. Tante proteste e anche alcuni passi indietro di peso, da Francesco Ribaudo, deputato uscente, ad Angelo Fasulo, ex sindaco di Gela; molto probabile anche il ritiro di Concetta Raia a Catania e Nino Oddo nel Trapanese. Ieri la rinuncia alla candidatura di Giuseppe Provenzano. L’escluso più in vista di tutti, l’ex governatore Rosario Crocetta, intanto ha annunciato la presentazione di proprie liste col redivivo Megafono.
Troppi nomi “paracadutati” da Roma, hanno fatto infuriare la base che ormai con il centro non dialoga più. A nulla sono valse le rassicurazioni del segretario regionale Fausto Raciti, la segreteria nazionale è andata dritta per la propria strada. E lo scollamento che ne è derivato, in tutte le province siciliane, da Palermo ad Agrigento a Caltanissetta, potrebbe avere come naturale conseguenza il disimpegno in campagna elettorale e portare quindi i dem a una sonora sconfitta.
Tra chi ha scelto di rinunciare alla candidatura c’è il deputato uscente Francesco Ribaudo, nel collegio uninominale Camera Circoscrizione Sicilia1 (Monreale). “Bisogna fare un excursus su questi ultimi giorni per capire a fondo lo strappo che si è consumato in queste ultime ore – spiega in un post sul suo blog. – Rimango davvero esterrefatto nel leggere il nome di Carmelo Miceli come candidato capolista nel collegio plurinominale in questione. Proprio colui che aveva il compito e la funzione, in qualità di segretario, di portare e supportare le istanze territoriali e di farsi portavoce presso i vertici nazionali della mia candidatura, così come richiesto dai rappresentanti dei circoli e dagli amministratori di 41 comuni del suddetto collegio, l’ha usurpata, disattendendo una volontà ampia e condivisa. Un vero e proprio abuso di potere di una candidatura nata in segreteria, nella stanza dei bottoni, lontano dalla gente che in questi anni ha contribuito a dare vita all’esperienza del Partito democratico”. “Per questo – prosegue – non posso accettare la proposta di candidatura solo all’uninominale, essendo la stessa una ‘foglia di fico’ con cui si tenta di camuffare lo scempio ormai consumato ai danni delle minoranze di questo partito. Non ci sono quindi le condizioni necessarie per affrontare con serenità la campagna elettorale”.
Ma sono Caltanissetta e Agrigento le due province siciliane dove il malumore è più sentito. Probabilmente già domani l’ex assessore Antonello Cracolici, che ha parlato di “decapitazione della sinistra” riunirà i suoi e ad Agrigento lo stesso farà l’ex deputato regionale Giovanni Panepinto. Tensione altissima a Caltanissetta dove nei
E c’è un altro nome che fa discutere ad Agrigento. “A creare ulteriore disagio nel partito – scrive in una nota Peppe Zambito, segretario provinciale del Pd di Agrigento – è la candidatura al collegio uninominale di Agrigento di Giuseppe Sodano, figlio dell’ex sindaco di Agrigento Lillo Sodano. Nulla da ridire sul piano personale, preoccupa, invece, essere venuti a conoscenza delle sue simpatie per la destra di Nello Musumeci e la sua militanza in Generazione Futuro di Gianfranco Fini. Comprendiamo che in una coalizione gli alleati rivendichino spazio e che Agrigento sia stata ‘ceduta’ in quota ‘Civica e Popolare’ della Lorenzin, ma riteniamo che ciò non possa in nessun modo giustificare scelte che sono culturalmente distanti dai valori del centro sinistra e che stridono con la nostra storia”.
È invece tra le esclusioni “eccellenti”, quella di Magda Culotta, anche lei deputato uscente. “Cinque anni fa – dice in un video in cui commenta la composizione delle liste da parte della direzione dem – grazie alle primarie del Partito democratico, sono approdata in Parlamento. In quella occasione abbiamo assistito a una grande mobilitazione popolare che ha concesso il rinnovamento della classe dirigente del nostro Partito. Oggi invece, la scelta dei candidati si è trasferita a Roma, a porte chiuse, segnando nei fatti l’esclusione di tante esperienze, di tanti anni di battaglie, ma soprattutto di una parte importante che è rappresentata dalla sinistra del Partito democratico”. “Queste scelte, seppur amare, non ci devono scoraggiare e abbattere e non devono fare in modo che il nostro percorso politico si fermi qui. Perché il Pd non sarà e non può essere il partito dei soli eletti, ma sarà ancora il partito degli elettori, degli amministratori locali, dei segretari di circolo, dei militanti e soprattutto di tutti quei cittadini che quotidianamente provano e cercano di fare crescere questa nostra comunità politica. Il mio impegno personale e quello dei tanti altri colleghi esclusi – conclude Magda Culotta – non si ferma qui”.
Anche un altro illustre uscente non ricandidato, Beppe Lumia, ha manifestato l’intenzione di non mollare: “È stato dato un altro colpo mortale all’idea di partito progressista, plurale, fatto di culture politiche, di classi dirigenti, di progettualità. Lascio il Parlamento – scrive su Facebook – ma non la politica e nessuno si illuda che io sia disposto ad abbandonare l’idea di costruire un Pd realmente democratico”.
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28 Gennaio 2018, 13:43