L’ombra della mafia sul Consiglio |Le reazioni dell’aula

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08 Gennaio 2016, 05:04

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CATANIA – Nessuno intende fare i nomi, in commissione regionale antimafia. Ma proprio i nomi sono quelli che intendono conoscere i consiglieri comunali, nessuno escluso, forse anzi compatti tutti per la prima volta su una questione: occorre sapere di chi si parla nella relazione inviata alla Procura della Repubblica, che racconterebbe di presunte infiltrazioni mafiose nel senato cittadino, da parte di due esponenti del Consiglio, oltre che di un terzo consigliere di circoscrizione.

E’ questo l’argomento che, stasera, ha tenuto banco, nella fase delle comunicazioni, tra gli scranni del senato cittadino, chiamato a eleggere il nuovo collegio dei revisori dei conti. Sulla scia di quanto affermato dalla presidente del Consiglio comunale Francesca Raciti, che ha evidenziato come occorra “un lavoro puntuale e tempestivo che garantisca in tempi certi chiarezza e completezza nelle informazioni, nel rispetto tanto del lavoro degli organi inquirenti tanto dell’onorabilità delle istituzioni cittadine, del Consiglio Comunale e delle singole persone che lo compongono”. “Aspettiamo che gli organi di competenza procedano – dice – ma credo sia fondamentale fare in fretta per evitare che a essere investito sia l’intera assemblea cittadina. Io auspico che si facci presto chiarezza per il rispetto delle istituzioni, del Consiglio comunale tutto e delle singole persone che lo compongono”.

Non bisogna coinvolgere l’istituzione tutta, dunque. Ciò che ribadiscono i consiglieri. Come il vicepresidente Sebastiano Arcidiacono. “Ho apprezzato la posizione di richiesta urgente di chiarezza da parte della presidente Raciti – afferma – anche io sono di quelli convinti che le istituzioni abbiano la loro sacralità. E che non ci debbano essere ombre sulle istituzioni. Per questo occorre chiarezza e che avvenga il prima possibile. Non voglio tirare le giacca a nessuno – continua – ma la mia preoccupazione è data dal fatto che quando ci sono ombre sulle istituzioni si innescano meccanismi di sfiducia e i nomi sussurrati a mezza bocca hanno effetto di gettare ombre su tutti, sui consiglieri e sulle persone che sono dietro la carica”.

Dello stesso tono gli interventi del consigliere Notarbartolo, che evidenzia come lo scandalo fosse già scoppiato lo scorso anno, quando il presidente Musumeci aveva anticipato il lavoro della commissione. E chiede trasparenza. “Siamo al centro di un’attenzione che non ci piace ricevere – dichiara: è giusto verificare, ma occorre trasparenza. Ho profondo rispetto per la commissione ma anche questa deve rispettare questa istituzione. Vogliamo sapere cosa viene contestato e a chi, perché non è accettabile il fango gettato sulla istituzione, senza i nomi”.

Sul metodo scelto da Musumeci intervengono anche il consigliere Zappalà, che ritiene che, una volta pubblicata la notizia vadano fatti nomi e cognomi; Sebi Anastasi, che chiede che “la pagina venga aperta e chiusa nel più breve tempo possibile. Serve uno scatto di orgoglio del Consiglio – incalza – e che gli organi inquirenti facciano chiarezza, non lasciando dubbi. Questa assemblea merita rispetto e anche questo Consiglio, che non è certo il migliore degli ultimi quarant’anni, ma neanche il peggiore”.

E il capogruppo del Pd, Giovanni D’Avola. “Ho grande rispetto per Musumeci, come persona e come politico – afferma il rappresentante dei democratici, e ritengo che, se ha fatto queste osservazioni, non le abbia fatte solo in funzione di una visibilità personale, ma con un senso. Vada allora in fondo – sottolinea – e dica apertamente chi sono le persone a cui si riferisce. Se non lo fa, sarebbe una delusione personale dal punto di vista politico, perché getterebbe ombre sul suo stesso operato”.

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Anche il consigliere Catalano critica il metodo e chiede che la storia “sia chiusa immediatamente”. “Bisogna liberare dai sospetti quest’aula – afferma – in un momento critico come questo, in cui le persone sono disaffezionate e distanti, quest’onta, questo marchio è un danno. Non dimentichiamo che grandi nomi si sono seduti in quest’aula, a partire dallo stesso Nello Musumeci, passando per il sindaco Bianco e altri importanti personaggi, che hanno fatto la storia di questa città. Rispetto il lavoro della commissione – conclude – ma il clima di sospetto non fa bene, quindi questa storia deve chiudersi”.

Infastidito dall’operato della commissione regionale antimafia, il consigliere Riccardo Pellegrino. “Inutile tirare ancora la corda – dice. Sono il primo a chiedere che l’onorevole Musumeci faccia i nomi, in modo che si sappia chi sono i consiglieri comunali ad aver infiltrazioni mafiose. Secondo me la mafia, oggi, è rappresentata da chi sta al potere – prosegue – una persona non può essere additata perché prende i voti nei quartieri popolari quando lui per primo, proprio Nello Musumeci, ha preso tante preferenze qui, e io l’ho sostenuto. Quartiere non significa mafia: io vengo da uno di questi, dove le istituzioni non sono mai state presenti. Credo che la magistratura lavorerà bene.

Di “piccola ombra” parla infine l’assessore alla Legalità, Saro D’Agata, quasi a ridimensionare quello che, in questo momento, è il pensiero fisso dei consiglieri, di due in particolare, e non solo loro. “La presa di posizione mia e dell’amministrazione è che vi sia chiarezza e rapidità – interviene. Non si può accettare che una vicenda che risale a un anno fa, sia ancora piena di ombre. Non è possibile che tutte le istituzioni catanesi debbano essere intaccate”.

Ma la palla, ora, è passata alla Procura. “Sarà la Procura ad accertare eventuali responsabilità – spiega il deputato regionale Antonio Malafarina, membro della commissione antimafia. Noi abbiamo fatto il nostro dovere – prosegue – in modo sereno e compatto, ma gli eventuali risvolti penali dovranno essere accertati in sede giudiziaria”. 

 

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08 Gennaio 2016, 05:04

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