17 Luglio 2009, 14:08
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Racconta Agatino Svetonio, nomen omen, biografo ufficiale dell’augusto presidente della Regione, che Raffaele Lombardo e’ cresciuto, culturalmente e politicamente, alla scuola dei salesiani. Come Silvio Berlusconi, come Giancarlo Caselli. E racconta pure che il Governatore della Sicilia fu tra gli alunni piu’ diligenti e intelligenti delle Salette, quartiere San Cristoforo di Catania, dove don Innocenzo Bonomo, un sacerdote umile e sapiente, era solito ricordare ai giovani dell’oratorio che Gesu’ spezzo’ il pane non per dividere gli apostoli ma per legarli in un patto di fede e di speranza. ‘E’ il miracolo dell’Eucaristia’, ripeteva il sant’uomo. ‘Spezza oggi e spezza domani, il Signore ha costruito la comunione dei credenti e l’unita’ della sua Chiesa’. Sono passati quarant’anni, o giu’ di li’. Se Raffaele Lombardo – che, per carita’, resta un uomo timorato da Dio – avesse scoperto in se’ una vocazione sacerdotale, probabilmente avrebbe seguito alla lettera le parole di don Bonomo. Ma ha scelto un’altra strada, certamente piu’ cinica e piu’ sfrontata, e quindi nessuno potra’ mai rimproverargli di avere interpretato in senso lato lo spirito delle Salette. La sua missione e’ la politica. E la politica di Raffaele Lombardo ruota essenzialmente attorno a un comandamento, unico e irrinunciabile: dividere, dividere, dividere. Se poi, da questa sua ossessiva voglia di spezzare il pane degli altri, nascera’ una qualche unita’ per la Sicilia – per esempio: l’unita’ di tutti i siciliani onesti – e’ un dettaglio tutto da verificare.
Finora, comunque, gli e’ andata bene. Anzi, benissimo. Per conquistare tutto il potere ammassato nei piani alti della Regione, il Governatore ha giocato d’azzardo e ha puntato su un cavallo di razza, irrequieto e bizzarro, ma pronto a qualsiasi impennata: Gianfranco Micciche’. Il padre fondatore di Forza Italia in Sicilia viveva da quasi due anni una frustrante condizione di marginalita’. I nuovi padroni del Pdl siciliano, Angelino Alfano e Renato Schifani, lo stringevano sempre piu’ all’angolo e puntualmente Lombardo ne ha saputo approfittare. Con un taglio di rasoio ha staccato Micciche’ dal correntone di maggioranza e lo ha trasformato in un alleato di ferro per l’attacco finale non solo alle postazioni di Alfano e Schifani, ma soprattutto ai feudi sconfinati dove pascolavano e si ingrassavano le clientele di Toto’ Cuffaro. La micidiale trappola scatta a meta’ maggio, nell’immediata vigilia delle elezioni europee. Il Governatore azzera la giunta e annuncia che ne fara’ un’altra ancora piu’ bella e sicilianista. ‘Caccero’ gli assessori che hanno remato contro’, dottoreggia. E cosi’, cacciando cacciando, si libera non solo dei due assessori cuffariani ma anche di Francesco Scoma, quel fior fiore di giovanotto tanto legato al presidente del Senato. Ma il vero delirio divisorio scatta subito dopo, nel momento in cui c’e’ da formare la nuova giunta. Nella maggioranza del Pdl, quella che non sopporta le giaculatorie sicilianiste di Micciche’, ci sono due personaggi che un dialogo aperto con Lombardo vorrebbero invece tenerlo. Sono Dore Misuraca, per anni braccio destro di Angelino Alfano, e Pippo Scalia l’ex coordinatore di An che Ignazio La Russa ha detronizzato per fare uno sfregetto a Fini. Loro propongono due assessori, Gaetano Armao e Luigi Gentile, in contrapposizione al dettato del neo coordinatore regionale del Pdl, Giuseppe Castiglione. E Lombardo ci sta, eccome. Ma spaccare in tre parti la montagna incantata del Pdl ancora non gli basta. Vuole spaccarla in quattro. E per soddisfare appieno questa sua libidine l’ex allievo dei salesiani mette Alfano e Schifani con le spalle al muro. Gli offre due assessorati e i due sventurati, come la monaca di Monza, rispondono. Alfano accetta la nomina di Nino Beninati ai Lavori Pubblici e Schifani, l’ex padre padrone del partito, si accontenta della nomina di Mario Milone al Territorio. Un’elemosina. Che pero’ manda su tutte le furie Castiglione: ‘Ma come, mi avete spinto alla guerra contro questo governo e ora accettate i due assessorati?’. Lo smarrimento di Castiglione suona all’orecchio di Lombardo come musica celestiale, un’armonia di cielo e di stelle.
