03 Febbraio 2017, 19:26
2 min di lettura
ASTI – Ucciso per un debito del suo datore di lavoro. Ventimila euro di frutta e verdura all’ingrosso, poi rivenduta al dettaglio ai mercati rionali, mai pagata a chi gliel’aveva fornita. Sarebbe un “rapporto credito-debito non onorato” il movente dell’omicidio di Francesco Indino, detto Franco, l’autotrasportatore di 52 anni ucciso ad Asti nel giugno di due anni fa. L’efferato delitto a colpi di crick nella centrale piazza del Palio ha portato oggi la polizia ad arrestare cinque persone. Gravi gli indizi di colpevolezza raccolti nei loro confronti, secondo il provvedimento emesso dal gip Alberto Giannone. In manette, con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà e dai motivi abbietti e futili, sono finiti Stefano Bagnasco, astigiano di 56 anni e datore di lavoro di Indino, i siciliani Massimo Blandini – presunto mandante del delitto – e Calogero Milioto, di 44 e 57 anni, e gli albanesi Alban Hila, 45 anni, e Afrim Jahja, 40 anni. Gli ultimi tre, all’epoca dipendenti di Blandini, sono ritenuti gli esecutori materiali del delitto, avvenuto il 25 giugno 2015. La vittima, quella mattina, stava caricando il camion prima di iniziare la sua giornata di lavoro. Era lui, secondo la ricostruzione degli investigatori, quello che mandava avanti l’attività di Bagnasco, un uomo “non affidabile nei pagamenti” secondo gli arrestati. Ed era con lui che speravano di avere un incontro risolutivo per il pagamento del debito. Qualcosa, però, deve essere andato storto, perché Milioti e i due albanesi hanno iniziato a colpire Indino col crick alla testa. Cinque i colpi mortali, secondo l’autopsia, sempre più forti fino a fratturargli il cranio e provocargli molti altri traumi, mentre cercava invano di difendersi. “E’ stato una dei fatti di sangue più cruenti accaduti ad Asti negli ultimi anni”, ha ricordato il procuratore di Asti, Alberto Perduca, che ha coordinato l’operazione ‘Cometa 2015’, dal nome di una delle ditte di ortofrutta coinvolte nell’inchiesta ritenuta “complicata” dagli stessi inquirenti. In un anno e mezzo, sono state oltre 150 le testimonianze acquisite. Centinaia le intercettazioni telefoniche e ambientali, decine di migliaia le ore di conversazioni registrate, i rilievi tecnici e i pedinamenti che hanno portato agli arresti. Una attività investigativa, concludono gli inquirenti, che ora prosegue per accertare del tutto le singole responsabilità.(ANSA).
Pubblicato il
03 Febbraio 2017, 19:26