07 Marzo 2014, 14:01
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PALERMO – Sulla bara di legno chiaro è poggiato l’inseparabile berretto variopinto. Che nel momento del lutto e dell’addio basta a strapparti un sorriso, perché ti fa quasi rivedere Sandro Musco, risentire la sua voce, “il suo modo di parlare che era ciò che lo distingueva”, dirà il celebrante nell’omelia. La grande basilica di San Francesco, che era diventata la seconda casa del professore medievalista col gusto della politica, è colma per l’ultimo saluto. Teste canute e capelli lunghi di giovani e giovanissimi si alternano tra i banchi. E c’è tanta politica, di ieri e di oggi, venuta a rendere omaggio a quell’intelligenza raffinata che accompagnò, da protagonista, una stagione importante della politica siciliana, gli anni dei governi di Rino Nicolosi, di cui Musco fu quasi un alter ego, in quel “governo parallelo” dei professori che fu sprone per l’attività amministrativa di quelle giunte.
Ed eccoli, alcuni dei protagonisti di quegli anni. Tanta Democrazia cristiana, ovviamente, soprattutto molti pezzi di quella potentissima sinistra Dc, che tentò di portare idee e visione nella gestione del potere. Lillo Mannino arriva alla preghiera dei fedeli, resta in piedi in fondo alla chiesa. “Con Sandro Musco e Rino Nicolosi abbiamo vissuto a stretto gomito negli anni dal 1985 al 1991 – dice al cronista -. Fu una fase importante della storia della Regione, in cui l’apporto di idee e di intelligenza di Sandro Musco è stato singolare e decisivo”.
Leoluca Orlando, altro nome di punta di quella sinistra democristiana, entra in chiesa mentre si legge il vangelo di Giovanni: “Colui che viene a me, non lo respingerò”, dice Gesù promettendo la resurrezione nell’ultimo giorno. Il sindaco resta in disparte, riceve l’eucarestia, resta fino all’ultimo ed esce solo dopo il feretro, tributando a Musco un ultimo saluto fuori dalla chiesa. “Sì, abbiamo fatto della strada insieme e abbiamo avuto anche dei contrasti. Non era solo colto, aveva una grande profondità umana. E non gli ho mai sentito dire un luogo comune”, ricorda Orlando con un sorriso.
Sì, perché tra le lacrime e lo sgomento per una morte improvvisa, che ha strappato agli affetti il fondatore dell’Officina di studi medievali a soli 63 anni, ci sono anche tanti sorrisi. E non potrebbe essere diversamente, basta ascoltare la preghiera dei fedeli, letta da un nipote che ricorda “il gusto dello scherzo e la gigioneria dello zio Sandro”.
Il celebrante, francescano, lo definisce “uno di noi”, ricordando il suo amore per il Poverello d’Assisi. Cristiano e democristiano, per una vita. E tanti Dc di ieri e di oggi si notano in chiesa. Ci sono i segretari di Nicolosi, i già citati Mannino e Orlando, un po’ tutto il Pid, Toto Cordaro, un barbuto Rudy Maira, Roberto Clemente. E ancora Marianna Caronia e Nicola Vernuccio. Ma non c’è solo la Dc. Ci sono i socialisti dell’epoca, Nino Buttitta arriva presto, prima dell’inizio della celebrazione, e prende posto tra i primi banchi. Turi Lombardo, assessore di Nicolosi, si commuove. “Vedi quanta gente gli voleva bene?”, e ricorda quello storico incontro in tenda con Gheddafi, insieme a Nicolosi e all’inseparabile Musco. E per completare l’arco costituzionale, ecco Guido Lo Porto, storico leader dei missini (a quel tempo così si chiamavano) palermitani. L’ex presidente dell’Ars resta in piedi per tutta la cerimonia.
E poi c’è il mondo accademico. A partire dal rettore Roberto Lagalla, e tanti docenti e colleghi, come Adelfio Elio Cardinale e Andrea Piraino. Ma accanto a loro, mischiati a loro, ci sono gli studenti, di ieri e di oggi. Generazioni formate dal docente Sandro Musco, dal suo eloquio che rapiva. “Era un vero e proprio vulcano in attività”, dice il sacerdote nell’omelia.
Alla fine della cerimonia sono i figli a ricordarlo. Parla Ilaria, Stefania e Alberto le stanno accanto. “Siamo tanti e papà ne sarebbe felice. A pranzo, se eravamo meno di venti, per lui eravamo pochi”. Un altro sorriso, ricordando quello sornione del prof, tanto irruento nella vita pubblica, quanto “di una timidezza e tenerezza rara” nel privato, racconta la figlia, ricordando un padre affettuoso, “quasi mai triste” e i “viaggi in macchina per vedere noiosissimi castelli medievali”. L’ultimo sorriso con gli occhi lucidi per l’aneddoto più bello raccontato da Ilaria: “Quando ci lamentavamo di qualche problema, della nostra vita, lui diceva: la mia vita è stata straordinaria. Era molto felice di quello che aveva fatto”.
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07 Marzo 2014, 14:01