19 Giugno 2015, 05:02
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CATANIA- Un fiume di soldi all’estero, circa 52milioni di euro. Il Pm Antonino Fanara segue da almeno 7 anni i fondi che Ciancio ha depositato in Portogallo, in Lussemburgo e in Svizzera.
Guardia di Finanza e carabinieri del Ros si sono alternati nelle indagini e adesso, sotto il coordinamento di Giovanni Salvi, è arrivato il sequestro di 17milioni di euro e la richiesta di rinvio a giudizio dell’editore-imprenditore catanese.
La battaglia sarà dura, soprattutto nell’udienza di oggi, le indagini del Ros dovrebbero aver fornito alla Procura gli elementi idonei per sostenere l’accusa in giudizio, Ciancio promette battaglia, ha cambiato avvocato, si è rivolto a Carmelo Peluso e sostiene che la provenienza dei fondi sarebbe lecita.
I PILASTRI DELL’ACCUSA. Due sono i pilastri che la Procura sta verificando: il primo è la provenienza dei fondi, che secondo quanto ha comunicato ieri Salvi, sarebbero “mafiosi”, tanto da parlare di “sequestro antimafia”. Ed è proprio tra le carte, segretissime, del Ros, che si dovrebbe trovare la conferma di queste ipotesi. Si tratta di elementi che rafforzerebbero lo stesso concorso esterno. Il secondo aspetto è quello fiscale, cioè la presunta evasione. Pare che Ciancio abbia inizialmente negato, in sede di interrogatorio, di possedere soldi all’estero.
Solo dopo l’interrogatorio avrebbe proceduto con la denuncia dei fondi. L’editore non avrebbe dichiarato al fisco gli utili annuali del gruzzoletto milionario tenuto in diversi paradisi fiscali.
Ma l’editore sostiene l’esatto contrario: avrebbe sempre dichiarato al fisco i fondi che sarebbero di provenienza lecita.
LA PISTA SEGRETA DELLA FINANZA. Agli atti del procedimento a carico di Mario Ciancio ci sono le indagini fiscali della Guardia di Finanza, indagini complesse, finite anche al centro dell’iniziale richiesta d’archiviazione nei confronti di Mario Ciancio, indagini che, però, alla luce del nuovo sequestro, hanno la loro importanza. Per la Procura etnea sarebbero riconducibili a Ciancio due fondi milionari a Madeira, in Portogallo e uno in Lussemburgo del valore di 5,5milioni di euro. Ciancio risulta aver versato nei fondi la somma di 3.102.676 euro, di cui 2.385.470 euro sarebbero stati versati direttamente da Ciancio e 717.206 euro invece da Mario De Benedetti “in nome e per conto del Ciancio”. Questi fondi avrebbero un utile stimato di 1.385.324 euro.
Le indagini hanno documentato la visita dell’economista Raffaella Quarato negli uffici di Ciancio. In quell’occasione, la Quarato avrebbe richiesto all’editore catanese di effettuare ulteriori investimenti nei fondi proponendo un’operazione strutturata e complessa che prevedeva il controllo dell’investimento tramite una società italiana e una società olandese. Il progetto prevedeva che Ciancio, tramite una società italiana, avrebbe comprato una società denominata Alexandra del Lussemburgo. Quest’ultima, avrebbe poi emesso delle obbligazioni che sarebbero state comprate dalla fiduciaria Plurifid Spa di Torino, poi incorporata da Solofid Spa, controllata di Ubi Banca. Al centro di questo rimbalzo societario, la Plurifid avrebbe avuto il ruolo di controllare i fondi del Portogallo. Ma non è finita. Per fare girare il denaro estero su estero, secondo gli investigatori, grazie al ruolo della Plurifid, Aleksandra avrebbe avuto la liquidità necessaria per effettuare un prestito alla Golden Summit che Ciancio possiede alle isole Mauritius, che a sua volta avrebbe corrisposto la somma ai fondi lussemburghesi.
Secondo le ipotesi della guardia di finanza, però, “l’operazione non era volta ad effettuare un nuovo investimento, ma al contrario, a fare rientrare in Italia i fondi che erano stati allocati all’estero, ossia nella Golden Summit di Ciancio alle Isole Mauritius”. La Golden Summit avrebbe dovuto cedere le sue quote e soprattutto i diritti di investimento sui tre fondi milionari alla società olandese Aleksandra. Quest’ultima, con tutto il corredo milionario, sarebbe stata acquistata da una società italiana di Ciancio per soli 7.500 euro. L’operazione sarebbe stata collegata ad un prestito che Aleksandra avrebbe ricevuto dalla fiduciaria Plurifid e bilanciata dall’emissione di bond da parte della stessa Aleksandra.
Ci sono poi i fondi in Svizzera, circa 52milioni di euro, e i 17 milioni sequestrati ieri dalla Procura.
Inizia la lunga giornata giudiziaria dell’uomo più potente di Sicilia. LA REPLICA.
E’ stata incentrata soltanto sulle tre domande di costituzione di parte civile l’udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’editore Mario Ciancio Sanfilippo, per concorso esterno all’associazione mafiosa. A presentarle sono stati l’Ordine dei giornalisti di Sicilia, i familiari del commissario della polizia di Stato Beppe Montana e Sos Impresa, associazione antiracket di Confesercenti. I legali dell’editore non si opposti e la Procura ha dato parere favorevole. Il Gup di Catania, Gaetana Bernabò Distefano, ha aggiornato l’udienza al 14 ottobre per deliberare sulle richieste. L’Ordine dei giornalisti siciliani, ha spiegato l’avvocato Dario Pastore, ha agito per “tutelare la propria immagine e difendere l’integrità del lavoro dei colleghi e l’autonomia e l’indipendenza dell’informazione”. Dario e Girlando Montana, fratelli del commissario Beppe ucciso dalla mafia a Palermo, ha detto l’avvocato Goffredo D’Antona, contestano la mancata pubblicazione di un necrologio sul quotidiano La Sicilia, nel trigesimo della morte del poliziotto, che sarebbe stato rifiutato perché conteneva l’affermazione “con rinnovato disprezzo alla mafia e ai suoi anonimi sostenitori”. Sos impresa di Confesercenti, con l’avvocato Fausto Maria Amato, ha ritenuto, se confermate le tesi dell’accusa “colpita la libertà di iniziativa economica”. I legali dell’editore, gli avvocati Carmelo Peluso e Francesco Colotti, quest’ultimo in rappresentanza di Giulia Bongiorno, hanno sottolineato che “è giusto che le valutazioni le faccia il giudice: noi saremo felici di dimostrare anche alle eventuali parti civili, e in generale a tutti, l’estraneità alle accuse di Ciancio”.
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