11 Maggio 2014, 06:10
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Perché Leoluca Orlando e Rosario Crocetta sono in guerra? Perché, ormai da un po’, uno lancia la bomba della provocazione e l’altro risponde col cannoneggiamento di rimando? Perché non perdono occasione per aggredirsi reciprocamente con le dita negli occhi? C’entrano le grandi questioni di principio, il modo in cui Crocetta guida la Regione, il modo in cui Orlando governa Palermo, il destino della Sicilia, il sol dell’avvenire, etc etc e tutto quanto di retorico e contundente possa tornare utile per attizzare la fornace di uno scontro al calor bianco? La risposta è no. Non sussistono motivi ideali né ideologici. Ci sono due ragioni che alimentano il dissidio, la prima è pratica, la seconda è psicologica.
La questione concreta sul tappeto è evidente e conduce alla poltrona di Palazzo d’Orleans. E’ da tempo che Leoluca Orlando ha fatto la bocca al prestigioso traguardo. Il sindaco ha un curriculum importante e una opinione altissima di sé. Ha già vinto Palazzo delle Aquile con l’abituale spregiudicatezza, con l’abilità dissimulatrice con cui copre di disinteresse l’obiettivo che gli sta a cuore. Orlando non dichiara, non annuncia, non lancia il guanto di sfida. Nicchia. Volge lo sguardo altrove. Piomba sulla preda quando tutti credono che non ci pensi più. Perché Palazzo d’Orleans – è la trama verosimile che regge il filo da tessitore di ‘Luca’ – dovrebbe essere una mela proibita, specialmente se adesso c’è Crocetta, in palese difficoltà politica e amministrativa?
Da qui una martellante campagna avverso l’attuale inquilino pro-tempore. Il mantra ossessivo non conosce soste: “Se fossi al posto di Crocetta chiederei il commissariamento della Regione. Perché non se ne esce, il sistema politico regionale è imploso e oggi questo ritardo nel comprenderlo fa come prima vittima lo stesso Crocetta che appare essere il carnefice e invece è una vittima come gli altri. Crocetta ha una responsabilità che sta a monte, cioè aver determinato il clima che ha reso facile l’implosione”. Uno schiaffo in faccia, nei giorni della commemorazione di Pio La Torre e non è un caso. Il sindaco sa giocare molto bene con i simboli, sa che le accuse raddoppiano il loro peso, se associate anche senza dare troppo nell’occhio, a un volto nobile, a un monumento del senso di giustizia condiviso.
Rosario Crocetta è forse meno sottile, ma ha fiutato subito il pericolo, affrettandosi a proclamare la sua impetuosa contro-fatwa: “Orlando ha distrutto Palermo, l’ha messa in ginocchio. I problemi che adesso paghiamo rispetto, ad esempio, alle vicende degli ex Pip non li abbiamo creati noi. Gli consiglierei di essere un po’ più umile e di lavorare di più”. Si nota in controluce il riverbero della differenza di stile, la diversità citata nel titolo, fra i due personaggi. Luca azzanna da uno slargo laterale. Non mette mai in mezzo frasi o comportamenti che richiamino dissapori personali. Riesce ad ammantare le sue stilettate con la noncuranza di chi si preoccupi piuttosto della condizione generale e non sia perciò desideroso di rinforzare la lite da osteria che egli stesso ha provocato. Saro è “un animale politico” più diretto. Nell’osteria mette mano a sgabelli e tavoli, se necessario. E in ogni sua mossa di replica non sa celare la rabbia intima e schiumante di chi si sente colpito.
Palazzo d’Orleans è il panorama visibile di un dissidio di due condottieri che sono indubbiamente diversi. Ma sono pure gemelli. Lo sanno benissimo e la consapevolezza rende più feroce la battaglia. Entrambi condividono l’antimafia come segno primario nel sistema zodiacale di riferimento. Leoluca Orlando è diventato sindaco di Palermo, incarnando la speranza della liberazione da Cosa nostra. Rosario Crocetta si è misurato con lo stesso problema e la medesima ambizione nella sua Gela. Entrambi hanno cavalcato la tigre antimafiosa e continuano a farlo. Entrambi hanno bisogno di un diavolo e di una rivoluzione, per distogliere la mente dei governati dai problemucci che li affliggono e che nulla rappresentano rispetto all’ideale da raggiungere. Così, mentre Orlando invita tutti a glissare sulle cose quotidiane, sognando una Favorita riscattata, una città libera dai posteggiatori e dal malaffare, senza nulla dire del traffico e del degrado, Crocetta si dichiara acerrimo avversario della ‘manciugghia’, si accredita come l’arcangelo sterminatore venuto a vendicare la Sicilia dopo anni di corruzione (non ha mai detto di volersi occupare dei ‘peccatori’, però in chiave mistica siamo lì), senza riferire nulla di decisivo sul dramma dei conti e sulle condizioni di un’Isola allo stremo.
Entrambi, infine – Luca e Saro – sono inguaribili primedonne. Non sopportano che qualcuno faccia ombra. Ecco perché si odiano per la pelle. Il sindaco pensa che il presidente sia un’ombra molesta e viceversa. Non possono stare sullo stesso palcoscenico se non per combattersi come paladini e saraceni nell’opera dei pupi. Il mondo non basta. Le armature cozzano con terribile furia di scintille. E chi se ne frega, appunto, del resto del mondo?
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11 Maggio 2014, 06:10