11 Maggio 2010, 10:40
2 min di lettura
“La mafia è una storia di classi dirigenti, è la storia di un potere criminale che ha servito una certa borghesia. Un pezzo di borghesia siciliana si è servita della mafia, ha gestito negli anni il controllo della spesa pubblica e l’urbanizzazione scriteriata delle città”. Sono parole forti quelle di Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria siciliana dal 2006 e presidente del Banco di Sicilia dal 2008.
Lo Bello in un’intervista a l’Unità spiega come sia più preoccupante il rapporto tra politica e mafia che la criminalità mafiosa a basso livello. “Il nostro obiettivo non è più solo la lotta alle estorsioni ma al metodo mafioso che alcuni imprenditori fanno proprio. Il sistema mafioso concede rendite parassitarie. Ciò avviene anche perché la nostra società è debole. E’ più pericoloso il mafioso che spara o l’imprenditore che, con la complicità della mafia, arriva al successo? Il vero pericolo non è solo la criminalità spicciola ma i crimini dei colletti bianchi, dietro ai quali c’è la distruzione del mercato, della ricchezza intellettuale e materiale di questo paese”.
Interrogativi che impongono una riflessione amara sugli strani incroci tra le classi dirigenti e la mafia. Dall’esigenza di metter luce e chiarezza sulla questione, Lo Bello, ha proposto e fatto approvare il Codice etico di Confindustria siciliana nel 2007 che espelle dall’associazione gli imprenditori che pagano il pizzo senza denunciare. A tal proposito Lo Bello aggiunge con soddisfazione: “Sono stati sospesi molto imprenditori sospettati di collusione con la mafia che si erano rifiutati di denunciare il racket. Alcuni sono stati espulsi. Molti hanno denunciato, questo è il vero successo della nostra iniziativa”.
Lo Bello, in prima linea nella lotta ai colletti bianchi implicati in associazioni mafiose, è fermamente convinto della necessità di un intervento radicale in Sicilia e nel Sud in generale: “Pur essendo io un riformista, penso che ci sia bisogno di radicalità. In Sicilia è necessario essere radicali, è il contesto che lo impone. Come fai a riformare un sistema che in alcune sue parti vive di connivenza, di mercati protetti, di diritti che non esistono, di solidarietà sociali inesistenti? Al Sud e in Sicilia il problema è l’assenza di mercato, l’assenza di regole. Questo ha prodotto la tolleranza e l’indifferenza – che oggi sta venendo meno – verso forme di collusione e corruzione. Senza regole i cittadini sono sudditi e la politica esercita un potere totalizzante assoluto. Questo è il tempo e il luogo della radicalità”.
Secco anche il giudizio del Presidente di Confindustria su Raffaele Lombardo e la Finanziaria approvata negli ultimi giorni: “I numeri dell’economia siciliana rivelano un disastro. Ci troviamo davanti ad una macchina amministrativa enorme, inefficiente, costruita per riprodurre nel tempo un sistema clientelare e assistenziale. Tutto questo ha creato la crescita più bassa e la disoccupazione più alta dell’intero Paese. C’è nuova e inedita plebe priva di identità politica, inconsapevole dei propri diritti di cittadinanza, subordinata alla parte peggiore della politica meridionale. Questo è il vero voto di scambio”.
Pubblicato il
11 Maggio 2010, 10:40