Livatino proclamato beato, sarà festeggiato il 29 ottobre

Livatino proclamato beato, sarà festeggiato il 29 ottobre

La camicia che indossava il giorno dell'attentato conservata nella cattedrale di Agrigento
LA CERIMONIA
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AGRIGENTO – Rosario Livatino è il primo magistrato nella storia ad essere beato. La sua festa sarà celebrata ogni 29 ottobre. A renderlo noto è stato il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che ha letto la disposizione di Papa Francesco davanti a ventuno vescovi siciliani e una cinquantina di autorità nazionali e regionali presenti all’interno della Cattedrale di Agrigento: “Accogliendo il desiderio del cardinale Francesco Montenegro, e di molti altri fratelli nell’episcopato e di molti fedeli, concediamo che il venerabile Rosario Livatino, laico e martire che nel servizi della giustizia fu testimone credibile del Vangelo, d’ora in poi possa chiamarsi beato”. Un lungo applauso ha accompagnato la proclamazione del servo di Dio Rosario Angelo Livatino con il Coro Diocesano che ha intonato l’inno a lui dedicato “Sub Tutela Dei”, un motto che ha caratterizzato l’esistenza del giudice. Durante la cerimonia è stata mostrata per la prima volta, collocata nei pressi dell’altare del duomo, la reliquia del nuovo beato: si tratta della camicia insanguinata che il giudice Rosario Livatino indossava quel 21 settembre 1990 quando un commando della Stidda lo uccise lungo la strada statale 640. A portarla in processione è stato Salvatore Insenga, primo cugino del magistrato, in rappresentanza della famiglia.

L’OMELIA

“C’è una parola di Rosario Livatino su cui stamane vorrei riflettere, davanti a voi – ha detto durante l’omelia il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi – una parola che mi pare possa aiutarci a comprendere non soltanto la sua vita, ma pure la sua santità e il suo martirio. La traggo dalla sua conferenza del 7 aprile 1984 su «Il ruolo del giudice nella società che cambia», dove si legge: «l’indipendenza del giudice è nella sua credibilità, che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni ed in ogni momento della sua attività”.

IL VESCOVO DI AGRIGENTO

“Sono passati quasi trent’anni dallo storico grido di San Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, quando, dopo aver incontrato i genitori del giudice e a conclusione della solenne celebrazione eucaristica, invitava in modo accorato i mafiosi a convertirsi. Da allora la nostra chiesa – ha affermato il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento – ha sentito il bisogno di conoscere meglio la figura del giovane giudice. Le testimonianze raccolte e la ricostruzione della vita del beato Livatino ci hanno spinto ad aprire la fase diocesana del processo di beatificazione. Alla sua conclusione, la documentazione è stata consegnata alla Congregazione dei Santi per i passaggi previsti e ha avuto la conferma nella scelta di Papa Francesco di dichiararlo martire. Si tratta del primo giudice che viene riconosciuto martire a motivo della fede professata e testimoniata fino all’effusione del sangue. Speriamo che questa nostra terra di Sicilia, che purtroppo ancora soffre a motivo della mentalità mafiosa, faccia tesoro di questa lezione”.

I COMMENTI

“Giustizia coniugata al dono della fede.” Lo ha detto il presidente della Regione, Nello Musumeci presente alla cerimonia: “Livatino ha saputo dimostrare come possano essere concilianti speranza e dovere di obbedire alle leggi dell’uomo e del diritto. La mafia lo ha messo fuori gioco perché era un simbolo. La magistratura, aldilà delle pecore nere che non mancano nella vita civile, merita tutto il nostro rispetto.” . “Rosario, che ho conosciuto, è per noi magistrati un modello e un martire della giustizia e della fede. E’ importante avere in lui un magistrato da imitare.” ha dichiarato l’ex presidente del Senato, Piero Grasso. “Rosario Livatino è un esempio alto a cui dobbiamo ispirarci – ha detto il procuratore capo Luigi Patronaggio – un faro da seguire”. “Rosario Livatino era un uomo di stato ma anche attento alle persone e alla dignità di tutte le persone. La sua figura ci invita ad essere più autentici e cristiani, capaci di guardare verso il cielo ma di assumerci anche le responsabilità verso la terra. Livatino vive.” Così don Ciotti. “E’ una giornata di festa per Canicattì e per tutta la provincia agrigentina” hanno dichiarato i sindaci delle due città, Franco Miccichè ed Ettore Di Ventura.

LA VITA DEL GIUDICE

Primo e unico figlio di Vincenzo Livatino e Rosalia Corbo, Rosario Angelo Livatino nacque a Canicattí, Provincia e Arcidiocesi di Agrigento, il 3 ottobre 1952 e fu portato al fonte battesimale il 7 dicembre successivo nella locale chiesa parrocchiale di San Pancrazio. Terminati gli studi ginnasiali-liceali dal 1958 al 1971, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Palermo, dove il 9 luglio 1975 conseguì la Laurea con il massimo dei voti. Sulla tesi scrisse il suo motto: “Sub tutela Dei”. Superato il concorso per entrare in Magistratura, fu impiegato presso l’Ufficio del Registro di Agrigento. Dal 18 luglio 1978 lo troviamo attivo per il tirocinio presso il Tribunale di Caltanissetta. Il 24 settembre 1979 gli vennero conferiti gli impegni giurisdizionali con l’immissione in ruolo e con l’incarico di Uditore giudiziario con funzioni di Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento. Il 21 agosto 1989 gli fu affidato l’incarico di Giudice della sezione penale presso lo stesso Tribunale di Agrigento, che egli svolse per poco più di un anno. La mattina del 21 settembre 1990, infatti, mentre si recava senza scorta con la sua Ford Fiesta da Canicattì al Tribunale di Agrigento, cadde per mano di un commando di killer mafiosi, agli ordini delle Stidde di Canicattì e Palma di Montechiaro, di Cosa Nostra, e che odiavano la sua fede e la sua integrità nell’esercizio della giustizia.


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