Lombardo e le carte false | Si commissari la Regione

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30 Marzo 2010, 18:12

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La maledizione di Palazzo d’Orleans ha colpito ancora. Provenzano e Drago sono inciampati nei fondi riservati della Regione, Cuffaro e Lombardo nelle accuse di aver favorito mafiosi. Per l’attuale governatore siamo alla prima fase dell’agonia: un rapporto dei Ros lungo 5 mila pagine, la fuga di notizie, le rituali smentite, lo stillicidio che giorno dopo giorno lo azzopperà sempre di più. Dietro la fiducia dei suoi assessori e di parte degli alleati, c’è una cambiale in bianco pronta ad essere messa all’incasso non appena si diraderanno le nebbie dell’inchiesta e diventerà più concreto il profilo dei reati contestati. Al telefono uno degli uomini più fedeli del governatore sosteneva qualche ora fa che l’avventura di Raffaele Lombardo si può considerare ormai finita. Perchè al di là della veridicità o meno delle accuse, è improbabile che la Procura chiuda questa inchiesta in tempi rapidi. Ci sarà un magistrato che esaminerà la copiosa documentazione raccolta in oltre due anni di indagini, ce ne sarà un altro che probabilmente chiederà il giudizio, altri ancora che dovranno decidere se mandare o meno il presidente della Regione a processo. Mesi e mesi nei quali Lombardo apparirà come l’anello debole di una coalizione politica sotto ricatto. Se a ciò aggiungiamo che la nuova giunta sconta già una debolezza in termini numerici e politici, si può immaginare la rapida dissoluzione del Lombardo-ter. Quello che tuttavia non si può immaginare è il dopo-Lombardo. Perchè è indubbio che le continue e doverose indagini della magistratura stanno lasciando scoperto il nervo di quei politici che, più o meno inconsapevolemente, scendono a patti con personaggi della cosidetta zona grigia,siano essi architetti al soldo di Cosa nostra o autisti al servizio dei boss. E’ un legame che non pone nessuno al riparo da sospetti e da possibili risvolti giudiziari. E’ la politica dei baci di Totò Cuffaro e dei comizi dove può spuntare la foto compromettente, dei fac-simile trovati nei covi dei boss e lasciati lì chissà da chi e dei buoni pasto o buoni benzina regalati nei quartieri a rischio per raccattare quanti più voti possibili. In una Regione dove l’unica “fabbrica” che non chiuderà mai è quella della Regione e il favore politico resta quasi un dovere piuttosto che l’eccezione, significa che questo circuito vizioso sarà difficile se non impossibile da spezzare. Ci ha provato Lombardo, mettendo ad esempio un magistrato a guardia dell’assessorato tra i più “permeabili” della pubblica amministrazione, la Sanità. E  in qualche modo la sfida l’ha vinta, consentendo a Massimo Russo di varare una riforma che, pur con tutti gli inquinamenti di una certa politica, affamata di nomine e poltrone, inciderà pesantemente su un sistema che si reggeva su sprechi e padrinaggi, su clientele fameliche e insopportabili privilegi. Non è bastato, o meglio, non basta più. Perchè Russo sembra destinato a fare la fine profetizzata da Sandra Amurri e ribadita stamattina sul Fatto quotidiano: “Quando Lombardo nominò il pm antimafia Massimo Russo scrissi che quella nomina portava con sè il concreto dubbio che Lombardo l’avesse utilizzata come strumento per ricostruirsi una verginità politica e giudiziaria”.

A che cosa allude Sandra Amurri se non alle carte truccate della politica? Quella di Salvo Lima complice della mafia e quella di Leoluca Orlando che sull’antimafia ha costruito le sue fortune, quella di Totò Cuffaro che, stando a due gradi di giudizio, la mafia l’ha favorita e quella di Raffaele Lombardo che l’antimafia l’ha voluta in giunta col sospetto di crearsi un alibi e una copertura. Un gioco che, se dimostrato, sfiora la perversione. E che bisogna al più presto spezzare. Se Lombardo crede realmente alla legalità e alla trasparenza faccia un passo indietro. Stacchi la spina di un governo in agonia e azzeri la sua giunta. Si autosospenda ma prima lanci l’ultima sfida, o provocazione: metta dentro in giunta dodici magistrati senza altre ambizioni se non quella di rifondare la Regione. Una sorta di “commissariamento” della politica, da qui a tre anni, sino alla fine della legislatura. Siano loro a traghettare la Sicilia verso una nuova stagione di legalità. Siano questi dodici “commissari”  a ridare un ruolo e una motivazione ai burocrati che non firmano più nulla, per paura o negligenza e a restituire finalmente una  speranza a chi vuole investire in Sicilia e scappa via al solo pensiero di poter essere coinvolti in qualche vicenda di mafia. Non c’è altra strada per fare ripartire la spesa pubblica, bloccata dalla mancata approvazione del bilancio e da una coalizione debole che non ha i numeri per governare; o per mettere ordine nei finanziamenti comunitari ancora paralizzati. La Sicilia ha bisogno di questo “commissariamento”. Non solo per ridare una prospettiva a quei giovani che si sentono traditi dalla politica ma anche per consegnare un futuro ai nostri figli che sappiamo già porteremo via per farli crescere in una terra diversa. Sapremo che ogni scelta, ogni atto varato, avrà così, con questro strumento straordinario, il timbro della legalità, che non genererà sospetti nè polemiche. Dopo sei anni in cui si sono succeduti presidenti comunque finiti sotto inchiesta, per questa Regione sarà un bel passo in avanti.

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30 Marzo 2010, 18:12

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