26 Marzo 2014, 14:13
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PALERMO – Dice di non avere ancora sciolto la riserva. Di essere pronto a un dialogo con il partito. Ma attenzione: quella di Beppe Lumia sulla candidatura alle Europee non è una marcia indietro. “Io sono a disposizione del mio partito – dice a LiveSicilia – ma non ho ancora detto sì. Si è scatenata una sorta di guerra preventiva, ma io non ho mai accettato un’eventuale candidatura”. Sullo sfondo, però, c’è anche la partita del rimpasto. Una partita che per Lumia i partiti non devono giocare. O almeno: non devono giocare da protagonisti.
Partiamo dalle Europee, però. Raciti si è espresso duramente contro quella che è stata letta come una fuga in avanti.
“Non penso, o almeno non mi è ancora stato detto. Mettiamola così: io mi batto con tutte le mie forze, mettendo in gioco la mia vita per alcuni ideali. Le mie idee, però, le faccio valere in modo democratico. La base, le associazioni imprenditoriali, i sindacati mi hanno chiesto di candidarmi. Vi sfido a trovare la dichiarazione con la quale ho accettato”.
Beh, al convegno dei Drs…
“Chi mi conosce sa che faccio decine di iniziative ogni settimana. In quel convegno, come in molte occasioni, mi è stato chiesto di dare una mano, ma io non ho dato un assenso finale. Le candidature devono essere ponderate dalla persona e poi discusse dalla società e dal partito. Invece si è scatenata una sorta di guerra preventiva su una disponibilità che è solo eventuale. Mi auguro che sia una tempesta in un bicchier d’acqua e che si scelga la migliore soluzione. Soprattutto mi auguro che non si utilizzino artifici”.
Artifici? Si parla di una regola chiara: dopo tre mandati vietato ricandidarsi.
“È una regola che conosco bene, perché ho contribuito a scriverla. Vale per il Parlamento nazionale, non per le Europee. Se fosse così, sarebbero poche le candidature ammissibili. E poi, mi scusi: tutti sanno che in Europa serve qualcuno con un’autorevolezza e una storia tale da potere sbattere i pugni sul tavolo”.
Ci sono altri casi come il suo? Cioè, fuori dai denti, si riferisce a qualcuno in particolare?
“Al 90% dei nomi in campo”.
Me ne faccia uno.
“I nomi li avete fatti voi. Basta fare una verifica. A me non interessa polemizzare, mi interessa trovare una strada condivisa, anche con un confronto aspro”.
Beh, intanto si registra questa esplicita resistenza di Raciti. Il confronto nasce morto?
“Esplicita no, semmai implicita. Ma penso che con il confronto si possa chiarire tutto. Bisogna scegliere i profili migliori per proporli al partito nazionale, che ha l’ultima parola. Ci vuole una discussione onesta intellettualmente e libera da pregiudizi, e soprattutto bisogna evitare il correntismo esasperato. Il mio modo di fare politica è alternativo al crisafullismo, e non bisogna penalizzare chi vuole il cambiamento, ad esempio rispetto a chi è il problema del Pd in Sicilia”.
A proposito di cambiamento: Raciti domenica ha chiesto un cambio di passo al governo.
“Crocetta ha espresso chiaramente il suo pensiero. Ha avuto molto coraggio a tenere la barra dritta verso il cambiamento. Il Pd si adagia sulla società, non propone un grande progetto di cambiamento, non si pone come un grande partito di rottura. Il partito deve proporre grandi riforme istituzionali, deve prendere in mano la bandiera del cambiamento e della lotta alla corruzione, e invece si adagia su una visione minimalista, come se fossimo un partito che vuole sostituirsi ai vecchi gruppi dirigenti, come se ci fosse ancora una spesa pubblica da gestire. Dobbiamo fare del rapporto fra legalità e sviluppo un progetto. E dobbiamo viverlo accanto a Crocetta”.
Senza cambiare niente? Neanche un rimpasto?
“Non è il momento per tornare a una politica gestita dai partiti. Il sistema non è pronto per tornare all’idea ‘gli assessori sono miei’. I partiti devono rigenerarsi, approfittando del duo Renzi-Crocetta. Basta con le discussioni trite e ritrite in stile vecchia politica. Raciti e il Pd tutto aprano un dialogo, non uno scontro. Un dialogo per il cambiamento. Anche perché abbiamo fatto riforme eccezionali. L’ha visto cosa è successo a Roma?”.
