03 Settembre 2015, 06:00
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CATANIA – La riqualificazione del palazzo di cemento di Librino è un atto che va oltre il decoro urbano di una città. E’ un colpo di martello alla malavita organizzata che nella pancia dello scheletro di mattoni ha creato una roccaforte della mafia in piedi per decenni. Un centro di smistaggio della cocaina, un deposito di auto e merce rubata, nascondiglio di arsenali. Una zona franca alla legge è stata per anni il viale Moncada, 3. E qui non c’entrano gli appartamenti occupati abusivamente. Oltre vuol dire che quei sedici piani incompleti sono diventati il simbolo del potere mafioso.
E ancora scolpito nei ricordi di molti residenti di Librino il blitz interforze per bonificare il palazzo di cemento. Una foto quasi sbiadita perchè dopo il pugno duro di polizia, carabinieri e finanza si attendeva l’azione dell’amministrazione comunale con l’apertura dei cantieri di ripristino. E forse il 2015 potrebbe essere l’anno giusto per il cambio di rotta definitivo: la prova che non ci sono “palazzi” dove la mafia può localizzare il suo trono di potere.
Eppure per anni è stato così: la famiglia Arena e i fratelli Nizza hanno gestito gli affari attorno al palazzo di cemento fin dagli anni ’90 portando l’effige dei Santapaola. E Giovanni Arena e Fabrizio Nizza sono stati per anni i “temuti” boss di Viale Moncada 3: nel 2007 la mafia militare convoca un summit per “acquietare” gli animi ed evitare uno scontro diretto tra le due fazioni di spacciatori che ambivano a diventare i monopolisti degli affari illeciti di Librino e del palazzo di cemento. E in quella riunione gli Arena diventano “indipendenti” e vicini agli Sciuto Tigna, “alleati” dei Cappello Carateddi di Orazio Privitera e Sebastiano Lo Giudice. Giovanni Arena fu catturato al termine di una brillante caccia all’uomo da parte della Squadra Mobile di Catania, all’epoca guidata da Giovanni Signer. Mentre Fabrizio Nizza arrestato dai Carabinieri ha deciso di collaborare con la giustizia e dalle sue rivelazioni sarebbe emerso che gli Arena, decapitati del “re”, sarebbero tornati tra le file dei Santapaola.
Le retate che si sono susseguite hanno portato alla caduta dei boss, ora il colpo finale da infliggere ai clan di Librino è quello di riappropriarsi del patrimonio pubblico. Non sono solo le manette ai polsi a portare vittorie allo Stato nella guerra contro le mafie.
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03 Settembre 2015, 06:00