20 Gennaio 2014, 17:27
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PALERMO – Un leone in gabbia. Tutt’altro che domato. Il leone è Totò Riina. La gabbia è quella del carcere di Milano Opera. Durante l’ora d’aria, mentre passeggia con un altro boss, Alberto Lorusso della Sacra corona unita, il capo dei capi sfoga la sua rabbia. Soprattutto contro Antonino Di Matteo, pubblico ministeri del processo sulla trattativa Stano-mafia assieme a Vittorio Teresi, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene. Lo vuole morto. E non usa troppi giri di parole. Le intercettazioni sono state depositate al dibattimento. Una trentina di conversazione in tutto. Finora se ne conosce il contenuto di sette. Ed è un’escalation di minacce.
“E allora organizziamola questa cosa. Facciamola grossa e dico non ne parliamo più. Di Matteo gli hanno rafforzato la scorta non se ne va più… una esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo… io ve l’ho detto ieri deve succedere un manicomio deve succedere per forza…”. Ecco le parole choc pronunciate da Riina.
17 ottobre 2013. il riferimento a Rocco Chinnici
E’ la prima volta in Riina manifesta il suo nervosismo. Ci sono le cimici nello spazio esterno dove il padrino corleonese passeggia con Lorusso, pure lui al 41 bis. E raccolgono il riferimento che Riina fa al giudice Rocco Chinnici, ucciso dal tritolo di Cosa nostra: “… prima fanno i carrieristi a spese dei detenuti… poi saltano in aria quando gli succede quello che gli è successo… quello là saluta e se ne saliva nei palazzi. Ma che disgraziato sei, saluti e te ne sali nei palazzi, Minchia truuu e poi e sceso, disgraziato, il procuratore generale era di Palermo… per un paio di anni mi sono divertito quando vi mettevamo quella va suona (parlerebbe dell’esplosivo utilizzato per l’attentato del 1983), suona, a quello vai a suonare, minchia che gli ho combinato… se io restavo sempre fuori, io continuavo a fare un macello, continuavo a fare un macello, continuavo al massimo livello”.
25 ottobre 2013: le telefonate di Napolitano
Nella seconda intercettazione Riina e Lorusso toccano uno dei temi più scottanti del processo sulla trattativa. Quello delle telefonate fra il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e l’ex ministri Nicola Mancino. Telefonate distrutte per decisione della Consulta. In quei giorni si discute della volontà dei pm di fare testimoniare Napolitano in aula. “Io penso che qualcosa si è rotto”, dice Riina. E Lo Russo concorda: “… si devono prendere provvedimenti a questi magistrati, si deve togliere un po’ di potere. Riina: “Di più per questo che era a Caltanissetta, (il riferimento è a Di Matteo) è un disgraziato, è intrigante, questo vorrebbe mettere a tutti mani”. Poi parlano dei Graviano. Riina sa che il pentito Gaspare Spatuzza ha tirato in ballo i potenti capimafia di Brancaccio: “… meschini i picciotti, chiama i due fratelli… questi stavano… avevano… Berlusconi certe volte….”. Poi, però ne critica la scelta dei boss di volersi costituire parte civile al processo sulla morte del padre: “Ora che c’entra che vi andate a creare la parte civile… ma tua madre e tua sorella li devi gestire tu… fate le casalinghe, mi dispiace la morte del papà, è un dolore per noialtri, ma noialtri non possiamo fare una cosa di queste… si può perdere un uomo in un bicchiere d’acqua e quindi noialtri perché ci dobbiamo perdere in un bicchiere d’acqua?”.
26 ottobre 2013: le prime minacce concrete
E’ il verbale in cui le minacce a Di Matteo si mostrano in tutta la sua drammaticità. Riina è insofferente: “Questo pubblico ministero di questo processo, che mi sta facendo uscire pazzo, per dire, come non ti verrei ad ammazzare a te, come non te la farei venire a pescare, a prendere tonno, ti farei diventare il primo tonno, il tono buono… minchia ho una rabbia, mi sento ancora in forma, mi sento ancora in forma porca miseria… perché speranza dei giovani, no, no, no a me non devono insegnare nulla… io pure che ho cento anni. Sono un uomo e so quello che devo fare…”. Ed ancora un altro riferimento al capo dello Stato: “… questo Di Matteo, questo disonorato, questo prende pure il Presidente della Repubblica… ci finisce… lo sapete come gli finisce a questo la carriera? Come gliel’hanno fatta finire a quello palermitano, al pubblico ministero palermitano”. “A Castiglione”, risponde Lo Russo. Un errore, secondo gli investigatori: starebbe parlando del procuratore Pietro Scaglione, pure lui ammazzato per mano mafiosa.
14 novembre 2013: il mistero si infittisce
Una trascrizione preoccupa e non poco gli investigatori. Riina e Lorusso dimostrerebbero di conoscere una notizia riservata che circolava solo nella e mail dei magistrati. Nei giorni delle minacce a Di Matteo, i pubblici ministeri avevano messo nero su bianco la loro volontà di presentarsi in massa al processo accanto ai pm Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene. Una e mail riservata. Non per i due detenuti al 41 bis. Lorusso. “… hanno detto che alla prossima udienza ci saranno tutti i pubblici ministeri all’udienza… saranno presenti tutti”. Riina. Annuiva: “Ah tutti”.
16 novembre 2013: “Facciamola grossa”
La notizia delle minacce a Di Matteo sono già uscite sui giornali. Lorusso taglia corto: “Ma se una cosa del genere veramente la volesse fare lo diceva a loro? È chiaro che sono strumentalizzazione, questi preparano la strumentalizzazione per aumentare la scorta, per prendere un surplus in più di denaro, per fare carriera, lo fanno per questi motivi”. Totò Riina all’inizio sembra sposare la tesi del suo compagno di passeggiata: “Contenti loro, ma dove vogliono arrivare, dove vogliono arrivare”. Poi, perde la pazienza. Esce la mano sinistra fuori dal cappotto e mentre mima il gesto di fare fare in fretta pronuncia parole dal significato inequivocabile: “Ed allora organizziamola questa cosa, facciamola grossa e dico non ne parliamo più… perchèé questi, Di Matteo, non se ne va più, gli hanno rafforzato la scorta,e allora se fosse possibile… incomprensibile ad ucciderlo…. incomprensibile una esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo con i militari incomprensibile partivano la mattina da Palermo a Mazara c’erano i soldati poverini a fila indiana…a chi hanno fatto spaventare a nessuno… perché tanto che non hanno spaventare a nessuno che poi quello si è buttato a mare… m sta paura perché non veniva al tempo giusto, che tutti stavate spensierati tranquillamente”.
18 novembre 2013: “Incominciamo con Di Matteo”
L’ultima trascrizione è del 18 novembre: Ecco perché incominciamo con Di Matteo, perché Di Matteo tutte le cose le impupa lui… perché se lui pensa ma se questo è Riina, ma questo è così freddoso così terrificante, ma così malvagio… questo ci macina a tutti e ci mette a tutti sotto i piedi, a tutti minchia… le insegno un segreto siciliano Chi il dito bene si attaccò lo ha sempre sano”.
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