23 Aprile 2021, 09:36
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PALERMO – Tracce di sangue e capelli di Roberta Siragusa nella macchina del fidanzato. Ecco le nuove prove isolate dai carabinieri del Ris che potrebbero pesare come un macigno sulla posizione processuale del fidanzato.
“Roberta è scesa dalla macchina, si è data fuoco e si è buttata, non l’ho uccisa“, così Pietro Monreale aveva dichiarato ai carabinieri la mattina in cui si è presentato in caserma, a Caccamo, per raccontare la sua verità sulla tragica sorte della fidanzata Roberta Siragusa. La ragazza aveva 17 anni.
La sua ricostruzione verrebbe ora smentita dalle analisi dei carabinieri del Ris di Messina sui reperti trovati e sequestrati nella zona del campo sportivo di Caccamo.
È qui che il corpo della povera Roberta è sfregiato dal fuoco nella notte fra il 23 e il 24 gennaio scorsi.
I pubblici ministeri della procura di Termini Imerese sono convinti che Pietro abbia mentito.
I carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche hanno trovato frammenti del reggiseno, del jeans, della una maglietta e del mazzo di chiavi di Roberta. Tutti reperti bruciati con della benzina. Benzina ritrovata anche sui pantaloni che Roberta Siragusa indossava al momento del ritrovamento del corpo in contrada Monte San Calogero.
I reperti nella combustione si sono mescolati al terriccio e alla vegetazione ritrovata nei pressi del campo sportivo.
Questo significa che mentre il corpo di Roberta Siragusa bruciava era riverso per terra.
“Tale evidenza supporta l’ipotesi che durante l’evento incendiario, il tessuto era a contatto con il terreno e ne inglobava fondendo – scrivo gli esperti – roccia e quant’altro presente in tal punto”.
Non ci sono invece tracce di combustione nel luogo dove è stato ritrovato il cadavere.
A causare il decesso, anche se gli attende la relazione finale dall’autopsia, sarebbe stata l’asfissia provocata dal fumo.
Resta irrisolto un interrogativo che toglie il sonno: Roberta è stata colpita e poi data alle fiamme oppure era vigile quando è stato appiccato l’incendio?
Che la ricostruzione del fidanzato diciottenne, arrestato e indagato con l’accusa di omicidio volontario, non regge emergerebbe da altri particolari rilevati dai carabinieri.
Sono state trovate tracce di formazioni pilifere (capelli) e altre particelle di materiale combusto sul sedile posteriore della Fiat Punto appartenenti a Roberta. Così come alla povera ragazza riconducono le macchie di sangue trovate sul freno a mano della macchina.
Altre tracce di sangue, nello sportello e sul volante, sono di Pietro Morreale.
Il lavoro del Ris, secondo l’accusa, confermerebbe la ricostruzione fatta dai carabinieri della compagnia di Termini Imerese: la ragazza sarebbe stata uccisa nei pressi del campo sportivo, poi caricata in auto e infine gettata nel dirupo di Monte San Calogero.
Pietro Morreale ha fatto tutto da solo o qualcuno lo ha aiutato a disfarsi del corpo? È stato lo stesso giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti del fidanzato a ritenere plausibile che ci siano delle complicità che potrebbero ancora emergere.
Nel lavandino di casa Monreale sono state trovate tracce di sangue appartenenti sia a Pietro che a Roberta Siragusa. Nulla si sa ancora sugli accertamenti e seguiti su un paio di scarpe del padre del ragazzo, sequestrato nei giorni successivi al delitto.
Lo scorso 9 aprile il medico legale di Messina Alessio Asmundo, incaricato dell’autopsia sul corpo di Roberta Siragusa, ha chiesto ulteriori 40 giorni per depositare i risultati degli accertamenti fatti. L’incidente probatorio è stata rinviato a maggio. Sono ancora tanti gli aspetti da chiarire sul delitto.I familiari d
I familiari di Roberta, assistiti dagli avvocati Sergio Burgio e Giuseppe Canzone, restano in silenzio. Chiedono verità e giustizia per un dolore che mai potrà essere dimenticato.
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23 Aprile 2021, 09:36