Si riferisce alla riforma delle Province?
“Oggi il governo Renzi ha posto la fiducia. Ieri siamo andati sotto due volte. In Sicilia abbiamo fatto quella riforma, e non solo: abbiamo reso incompatibile il ruolo di parlamentare o dirigente con gli incarichi nella Formazione, abbiamo introdotto la doppia preferenza di genere e molto altro. A Roma si soffre, in Sicilia abbiamo avuto qualche divisione ma ce l’abbiamo fatta. Viste da Roma, viste dall’Europa, ma anche soltanto viste dal territorio queste riforme si apprezzano di più”.
Lei dice che sulla strada da percorrere bisogna coniugare legalità e sviluppo. Raciti, domenica, ha detto invece che l’antimafia e la lotta agli sprechi non possono essere un alibi.
“Non sono d’accordo, e Crocetta l’ha detto bene. La lotta alla mafia è la priorità. Ma scherziamo? L’antimafia, la battaglia per la legalità, la questione morale dovrebbero essere un limite?”.
A proposito di questione morale: la settimana scorsa l’ex segretario Francantonio Genovese è stato raggiunto da una richiesta di arresto che oggi la Camera valuterà. C’è imbarazzo nel Pd?
“Io mi auguro che nel Pd non ci sia imbarazzo, ma dolore. Non bisogna prendere questa storia in termini minimali, burocratici. Non bisogna relegarla al caso singolo. La questione morale è una questione politica. Un partito moderno prende il toro per le corna e fa in modo che queste cose non possano ripetersi”.
Se toccasse a lei decidere, in che modo prenderebbe il toro per le corna?
“Bisogna fare in modo che la formazione torni a essere funzionale alle imprese, bisogna liberarla dalle mire affaristiche. Insomma, bisogna sostenere Nelli Scilabra”.
Genovese si è autosospeso. Pensa che il Pd debba prendere provvedimenti espliciti?
“Normalmente avviene. In tutti gli organismi sani funziona così. È un’ipotesi che gli organi preposti valuteranno sicuramente”.
Genovese non è l’unico dirigente del Pd indagato.
“Ci sono regole chiare. Abbiamo un codice etico. Sarà applicato”.
A proposito: Raffaele Lombardo è stato appena condannato per concorso esterno. Voi avete sostenuto il suo governo.
“Abbiamo applicato una regola chiara, togliendogli il sostegno un anno prima della scadenza del mandato. Abbiamo chiesto l’applicazione anticipata del codice etico, andando al voto subito dopo la richiesta di giudizio abbreviato. Siamo stati molto severi”.
Beh, però finché era sotto inchiesta l’avete sostenuto.
“Ma quando i documenti sono stati resi noti abbiamo costruito un altro percorso. I siciliani l’hanno compreso e l’hanno premiato facendoci vincere le Regionali. Se ci fosse stata accondiscendenza non avremmo vinto”.
E non avreste dato vita a questo governo. Del quale lei elenca i risultati, ma che ha subìto anche alcune battute d’arresto, ad esempio con l’impugnativa della Finanziaria. C’è chi ipotizza il commissariamento.
“La Regione era in condizioni fallimentari quando è arrivato Crocetta”.
Crocetta è arrivato dopo un governo sostenuto da voi.
“La situazione si è creata in trent’anni di devastazione. Noi abbiamo dato il sostegno esterno a un governo per qualche mese. Non è necessario che le dica chi ha creato il disastro. Posso dirle che quando Crocetta ha avviato la spending review si è scatenato il finimondo. Pensi ai precari: non abbiamo fatto macelleria sociale, ma chi ha redditi alti o è vicino alla mafia è stato escluso”.
Nonostante tutto, ripeto, si parla di commissariamento. Se ne parla oggi, non trent’anni fa.
“E io ribadisco: il problema del default non è di oggi. La novità di oggi è che il bilancio è stato fatto in modo trasparente e senza l’esercizio provvisorio. Un atteggiamento di questo tipo va sostenuto”.
I vostri sostenitori, intanto, sembrano defilarsi. Da qualche giorno da Confindustria arrivano solo tirate d’orecchie.
“Il rapporto con Confindustria è sempre stato libero, e da sempre è basato sul rapporto fra legalità e sviluppo. Non abbiamo difficoltà a dialogare, a discutere anche duramente. Sappiamo che c’è un feeling e che chi pensa di creare conflitti e fratture si ritroverà con un pugno di mosche in mano”.
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