15 Dicembre 2014, 12:11
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Caro Giuseppe,
le tue parole mi suggeriscono che non ti è stato possibile partecipare alla conferenza sulla didattica del 9 Dicembre, e di questo sono molto dispiaciuta. Avresti avuto modo di percepire che si è trattato di un incontro in cui la comunità – rappresentata da molti docenti e da un minor numero di studenti, forse impegnati in altre attività, pure importanti come le elezioni dei loro rappresentanti nelle Commissioni Paritetiche – ha condiviso la necessità di porre maggiore attenzione alla didattica, la necessità di innovare la trasmissione del sapere, la necessità di darsi una serie di obiettivi volti a rilanciare l’immagine dell’Ateneo sul territorio.
Non ci sono stati proclami né slogan, piuttosto mi è sembrato un esame di coscienza, con la richiesta forte da parte del Rettore di ripensare, riprogettandoli se necessario, i percorsi formativi, tenendo conto della possibilità effettiva da parte degli studenti di completare gli studi nei tempi previsti. Sono stati richiamati i doveri dei docenti, nei confronti dei loro studenti. Sono state indicate alcune proposte concrete su come migliorare i servizi per gli studenti e i tempi per realizzarle, al fine di migliorare i diversi indicatori utilizzati per la valutazione delle attività universitarie. E’ stata sottolineata la necessità di condividere le riflessioni critiche, fra docenti e con gli studenti.
Sono intervenuti alcuni studenti rappresentanti, i quali hanno posto una serie di richieste e riportato criticamente il confronto avuto con colleghi e amici che hanno scelto di andare a studiare in alti Atenei, in altre Regioni.
Il fenomeno della riduzione delle iscrizioni è preoccupante, non riguarda soltanto Catania, ma l’intero Paese (come è stato messo in evidenza da diverse fonti), sebbene non in modo uniforme i diversi territori. Non ti sarà, infatti, sfuggito l’articolo pubblicato l’8 Dicembre da “Il Mattino” che commentava il rapporto sulle Economie Regionali elaborato dalla Banca d’Italia, i cui risultati sono particolarmente allarmanti per le regioni meridionali e in particolare per la Sicilia. Il numero di studenti che affronta il percorso universitario è diminuito in Sicilia del 17% (contro il 15% del meridione e l’l% del centronord); a questo si deve aggiungere la diminuzione del 9% degli iscritti in Università dell’Isola.
Tutti i presenti hanno concordato sulla responsabilità che l’Università ha nei confronti dei propri studenti, delle loro famiglie, del territorio. Mi sembra troppo semplice e forse un po’ superficiale correlare il calo delle iscrizioni esclusivamente all’introduzione del numero programmato.
Da più parti e da tempo, non solo dagli studenti, è stata chiesta una riflessione sull’opportunità di mantenere la selezione all’ingresso per tutti i corsi di studio dell’Ateneo, ma esistono dei vincoli normativi (D.M. n.47/2013) che impongono precisi rapporti, differenti nelle varie classi di laurea, fra il numero di studenti e il numero di docenti, al fine di ottenere l’accreditamento, obbligatorio, degli stessi corsi. Questi rapporti numerici fra studenti e docenti sono resi ancora più critici, ai fini della sostenibilità dell’offerta formativa, dalla quantità di docenti che ogni anno sono messi a riposo (spesso con alcuni anni di anticipo rispetto a quanto succedeva in passato) senza che sia garantito il ricambio, con l’immissione di nuovi docenti al posto di quelli che hanno completato il loro servizio, a causa dei durissimi tagli del finanziamento delle Università (il 15% circa in cinque anni).
Una parte dei corsi di studio dell’Università di Catania necessita indiscutibilmente del numero programmato, oltre che per i vincoli normativi di cui sopra, anche per garantire aule e servizi adeguati agli studenti iscritti.
Per gli stessi motivi sempre più Atenei in Italia stanno adottando diffusamente il numero programmato; restano spesso ad accesso libero piccoli Atenei, in posizioni geografiche non facili da raggiungere, che hanno necessità di incrementare il numero degli iscritti.
Non credo che ciò che è successo e che sta succedendo nelle Facoltà di Medicina, a Catania come nel resto del Paese, possa considerarsi una vittoria: per il diritto allo studio, per il rispetto del merito, per le reali opportunità di tutti gli studenti.
Ciò non significa che il sistema utilizzato fino ad oggi non sia da ripensare, ma consentire l’accesso indiscriminato, senza programmazione, senza requisiti, senza aule, senza docenti, senza possibilità di vera formazione, non credo che sia un obiettivo ragionevole. Il nodo vero rimane, dunque, quello di un finanziamento adeguato dell’istruzione universitaria, coerente con una tutela efficace del diritto allo studio dei nostri giovani.
Bianca Maria Lombardo
Delegata del Rettore alla Didattica dei Corsi di Laurea
Pubblicato il
15 Dicembre 2014, 12:11