L’omicidio sul sagrato della chiesa| Scattano tre arresti a Gela

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05 Novembre 2019, 09:25

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PALERMO – Tre persone, ritenute vicine al clan mafioso degli Emmanuello sono state arrestate dai carabinieri di Gela (Cl) perchè accusate dell’omicidio di Domenico Sequino, ucciso con copi di pistola nel dicembre 2015 sul sagrato della chiesa madre di Gela. I militari stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip su richiesta della Dda nissena. Secondo le indagini, l’omicidio sarebbe maturato nell’ambito di contrasti di natura economica e per l’intromissione della vittima, legata alla famiglia mafiosa dei Rinzivillo, negli affari illeciti di un gruppo avversario. I dettagli dell’operazione verranno forniti nel corso di un incontro con la stampa che si terrà alle 9.30 nella Caserma “Guccione” di Caltanissetta.

I carabinieri a Gela, Palermo e Prato hanno notificato le ordinanze di custodia cautelare a Nicola Liardo, gelese, 45 anni, al figlio Giuseppe, gelese di 22 anni, (entrambi già in carcere) e Salvatore Raniolo, 29 anni, gelese, genero di Nicola e cognato di Giuseppe, (che era ai domiciliari) accusati di omicidio aggravato. La vittima, il tassista Domenico Sequino, era ritenuto collegato al clan mafioso dei Rinzivillo e arrestato nel 2006 per associazione mafiosa, nell’ambito dell’operazione denominata “Tagli pregiati”. Al delitto avrebbe partecipato una quarta persona non ancora identificata. I Liardo sarebbero i mandanti. Determinanti per l’inchiesta – dicono i carabinieri – sono stati gli esiti delle indagini – anche attraverso attività d’intercettazione – nei confronti del gruppo riconducibile a Liardo, che traffica in stupefacenti, nell’ambito dell’operazione denominata “Donne d’onore”. Secondo l’indagine Nicola Liardo, all’epoca dell’omicidio detenuto, era alla ricerca di denaro necessario a far fronte alle esigenze di vita della propria famiglia e ad avviare il traffico di droga che stava organizzando insieme al figlio Giuseppe, al genero, alla moglie e alla figlia, attraverso l’acquisto di stupefacente da fornitori catanesi. L’uomo voleva rientrare in possesso del denaro che qualche tempo prima avevano consegnato a Sequino affinché lo riciclasse con operazioni bancarie e iniziative imprenditoriali portate avanti in Lombardia da membri della famiglia mafiosa Rinzivillo. Inoltre le indagini hanno accertato che Sequino si era intromesso negli affari dei Liardo prendendo le difese, nel corso di una discussione con Giuseppe, di un imprenditore gelese, vittima di estorsione. Le indagini, dicono gli inquirenti, hanno accertato che il capofamiglia, mentre era detenuto, ha ideato l’omicidio col figlio Giuseppe, nel corso dei colloqui in carcere.

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05 Novembre 2019, 09:25

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