05 Novembre 2016, 05:31
2 min di lettura
CATANIA – Il dramma va rispettato. Una vita spezzata non ha bisogno di spettacolarizzazioni, di alcun tipo. Quanto accaduto, o poteva accadere, a San Leone, però, merita un’analisi. Un intero quartiere giovedì si è fermato perché si doveva celebrare il funerale di un sedicenne. Tutte (o quasi) le attività commerciali avrebbero abbassato le saracinesche per un gesto di cordoglio, purtroppo – come abbiamo documentato – alcuni esercenti non hanno avuto scelta. “Non possiamo rischiare” – ha commentato la figlia di un commerciante. Una frase che fa comprendere l’incapacità di reagire per paura o per timore, non per forza per riverenza al malvivente di turno. A morire in un incidente stradale è stato il figlio di Carmelo Ruscica (detto Bananedda), fratello di Giuseppe (detto Banana), arrestati insieme nell’operazione Indipendenza nel 2013 per lo spaccio di droga organizzato dai Cursoti Milanesi. Carmelo Ruscica è stato coinvolto anche nell’inchiesta Revenge 5, con l’accusa di detenzione finalizzata allo spaccio.
Si chiama omertà, chiamiamo le cose con il proprio nome. Nessuno ha denunciato. Nessuno ha raccontato alle forze dell’ordine che erano stati “invitati” a chiudere per un’intera giornata. Qualcuno dirà che questa è la prova che non ci sarebbe stata alcuna pressione, nessun “invito” alla chiusura. Ma allora le segnalazioni, anonime purtroppo, arrivate alla Polizia che, ancor prima delle notizie apparse sulla stampa, stava indagando sul caso? Nascondersi dietro l’anonimato non aiuta a uscire da un sistema dove il metodo (in stile mafioso) prevale e vince. Il funerale (grazie all’intervento del Questore) è stato rimandato in forma privata, ma la condizione culturale resta. Resta l’alibi di un quartiere che crede “normale” organizzare un corteo con i motorini e i fuochi d’artificio per dare l’estremo saluto ad un amico tragicamente scomparso. Addirittura diventa cattivo chi si rivolge allo Stato affinchè certe “esibizioni” siano bloccate sul nascere. Non è normale, assolutamente.
Eugenio prende il nomignolo del padre bananedda, che diventa anche un hashtag e una scritta sulle magliette. Se il funerale si fosse celebrato davvero con gli schiamazzi degli scooter e i giochi pirotecnici sarebbe stato collegato, visti i precedenti penali dei familiari, alla sfilata organizzata per lo spacciatore Alessandro Ponzo, ucciso nel 2012. Gli scatti dei funerali del “piccolo re” sono finiti nell’informativa di un’indagine della Dda.
Eugenio Ruscica non è solo il figlio di una persona che ha avuto guai con la giustizia, è soprattutto un sedicenne che è stato strappato alla vita troppo presto. Un giovane che poteva diventare un grande uomo, un buon padre e un esempio per la sua città e il suo quartiere. La denuncia ha uno scopo più alto di quello di far scattare le manette. Affidarsi allo Stato è utile a seminare legalità e la legalità permette di dare una possibilità ai giovani che meritano di avere una scelta e non possono considerare “normali” certi comportamenti. Denunciare consentirebbe di cambiare un sistema dove vige la prevaricazione, l’illegalità e il malaffare. L’omertà è essere complici di quel sistema.
Pubblicato il
05 Novembre 2016, 05:31