Ma il Governatore, si sa, e’ uno frantoio seriale. Se in un giorno non riesce a spaccare ne’ un partito ne’ un gruppo ne’ una corrente si sente male. La crisi di astinenza – annotano i biografi piu’ attenti – gli procura tremendi effetti collaterali, come l’insonnia e la sudorazione fredda. Per sua fortuna, dopo la formazione della giunta, arriva la questione della governabilita’.
Riuscira’ la giunta messa insieme dopo tante spaccature a raggranellare uno straccio di maggioranza all’Assemblea regionale?
L’ascia affilata del Presidente mira alla testa del Pd. Il gruppo di Antonello Cracolici, per quanto sparuto, abbraccera’ il sicilianismo della nuova ditta o il patto d’opposizione proposto da Cuffaro? La divisione arriva dopo un istante perche’ Cracolici va a un dibattito con Micciche’ e dice di avvertire anche lui lo stimolo meridionalista. Ma quando il ribelle Micciche’ fa la sua puntualizzazione al Corriere della Sera – ‘Dietro di me c’e’ stato e ci sara’ sempre Marcello Dell’Utri’ – il Pd esce dal frantoio di Lombardo ed entra nel frullatore delle proprie contraddizioni.
Insorge Rita Borsellino, si ingrugniscono i moralisti e fanno sentire la propria voce anche i forcaioli eternamente sospesi tra il partito di Dario Franceschini e quello di Antonio Di Pietro.
Lombardo non lo sa ancora, ma la polverizzazione del Pd ha pure un corollario: la frantumazione, comunque tenuta ben nascosta, del cosiddetto fronte antimafia. Rita Borsellino, chiamata a catoneggiare sul fatto che la giunta e’ ‘nte manu di Dell’Utri e delle lobby del professor Gianni Puglisi, si appella alla sensibilita’ dei due magistrati coraggiosi, Massimo Russo e Caterina Chinnici, che il presidente della Regione ha voluto accanto a se’ come assessori. Ovviamente non ottiene risposta (i coraggiosi si arrogano spesso il coraggio di non rispondere) e questo la dice lunga sulla concordia che regna nel meraviglioso mondo dei duri e puri. Quello che invece Lombardo sa ma non dice riguarda l’ultimo suo capolavoro. Dopo avere spaccato il Pdl e la corrente di maggioranza del Pdl; dopo avere spaccato gli ex di An e gli ex comunisti del Pd; dopo avere spaccato giustizialisti e professionisti dell’antimafia, il Governatore venuto da Catania e’ riuscito a spaccare persino il suo partito. In un impeto incontrollato di delirium divisorio l’affettatrice di palazzo d’Orleans ha deciso all’improvviso di rivolgere le lame verso l’Mpa, il movimento che il presidente della Regione, spaccando man mano gli altri partiti, e’ riuscito a trasformare in un asso pigliatutto. Succedeva infatti che, all’ombra di quella sigla, carne e sangue del suo fondatore, crescevano due galli dello stesso peso e della stessa statura: Lino Leanza e Giovanni Pistorio. Negli ultimi mesi pero’ il senatore Pistorio, ex assessore regionale alla Sanita’, aveva creduto – grazie alle sue sfavillanti amicizie d’alto bordo – di potere alzare un pochino la testa e la cresta. E di imporsi soprattutto come futuro leader, a scapito di Leanza. Lombardo, che di ombre ne vede tante, ovviamente non ha gradito. E quando si e’ trattato di nominare l’assessore ai Beni Culturali, accuratamente riservato all’Mpa, ha preferito consegnare il bastone del comando a Leanza e non al candidato di Pistorio. Niente di grave, vivaddio. Solo un colpetto sulla fronte. Di quelli che in politica equivalgono a un consiglio difficile da rifiutare: picciotto, adagio, non ti allargare. Il senatore ha urlato un po’, ha fatto pure la vittima e il tragediatore, ma alla fine ha capito e ha incassato. Lombardo, del resto, non ne poteva fare a meno: sapeva che Pistorio aveva gia’ un’ipoteca – politica, va da se’ – su Russo e, tramite Russo, un tentacolino anche su Caterina Chinnici; e sapeva anche di una forte cointeressenza con lo studio dell’assessore Armao, rinomata industria di consulenze pagate a peso d’oro dalla pubblica amministrazione: con quale faccia, quell’ingordo, pretendeva pure i Beni Culturali? Da qui la scelta a favore del piu’ mite e riservato Leanza. Sostiene Agatino Svetonio, storico e biografo dell’augusto presidente della Regione, che nessuno, nemmeno don Innocenzo Bonomo, povero salesiano afflitto da una inguaribile miopia, avrebbe mai immaginato che un giorno l’ex alunno delle Salette, ‘spezza oggi e spezza domani’, avrebbe spezzato anche se stesso. Era un principio che la teologia non avrebbe mai potuto accettare. Perche’ non solo e’ contro le leggi della fisica, ma anche contro la metafisica.
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17 Luglio 2009, 14:08